【In altre parole】Il PCC: 100 anni di storia ed un futuro ancora tutto da scrivere

2021-07-02 16:42:33
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Cento anni. Un arco di tempo sufficiente per redigere bilanci ed osservare i cambiamenti del tempo, ma anche l’occasione per intrecciare la trama di una storia avvincente, intessendo il passato con il futuro e disegnando l’ordito del presente. È con questo spirito che la Cina ha vissuto le celebrazioni del Centenario del Partito Comunista Cinese con la solenne cerimonia di Piazza Tian’anmen, dal cui rostro Xi Jinping, segretario generale del Partito, ha pronunciato l’importante discorso nel quale il passato ed il futuro sono tenuti assieme, rendendo evidente come la Cina sia proiettata in avanti e come intenda proseguire il suo percorso di emancipazione.

Visitando il museo del primo congresso nazionale del Partito a Shanghai, ci si immerge innanzi tutto nel contesto storico nel quale hanno preso le mosse i primi marxisti cinesi, ancora prima della fondazione del partito. I grandi sacrifici del popolo e della nazione, occupata ed offesa dalla violenza delle potenze coloniali e dal lungo secolo delle umiliazioni, sono lì rappresentati come monito di un passato che non può essere cancellato e rappresentano le basi materiali di una imponente lotta di riscatto che ha permesso al popolo cinese di scrivere una pagina nuova nella storia nazionale, ponendo termine alla condizione semi-coloniale e semi-feudale della Cina.

È a questa storia ed al sacrificio di quei giovani rivoluzionari che Xi Jinping ha fatto riferimento ricordando il contesto nel quale la “vittoria della rivoluzione di nuova democrazia ha chiuso il capitolo della storia semi-coloniale della Cina e della società semi-feudale”, ponendo le basi per il ringiovanimento della nazione.

Un tratto essenziale del lungo discorso del Centenario consiste proprio nell’identificare nel Partito, nella sua fondazione, nel suo sviluppo e nella sua politica, lo strumento di cui si è dotato il popolo cinese in questa lotta di emancipazione e progresso. È il PCC che dà ai movimenti di protesta dei primi del ‘900 uno sbocco politico, armando con l’ideologia marxista e leninista una lotta che aveva al tempo stesso l’obiettivo di restituire l’indipendenza alla nazione e di erigere dalle fondamenta una nuova società. “La fondazione del partito comunista in Cina – sottolinea Xi – è stato un evento che ha fatto epoca, che ha profondamente cambiato il corso della storia Cinese dei tempi moderni, ha trasformato il futuro della popolazione cinese e della nazione ed ha mutato il contesto dello sviluppo mondiale”. Senza il Partito Comunista Cinese, recita una famosa canzone, non ci sarebbe la Nuova Cina! E non è un caso che le note di questo componimento siano risuonate a lungo nel corso delle iniziative per celebrare il centenario che sono state organizzate dalle strutture territoriali del PCC.

Ma il discorso del segretario comunista ha messo in evidenza l’indissolubile rapporto tra il partito ed il popolo. Questi, da un lato è protagonista del riscatto della nazione e, dall’altro, è il riferimento essenziale del Partito. È il popolo, unito al partito, che è diventato il protagonista assoluto e l’artefice che ha fatto grande la Cina. È il Partito, unito al popolo cinese, che è stato capace di scrivere la storia di questo lungo secolo, che sarà ricordato negli annali dello sviluppo della nazione cinese e della civilizzazione umana.

Ma le celebrazioni del centenario avvengono in un contesto internazionale delicato. Il recente vertice del G7 e della Nato hanno reso evidente ai popoli del mondo intero come i rischi di una nuova guerra fredda e di una militarizzazione delle relazioni internazionali siano reali e concreti. Invece di prendere atto che gli straordinari successi del PCC hanno non soltanto un effetto immediato sulla nazione cinese, ma un riflesso diretto sul mondo, alcune frazioni delle classi dirigenti occidentali preferiscono alimentare un clima di scontro ed un bullismo internazionale che rappresenta non già semplicemente una minaccia agli interessi cinesi, ma anche alla stragrande maggioranza della popolazione mondiale, i cui interessi vengono tutelati solo garantendo in un clima internazionale costruttivo e cooperativo. Come ha dimostrato la crisi pandemica del Covid-19, soltanto una autentica politica di cooperazione scientifica, tecnologica, sanitaria e politica a livello internazionale può permettere ai popoli del mondo intero di uscire da questa grave situazione. Pertanto, la prosecuzione di una politica di aggressività e di disinteresse della soluzione dei problemi che attanaglia la maggioranza della popolazione mondiale, in favore della difesa degli interessi di una piccola élite, rappresenta uno dei principali fattori di disequilibrio mondiale.

Da questo punto di vista osserviamo come, ancora una volta, dal discorso del gruppo dirigente del PCC giunge la proposta di implementare una visione di governance globale basata sulla comunità dal destino condiviso per l’umanità, che rappresenta una linea strategica alternativa alla politica bellicista portata avanti da alcuni influenti circoli occidentali.

Sia lo sviluppo domestico della Cina, con la sua proiezione al 2049 ed il raggiungimento del secondo obiettivo centenario, sia il contributo che la Cina è in grado di fornire al mondo, sono direttrici politiche che per essere realizzate necessitano del rafforzamento del Partito, dello sviluppo delle sue teorie e della sua unità ed integrità. E qui risiede un altro passaggio cruciale del lungo discorso del leader cinese che, per questa via, non ribadisce soltanto gli aspetti nevralgici del sistema di governance della nazionale, ma assegna una centralità strategica al Partito, cuore pulsante del paese e delle sue riforme.

La festa per il centenario diventa così l’occasione per legare le conquiste del passato con i compiti del presente, proiettando nel futuro i compiti ed i doveri del partito politico che, con gli oltre 95 milioni di membri è il partito marxista assieme al potere e più grande al mondo ed uno dei pilastri del sistema di partiti politici mondiali, indispensabile per costruire quella governance globale di cui, questo nostro mondo contemporaneo, avverte sempre più il bisogno.

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