Quarant’anni di Zone Economiche Speciali per capire il successo della RPC
La Cina ha tagliato il traguardo del 40esimo anniversario dell'istituzione delle Zone Economiche Speciali (ZES). Si tratta di uno dei progetti più importanti mai attuati dalla Repubblica Popolare Cinese che, a partire dai primi anni '80, in concomitanza con le politiche di riforma incentrate su un'apertura graduale e pianificata dell'economia avviate nel 1978, ha consentito al Paese di svilupparsi fino a diventare la potenza globale che conosciamo oggi. Le ZES sono molto più che semplici zone franche designate dal governo cinese per attrarre investimenti stranieri. Stiamo parlando di aree che simboleggiano a tutti gli effetti la strutturazione di un modello di sviluppo economico, attraversato in parte da un continuo processo di sperimentazione e in parte da originali soluzioni di governance.
Tutto questo ha portato enormi benefici alle ZES in primis, ma anche al resto del Paese. Già, perché ogni soluzione economica che produce vantaggi viene poi gradualmente estesa all'intera Cina. Quando parliamo di Zone Economiche Speciali cinesi l'esempio più comune nell'immaginario collettivo è quello di Shenzhen, città passata, nell'arco di quattro decenni (agosto 1980-2020), dall'essere un piccolo villaggio di pescatori a una delle megalopoli più rilevanti del mondo, nonché sede di veri e propri colossi dell'economia globale, come Tencent e Huawei. Altri casi esemplari sono quelli di Zhuhai e Shantou sempre nella provincia del Guangdong, oppure Xiamen nella provincia di Fujian.
La Cina ha costruito un modello di sviluppo economico inizialmente basato su uno Stato non completamente integrato nel sistema economico mondiale. Soltanto alcune città, negli anni'80, stavano iniziando a diventare hub economici globali: Guangzhou, Zhuhai, Macao, la citata Shenzhen e il Delta del Fiume delle Perle, area situata nella Cina meridionale, seguiti da Pudong, Shanghai e Chongqing (quest'ultima nell'ambito della “Go West strategy”, ovvero le strategie di sviluppo della Cina interna). Più recente ancora è il piano inerente alla cosiddetta Bohai Economic Region, un'area grande due volte l'Italia comprendente l'area costiera che va da Beijing a Tianjin, incluse le regioni dell'Hebei, del Liaoning e dello Shandong, sul Mare di Bohai.
In generale, usando le parole di Giovanni Arrighi, non sono stati i capitali occidentali a guidare i recenti sviluppi cinesi, quanto piuttosto la mobilitazione produttiva di una forza lavoro di qualità, in termini di educazione, salute e capacità di self-management presente in Cina. In tutto ciò l’attenta pianificazione territoriale ha svolto un ruolo guida fondamentale. La Repubblica Popolare si è così gradualmente aperta (è importante rimarcare questo aspetto) agli investimenti delle aziende occidentali, attratte dalle potenzialità espresse dall'immenso mercato cinese. La ricetta ha fin da subito dati i suoi frutti.
Le prime tre ZES furono istituite a Shenzhen, Zhuhai e Shantou, nella provincia del Guandong, a cavallo tra il 1979 e il 1980. Poco dopo toccò alla ZES di Xiamen, nel Fujian, e, nel 1988, all'isola di Hainan. Stiamo parlando degli albori delle Zone Economiche Speciali, quando Shenzhen, il fiore all'occhiello delle riforme cinesi, era ancora lontana dall'essere la moderna metropoli di circa 15 milioni di abitanti che è oggi. In quarant'anni la superficie della città si è ampliata di cinque volte e, nel prossimo futuro, subirà ulteriori trasformazioni. Il motivo è semplice: se inizialmente le primissime ZES erano aree dedicate prettamente allo sviluppo dell'attività manifatturiera, adesso la Cina guarda al futuro e punta su ZES rivolte a obiettivi di integrazione finanziaria e sviluppo tecnologico e sostenibile. Detto altrimenti, la Repubblica Popolare non ha più intenzione di attirare qualsiasi investimento per garantire la propria crescita, quanto piuttosto investimenti mirati per supportare specifiche politiche in ambito tecnologico, nel campo della sostenibilità, nello sviluppo green e così via. Tornando su Shenzhen, l'Ufficio Generale del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese e l'Ufficio Generale del Consiglio di Stato hanno recentemente pubblicato il "Piano di attuazione per la riforma globale della zona di dimostrazione pilota del socialismo con caratteristiche cinesi a Shenzhen (2020-2025)". L'obiettivo è rinnovare ulteriormente le ZES per affrontare al meglio le sfide future.
Nell’ambito dello sviluppo della Great Bay Area, progetto che è stato ideato tra 2017 e il 2019 e che comprende i principali poli urbani della provincia del Guangdong, nove città più le SARs, la Cina sta creando una sorta di BRI locale, centrata su interconnessione e sviluppo digitale, anche per dare sempre più sostegno alla BRI intercontinentale.
L’autore è il professore associato di studi internazionali presso l'Istituto Internazionale "Lorenzo de' Medici" di Firenze.