Xi Jinping a Davos: le direttrici di un nuovo umanesimo
Se il discorso di Xi al Forum Economico di Davos del 2017 ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale per la difesa che la Cina faceva del processo di globalizzazione alla luce della propria esperienza politica, è con il discorso tenuto quest’anno che si coglie, con ancora maggiore determinazione, il contributo che il grande paese asiatico intende dare alla governance globale per portarla fuori dalle secche di una crisi drammatica che la pandemia sta rendendo emergenza globale.
Quello del presidente cinese è un discorso potente, che traccia le direttrici di un nuovo umanesimo, abbracciando ed accogliendo le diversità del mondo come ricchezze ed occasione di conoscenza ed avvicinamento tra culture e sistemi distanti. È una voce forte, che si alza contro “arroganza, pregiudizio ed odio” e contro il “tentativo di imporre una gerarchia alla civiltà umana o di imporre la propria storia, cultura e sistema sociale agli altri”. È una voce che diventa forte a difesa delle specificità di ciascun sistema culturale e sociale, che deve essere capace di “aderire alla specifica situazione di ciascuno, ricevendo il supporto popolare”.
L’attenzione riservata da Xi Jinping ai valori umani condivisi e la condanna al pregiudizio ideologico è la chiave per comprendere la natura del modello di “globalizzazione cinese”, illustrata ancora una volta al World Economic Forum, che si basa su un universalismo che accetta le differenze di ciascuna realtà sociale e le rispetta. Esso non pretende di annullare le diversità dentro una globalizzazione che si configura come un falso processo di universalizzazione e che ha l’obbiettivo di imporre valori unilaterali. La proposta di globalizzazione avanzata dalla Cina è un processo di avvicinamento e mutuo rispetto tra le diverse realtà storiche e politiche: è l’accettazione del fatto che nel mondo esistono diverse forme economico sociali che hanno il dovere di cooperare per il bene dell’umanità. È una concezione che è l’opposto della mentalità da guerra fredda che vorrebbe lo scontro tra le diverse concezioni ed i diversi sistemi, che fa del riconoscimento di queste diversità la precondizione per intessere politiche di cooperazione e mutuo vantaggio. Ed è un discorso diretto alle leadership accorte e lungimiranti, consapevoli che non vi può essere futuro per l’umanità perseguendo la politica del pendolo, oscillante tra la cancellazione del diverso ed il suo assoggettamento dentro un universo di valori conformi solo al proprio sistema, oppure il tentativo di isolazionismo e costruzione del “nemico”.
Questo discorso dà voce non solo alla Cina permettendole di esprimere il proprio punto di vista sulle modalità attraverso le quali vanno costruite le forme di governance globali, ma dà voce principalmente a quei paesi in via di sviluppo che assieme alla lotta per l’indipendenza economica affiancano la battaglia per il riconoscimento e la difesa del proprio modello di sviluppo e dei propri canoni culturali. Ma parla anche alle società occidentali.
Al particolarismo aggressivo di parte dell’Occidente ed al desiderio di gerarchizzazione delle relazioni tra le nazioni ed i popoli, si contrappone ora un nuovo umanesimo, di cui il discorso del presidente cinese è l’esempio di questo modo nuovo di concepire il mondo, che parla delle grandi sfide che attendono l’umanità tutta, indicando una strada comune per affrontarle e risolverle.
L’importanza del discorso sta anche nel fatto che esso implementa ulteriormente il concetto della comunità dal destino condiviso per l’umanità, perché se questo si caratterizzava per essere un pensiero universalistico che incarnava una strategia di trasformazione del mondo intero, la richiesta di accettazione delle diversità e delle specificità che compongono l’umanità intera e la sua unità di fronte alle sfide comuni, diventa il manifesto di un nuovo tipo di relazioni internazionali che punta all’unità del genere umano e si sforza di pensare al mondo come una totalità, capace di costruire una governance globale. Esattamente l’opposto della gerarchia di comando in base ai rapporti di forza.
Questa proposta rappresenta, in sostanza, lo sforzo di un universalismo che si prende cura dell’umanità, ferita dalle pandemie, dai disequilibri e dalle guerre.
L'autore è Francesco Maringiò, presidente dell’Associazione italo-cinese per la promozione della Nuova Via della Seta.