La visione del futuro
Il V Plenum riunito a Pechino discute il cuore delle riforme contenute nel nuovo Piano quinquennale. Tra doppia circolazione e Vision2035, i pilastri della Cina del futuro
Si è concluso giovedì 29 il V Plenum del 19° CC del Pcc che ha il compito, tra le altre cose, di definire i dettagli del 14° Piano quinquennale (2021 - 2025) e la strategia «Vision 2035», per diventare un paese socialista moderno. Soltanto allora la Cina potrà considerare conclusa la prima tappa della transizione al socialismo e porsi l’ambizioso obbiettivo di diventare, per metà millennio, un “paese socialista potente, democratico, civile, armonioso e moderno”, come stabilito nel 18°. Il primo obbiettivo centenario, ovvero la “creazione di una società moderatamente prospera in ogni ambito”, con un Pil pro capite di 10mila $ (raddoppiato rispetto al 2010), è stato raggiunto con un anno di anticipo rispetto all’anniversario del centenario di fondazione del Partito. Già il 13° Piano aveva operato una rivoluzione copernicana, ma è con il nuovo Piano che si punta esplicitamente sulla domanda e l’innovazione interna per dare corpo alla «doppia circolazione», visione proposta da Xi Jinping che indica una correlazione tra la circolazione economica domestica e quella internazionale.
I numeri dell’economia sono incoraggianti: il Pil è salito del 4,9% tra giugno e settembre, rispetto allo scorso periodo del 2019, salendo dello 0,7% su base annua, a dimostrazione del fatto che il Paese ha già recuperato quanto perso a inizio anno. Il Fmi stima che la Cina sarà l’unica grande economia a chiudere il 2020, l’anno del Covid, con la ricchezza nazionale in crescita, a fronte di un crollo dell’8,3% dell’Eurozona e del 4,3% degli Usa. Sempre il Fmi calcola che il contributo della Cina alla crescita globale passerà dal 26,8% del 2021 al 27,7% del 2025, grazie alla produzione industriale (che cresce dal 5,6% di agosto al 6,9% di settembre) ed ai consumi e la domanda interna.
Il concetto di «doppia circolazione» sarà più chiaro nei prossimi mesi, ma sin da ora possiamo vedere come tale strategia abbia alle spalle la trasformazione dell’economica cinese che, con il «New Normal» prima e l’adozione del piano «China 2025» poi, ha guidato la metamorfosi verso un livello qualitativo (e non più quantitativo) della produzione. L’abbandono dello schema basato invece sulla produzione massiva e quindi incentrato prevalentemente sull’export, dunque sulla “grande circolazione internazionale”, porta oggi la leadership del Partito a puntare sulla circolazione interna. Infatti i dati economici ci dicono che il rimbalzo del Pil è dovuto anche all’aumento significato delle importazioni. Tutto l’opposto delle politiche autarchiche, descritte dai media occidentali: l’innalzamento della ricchezza del Paese spinge la sua capacità di spesa interna e quindi anche le opportunità di import, come testimoniato dall’importanza rivestita in maniera via via crescente dalla China International Import Expo, prima fiera delle importazioni che si tiene a Shanghai dal 2018.
Di fronte alle sempre crescenti sfide e turbolenze internazionali, la Cina ha l’esigenza di garantire al proprio sviluppo un decorso costante e resiliente agli shock esterni e riducendo la dipendenza tecnologica dall’esterno, per concentrarsi sugli investimenti in innovazione e redistribuzione delle risorse, oltre a ridurre al minimo gli effetti di disequilibro del decoupling statunitense e della pandemia.
In un recente viaggio al Sud, Xi Jinping ha affidato a Shenzhen «la missione storica di assumere l’iniziativa della realizzazione della modernizzazione socialista», divenendo la capofila di un cluster di attività industriali capaci di favorire lo sviluppo della manifattura e dei servizi, anche guidando l’economica privata perché contribuisca al raggiungimento di questo importante obbiettivo. Sarà il nuovo hub di produttività ed innovazione, che ci parla della visione di medio periodo della classe dirigente cinese, capace di ridisegnare i contorni del nuovo sviluppo e delle nuove realtà urbane della Cina del futuro.
L’autore Francesco Maringiò è Presidente dell’Associazione italo-cinese per la promozione della Nuova Via della Seta.