La Cina nel mondo, leader nella lotta al cambiamento climatico
Le parole pronunciate dal presidente cinese Xi Jinping in occasione dell'ultimo Climate Ambition Summit sono state chiarissime, confermando l’impegno cinese nella lotta al cambiamento climatico assieme alla comunità internazionale. Sulla strada verso COP26, il prossimo 26 novembre, ed a partire dall’Accordo di Parigi del 2015, la Cina ribadisce la propria responsabilità sulla questione climatica e l’impegno a condividere strategie di sviluppo sostenibile e di conversione ecologica dei sistemi produttivi. E’ proprio nel 2015 che Pechino ha deciso di attivarsi in modo più incisivo al livello internazionale, proponendo, all’epoca, un documento sul cambiamento climatico che era stato ampiamente accettato in seno alle Nazioni Unite.
Per capire l’impegno e la serietà della Cina anche in questo percorso è necessario porre attenzione alla continuità dei suoi piani di sviluppo, caratterizzati da una costante e graduale riforma dei processi produttivi. La visione cinese a lungo termine contraddistingue la Repubblica popolare rispetto al resto dei paesi del mondo.
Al Climate Ambition Summit, Xi ha avanzato tre proposte, riassumibili in tre espressioni: più multilateralismo, nuova governance climatica e “green recovery” (ripresa ecologica). La prima proposta consiste nel comprendere che la sfida del clima è una battaglia che può essere vinta soltanto se le nazioni saranno unite in una causa comune. Da questo punto di vista è importante ignorare l'unilateralismo e sposare il multilateralismo, con il quale ottenere vantaggi condivisi per tutti gli stati. La seconda riguarda, coerentemente con la prima, la necessità di costruire una nuova architettura di governance climatica, ove ciascuna nazione dovrebbe essere chiamata a massimizzare le proprie azioni per contrastare il cambiamento climatico in base alle rispettive capacità. Gli stati più sviluppati dovrebbero quindi aumentare il sostegno ai Paesi in via di sviluppo, tanto in termini di know how quanto in termini meramente economici. Infine, la terza proposta del presidente Xi consiste nel perseguire un approccio alla governance climatica capace di promuovere una ripresa ecologica, “green recovery”. “Montagne e fiumi verdi sono montagne d'argento e d'oro. È importante incoraggiare stili di vita e produzione verdi e a basse emissioni di carbonio e cercare opportunità di sviluppo e impulso dallo sviluppo verde”, ha sottolineato Xi Jinping.
La Cina ha offerto importanti contributi alla causa climatica, rispettando e adottando i principi contenuti nell'Accordo di Parigi del 2015 (accordo dal quale si sono sfilati gli Stati Uniti). Quest'ultimo, infatti, prevede di stabilire un quadro mondiale tale da scongiurare pericolosi cambiamenti climatici e limitare il riscaldamento globale. Ebbene, lo scorso settembre Xi ha annunciato che la Cina avrebbe adottato misure ancora più stringenti, integrate nell’ultimo intervento, per centrare gli obiettivi prefissati in materia di emissioni di CO2, energie rinnovabili, neutralità del carbonio e forestazione.
I suggerimenti e le osservazioni mosse dal leader cinese illustrano quanto la Cina sia determinata a trasformarsi in un'economia verde eco-compatibile e, al tempo stesso, a promuovere uno sviluppo sostenibile globale. A conferma di ciò, basti pensare ai risultati già conseguiti: dal 2016 a oggi, l’uso delle fonti energetiche rinnovabili è cresciuto a un tasso medio annuo del 12%, mentre nel 2018 la Cina era già in vetta alla classifica degli stati più green per quanto riguardava la produzione di energia rinnovabile, con ben 1,8 milioni di Gwh (gli Stati Uniti erano secondi con 0,8).
Le proposte di Xi rappresentano un buon punto di partenza per stimolare il resto del mondo a offrire risposte più efficaci. Considerando che la Cina, per dimensioni e responsabilità mostrata, è lo Stato che ha preso più a cuore il problema climatico, si intravedono all'orizzonte interessanti prospettive di cooperazione. L'Unione Europea – fra cui l’Italia - presta anch’essa molta attenzione alla situazione climatica del mondo, pertanto sarà quanto mai utile rafforzare la cooperazione con la Cina. Ciò vuol dire, ad esempio, aumentare l’uso di energie da fonti rinnovabili e promuovere l’elettrificazione diffusa della mobilità. Tuttavia, come insegna l’esperienza cinese, ciò potrà essere realizzato solo attraverso solidi piani nazionali, con l’aiuto degli stati e della cooperazione tra stati.
Al momento alcuni in Europa si sono portati più avanti rispetto ad altri, stringendo interessanti accordi con la Cina: la casa automobilistica tedesca Volkswagen Group ha annunciato di voler investire circa 15 miliardi di euro, assieme alle sue joint venture cinesi, nella mobilità elettrica tra il 2020 e il 2024. Collaborare con la Cina non potrà che portare vantaggi diffusi all'intero pianeta.
L’autore è Fabio Massimo Parenti, professore associato di studi internazionali presso l'Istituto "Lorenzo de' Medici" di Firenze.