I paesi coinvolti hanno diritto di richiedere compensazioni se il Giappone insiste nello smaltire in mare aperto le acque contaminate

Secondo quanto appreso il 24 agosto dai media giapponesi, il governo giapponese e la Tokyo Electric Power Company hanno deciso di “utilizzare tunnel sottomarini per smaltire le acque contaminate della centrale nucleare di Fukushima nelle acque costiere”, perché così facendo le acque contaminate potranno disperdersi più facilmente nelle acque marine.

Se la notizia sarà confermata, ciò non sarà altro che un pericoloso passo che minaccerà la sicurezza ambientale e la salute degli abitanti dell’intero pianeta, compiuto unilateralmente dal governo giapponese nonostante le forti opposizioni in patria e all’estero. I paesi limitrofi dell'area dell'Asia-pacifico e tutti i paesi costieri del mondo hanno diritto di adottare azioni per richiedere compensazioni alla parte giapponese.

Secondo le analisi realizzate da un istituto tedesco specializzato in ricerche scientifiche marine, dato che al largo della costa di Fukushima esistono le correnti oceaniche più forti del mondo, una volta riversate in mare le acque radioattive arriverebbero in oltre metà del Pacifico entro 57 giorni e si diffonderebbero in tutto il mondo entro 10 anni. Un esperto dell’organizzazione Greenpeace ha rilevato che il carbonio-14 contenuto nelle acque radioattive rimarrà pericoloso per migliaia di anni e potrebbe provocare danni genetici.

L’atteggiamento e le azioni portate finora avanti dalla parte giapponese nel trattare le acque contaminate hanno dimostrato che il Giappone non è affatto un paese responsabile, ma un paese egoista che ha a cuore solo i propri interessi. Se i politicanti giapponesi che sfidano i principi giuridici internazionali, nonché la moralità, la giustizia e la coscienza persistono arbitrariamente in questi comportamenti, verranno disprezzati dalla storia e puniti dalla giustizia.