【In altre parole】La battaglia contro il Covid-19 è più importante della lotta politica di alcuni paesi
Siamo ancora nel pieno della battaglia: la pandemia da Covid-19 non accenna ad essere vinta e rende necessaria una strategia globale di contenimento della sua diffusione. Nessuno, in alcuna parte del mondo, potrà sentirsi al sicuro fino a quando non verranno debellati i focolai in ogni angolo del pianeta. Per questa ragione, giustapporre la necessità di una maggiore collaborazione e solidarietà internazionale ad una contesa geopolitica è un errore capitale. E questo è quanto sta avvenendo attorno alla vicenda del tracciamento dell’origine del Covid-19, trasformata da lotta dell’umanità contro la diffusione del Covid-19 in una contesa globale contro al Cina.
Facciamo un passo in dietro. Nelle settimane cruciali della diffusione del virus a Wuhan i principali mezzi di informazione occidentale hanno provato a descrivere questo fenomeno come connaturato alla Cina (ed all’Asia in generale), quasi che l’Occidente potesse esservi immune. In quella fase si è registrata una quasi totale assenza di empatia e solidarietà umana, diffondendo luoghi comuni offensivi e stereotipi razzisti ed alimentando lo stigma dell’untore per un intero popolo, descritto ancora una volta come "il vero malato d'Asia" (l’ignobile definizione è del Wall Street Journal): esattamente la stessa espressione usata in modo dispregiativo tra XIX e XX secolo per riferirsi alla Cina, divisa e soggiogata dalle potenze coloniali. Quando invece si è cominciata a tracciare la diffusione del virus fuori dalla Cina, l’attenzione si è spostata sulle presunte responsabilità cinesi e del Partito Comunista nella diffusione dell’infezione. È in questa fase, mentre il mondo assisteva sgomento alle immagini delle fosse comuni per i morti da Covid-19 a New York, che il presidente Trump ha iniziato ad esporre i cardini della teoria secondo cui il virus aveva avuto origine dall’Istituto di virologia di Wuhan. Tale tesi è stata pubblicamente smentita prima da Anthony Fauci (“le prove scientifiche vanno fortemente nella direzione che il virus non avrebbe potuto essere manipolato artificialmente o deliberatamente”, "questo virus si è evoluto in natura e poi ha saltato specie") e poi dal Director of National Intelligence, il più alto organo di raccordo degli 007 USA, secondo cui il coronavirus non è stato “creato dall’uomo o geneticamente modificato”. A febbraio di questo anno un team di ispettori dell’OMS ha visitato la Cina per approfondire gli studi sull’origine del virus ed ha anche visitato il laboratorio di Wuhan, giungendo alla conclusione che fosse «estremamente improbabile» che il Sars-CoV-2 fosse stato isolato e poi sfuggito per un incidente dall’Istituto di virologia. Tuttavia gli Stati Uniti non hanno accettato i risultati dell’indagine dell’OMS a Wuhan ed hanno fatto pressioni per l’apertura di una seconda indagine, sempre interna alla Cina, partendo in maniera preconcetta da una “presunzione di colpa”.
Tutto questo si scontra invece con una indisponibilità americana ad accettare un’indagine indipendente sul proprio territorio, soprattutto per quanto riguarda Fort Detrick, dove ha sede l’Istituto di ricerca medica sulle malattie infettive dell’esercito degli Stati Uniti, dal quale negli anni Novanta si sono registrate fuoriuscite di batteri e varianti di virus mortali. Questo Istituto è tornato all’attenzione della comunità internazionale dopo che è stato temporaneamente chiuso nel luglio 2019 dal Centro statunitense per il controllo e la prevenzione delle malattie. In quel periodo sono comparsi prima focolai di polmonite sospetta nei pressi dei laboratori e poi si è registrato un incremento inspiegabile di pazienti con lesioni polmonari associate all’uso di sigarette elettroniche.
Ci sono poi alcuni studi condotti su campioni di sangue prelevati nell’autunno del 2019 che rilevano la presenza di anticorpi al SarsCov2 in Europa mesi prima dello scoppio del focolaio di Wuhan. A riprova del fatto che la tracciabilità sull’origine di questo virus di eziologia tuttora sconosciuta è molto importante per fini scientifici ma allo stesso tempo molto difficile e che necessita di tempo e cooperazione internazionale. Precondizioni oggi negate alla comunità scientifica mondiale, pressata da esigenze geopolitiche e ragioni di battaglia politica, invece che coadiuvata da una governance globale di contrasto alla pandemia.
Il Covid-19 si è abbattuto come un flagello sul mondo, lasciando sul tappeto un numero impressionante di deceduti ed arrecando un danno enorme all’economia globale. Un mondo libero dal Covid è un obiettivo raggiungibile solo se si attuerà una politica di cooperazione sia in ambito sanitario che politico ed economico, altrimenti la divisione e la contrapposizione di paesi e popoli per ragioni di natura geopolitica non farà che accrescere le diseguaglianze e le problematicità in ambito sanitario. Per questa ragione bisogna opporsi con forza alla politicizzazione della lotta al virus, all’uso delle inchieste sulla sua origine per ragioni geopolitiche e spingere affinché i governi del mondo possano cooperare per mettere in sicurezza la salute pubblica e dare un contributo positivo alla ricerca scientifica.
In questa battaglia, l’Occidente deve cambiare due pietre angolari di un pensiero dominante che lo sta condizionando negativamente. Innanzi tutto deve abbandonare la politicizzazione della lotta al virus: la contesa per la salvaguardia della vita umana e della salute pubblica è prioritaria a qualunque disputa per l’egemonia politica. E poi deve concentrarsi ad aiutare i paesi emergenti ed i paesi poveri nella lotta alla pandemia, rendendo loro accessibili le cure e l’immunizzazione attraverso i vaccini: senza mettere in sicurezza anche queste popolazioni, non si potrà mai spezzare la catena dei contagi che si propaga per tutto il mondo.
Per salvare il genere umano è necessario un cambio negli indirizzi strategici della politica mondiale. Solo così si aiuterà la comunità scientifica ad indagare sull’origine del virus ed individuare gli strumenti che ci permetteranno di vincere questa battaglia il prima possibile.
L’autore è Francesco Maringiò, Presidente dell’Associazione italo-cinese per la promozione della Nuova Via della Seta.