【In altre parole】La Repubblica Popolare di Cina e l’Italia festeggiano i loro primi 50 anni
Alberto Bradanini (già Amb. d’Italia in Cina, 2013-2015)
L’apertura delle relazioni diplomatiche tra Italia e Repubblica Popolare Cinese nel novembre 1970 ha simbolicamente riannodato i fili di una lunga storia di amicizia e d’interazione tra Cina e Italia che si perde nella notte dei tempi.
Il popolo italiano nutre grande ammirazione per la millenaria cultura e civiltà cinesi, un’ammirazione cresciuta ancor più negli ultimi decenni in ragione del grande successo economico della Cina, un successo dovuto all’etica del lavoro e alla saggia gestione dell’economia da parte della sua dirigenza.
Sul piano politico le relazioni Cina-Italia sono nate sin dall’inizio sull’amicizia e il rispetto reciproco. Sul piano economico, poi, i due paesi hanno fondato i loro rapporti sul principio di parità e reciprocità e - in particolare a partire dal 1978, con la politica di apertura e riforme promossa da Deng Xiaoping - hanno aperto sempre più i rispettivi mercati. L’apertura sull’estero da parte della Cina ha costituito - e tuttora costituisce - un aspetto cruciale della sua economia e proiezione internazionale.
Da un interscambio di qualche milione di dollari alla fine degli anni ‘70, il commercio bilaterale ha raggiunto nel 2019 i 43/44 miliardi di euro, con un avanzo annuale da parte cinese di circa 20 miliardi di euro (includendo le merci che passano da Hong Kong e Rotterdam, i due principali porti di transito in Asia e in Europa).
Per quanto riguarda gli investimenti, quelli italiani in Cina (miliardi di euro) hanno creato centinaia di migliaia di posti di lavoro, mentre quelli cinesi in Italia hanno mirato a imprese già esistenti, investimenti di borsa e titoli dello Stato italiano, creando pochi posti di lavoro (con qualche eccezione tuttavia, come ad esempio Huawei a Milano). Mentre auspichiamo che anche i capitali cinesi in entrata possano ora dirigersi verso il segmento “greenfield”, creando quindi maggiori posti di lavoro, anche le aziende italiane finora rimaste fuori dalla Cina potranno guardare con occhi nuovi alle grandi opportunità offerte dalla seconda economia mondiale. Tali aziende, alla luce della politica del governo cinese di ulteriore apertura agli investimenti stranieri in settori prima vietati potranno raccogliere buoni risultati, favorendo lo scambio di capacità e di “know how”, e allo stesso tempo rafforzare i flussi del commercio bilaterale. L’appuntamento di Shanghai costituisce quindi un’ottima occasione in questa direzione.
Riconoscendo che le relazioni commerciali tra due sistemi economici devono avere una naturale, sana tendenza all’equilibrio, il governo di Pechino, alla luce anche dell’amicizia tra i due paesi, intende ridurre gradualmente il forte surplus commerciale sopra menzionato, aumentando l’import dall’Italia.
La partecipazione italiana alle fiere internazionali (ad esempio la China International Import Expo import-export) - importante per lo scambio di capacità e di “know how” tra i due paesi - è stata una costante nei decenni passati, e tale rimane anche oggi, nonostante le oggettive difficoltà legate alla diffusione del Covid-19.
L’innovazione e le nuove tecnologie, cruciali per la crescita economica in ogni paese e dunque anche nelle strategie di sviluppo della Cina, devono essere valorizzate anche nei rapporti bilaterali, come è stato fatto ad esempio nella Settimana della cooperazione d’innovazione tra Cina e Italia, la cui decima edizione si è tenuta nel 2019.
Sulla scena internazionale, inoltre, la Cina merita genuino apprezzamento per la sua strategia di voler costruire un mondo multipolare, nel quale non si senta la voce di una sola potenza, ma dove tutte le nazioni possano prosperare, contribuendo alla pace e al progresso umano.
Un mondo multipolare, infatti, consente anche alle nazioni minori e ai paesi emergenti di far sentire la loro voce a tutela dei loro legittimi interessi e dei beni pubblici internazionali.
La pretesa degli Stati Uniti, un paese di 330 milioni di abitanti, di imporre la loro volontà su un pianeta di 7,5 miliardi di individui costituisce una deformazione patologica, iniqua e persino pericolosa per la pace. La Cina fa parte della schiera dei paesi che “resistono” alla bulimia del potere unilaterale americano. Non è un caso che molti paesi emergenti, desiderosi di uscire dal sottosviluppo, inizino ora a guardare al Beijing Consensus prendendo distanza dall’American Consensus, che in cambio di sottomissione promette, invano, benessere e progresso.
La strategia multipolare della Cina favorisce dunque la pace e l’equilibrio nel mondo.
Certo, nessun paese è perfetto, e dunque anche la Cina deve fare i conti con alcuni aspetti della propria organizzazione politica e della propria valorazione etica e istituzionale. La Cina tuttavia prosegue il suo camino sulla base delle proprie condizioni storiche, con il principale obiettivo di creare benessere per la propria gente, aprendosi alla collaborazione con tutte le nazioni del mondo.
Per finire, non si può non gettare uno sguardo veloce alla grande iniziativa cinese “one Belt one Road” (Bri), lanciata da Xi Jinping nel 2013. nuova via della seta. Come noto, Italia e Cina nel marzo 2019 hanno firmato un Memorandum d’intesa per favorire la reciproca collaborazione in questo ambito. Si è trattato di un momento di grande impegno e valenza politica da parte dei due governi, che occorre ora tradurre in fatti concreti.
L’intesa non dovrebbe mirare unicamente a rafforzare il commercio bilaterale (per il quale non ci sarebbe stato bisogno di un apposito Memorandum), ma a promuovere la collaborazione tra entità/aziende italiane e cinesi nei paesi dell’Asia Centrale, vale a dire quel territorio dove passano le infrastrutture che renderanno un giorno più vicine Cina ed Europa attraverso lo sviluppo della connettività, secondo l’essenza strategica della Bri (conosciuta anche come “nuova via della seta”).
I due paesi devono dunque lavorare su progetti di sviluppo infrastrutturali in Asia Centrale da realizzare con finanziamenti cinesi e internazionali sotto l’ “ombrello” della Belt and Road Initiative, partendo dai bisogni di infrastrutture in quei paesi, in collaborazione con i governi locali. Così facendo la Bri diventerà davvero un grande progetto paritario tra Cina, paesi occidentali (e Italia) e le nazioni dell’Asia Centrale che, una volta potenziate nelle loro infrastrutture di connettività, avvicinerà come mai prima d’ora la Cina all’Europa in un contesto di pace, progresso e benefici per tutti.
Reputo quindi che la data del 6 novembre 2020 - che segna il 50esimo anniversario dell’apertura delle relazioni diplomatiche tra Italia e Cina - deve essere celebrata come un momento di unione e fraternità tra i nostri due paesi e i nostri due popoli.