Il “valore della vita” e la “solidarietà” come obbligo morale nella cultura tradizionale cinese

2020-05-04 15:35:46
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"La vita umana viene prima di ogni altra cosa", ha più volte ripetuto Xi Jinping negli ultimi mesi. Sin da quando è esplosa l'epidemia di Covid-19, il capo di Stato cinese ha infatti sempre sottolineato che bisogna dare la massima priorità alla sicurezza e alla salute delle persone.

La posizione ufficialmente assunta dalle più alte cariche cinesi al riguardo è inequivocabile e non richiede particolari spiegazioni. Ciononostante, potrebbe essere interessante approfondire come, più in generale, venga inteso il valore della vita umana nella cultura cinese.

Quando si ha a che fare con un Paese che presenta una cultura diversa dalla nostra si può incorrere nell’errore di giudicarne il comportamento a partire da quella che è la nostra concezione di valori che, per quanto universali, si esplicano in modalità differenti a causa delle peculiari caratteristiche degli specifici contesti culturali. È questo il caso, ad esempio, del valore attribuito alla vita umana.

Per ragioni storiche e culturali, il valore della vita è infatti tradizionalmente concepito in maniera leggermente diversa in Occidente e in Cina. Sebbene per affrontare esaustivamente un tema vasto e complicato come questo potrebbero non essere sufficienti migliaia di pagine, di seguito si cercherà di esporlo molto sinteticamente, così da fornire ai lettori delle indicazioni di massima al riguardo, con lo scopo di aiutarli a comprendere le diverse peculiaritità delle due visioni del mondo, dedicando maggiore spazio all’esposizione della concezione cinese.

Le radici greco-romane e giudaico-cristiane del pensiero occidentale hanno portato ad attribuire un valore assoluto alla vita umana, che trova la sua massima espressione nel primato riconosciuto all’individuo sulla collettività. Nel mondo occidentale ogni uomo è prima di tutto considerato nel suo essere individuo e, solo secondariamente, anche membro della società.

Il pensiero tradizionale cinese è stato, invece, fortemente influenzato dal Confucianesimo e ha quindi prodotto un sistema di valori che si basa essenzialmente sulle “relazioni”, enfatizzando maggiormente il ruolo della collettività a discapito del singolo individuo in quanto tale. Prima ancora di essere considerata nella sua individualità, una persona è vista dalla cultura tradizionale cinese come parte di una collettività (famiglia, società, Stato).

Questa visione ha inevitabilmente influenzato anche il valore attribuito alla vita umana, il quale può essere considerato per certi versi “relativo” nella cultura cinese, nel senso che è determinato dalla rete di relazioni di cui l’individuo è parte integrante. Per questo motivo, il sacrificio della propria vita in nome del bene comune è da sempre culturalmente riconosciuto in Cina come uno dei più alti esempi di virtù.

Questa differenza di visione sull'importanza attribuita all'individuo e alla collettività si riflette, ad esempio, nel modo in cui la popolazione ha recepito l'invito/obbligo di rimanere a casa dei rispettivi governi durante l'epidemia: se il popolo cinese lo ha fondamentalmente vissuto come un sacrificio giusto da compiere per il bene di tutti, in molti nei Paesi occidentali lo hanno percepito, almeno inizialmente, come una misura eccessiva e illegittima. Ne è un esempio l'Italia, dove è stato sollevato da più parti il problema di una possibile incostituzionalità dei decreti emanati dal primo ministro. In Cina, una simile polemica non solo non c’è stata, ma non avrebbe avuto nemmemo molto senso.

Quanto detto finora non implica, tuttavia, che la cultura cinese non attribuisca un proprio valore intrinseco alla vita. È vero altresì il contrario. Lo si evince, ad esempio, in un passo del Mencio dove l’autore, volendo dimostrare l’innata bontà della natura umana, ci dice che ogni uomo è istintivamente pronto a soccorrere e a salvare una persona più debole in difficoltà, non perché abbia un doppio fine, ma semplicemente perché farlo è nella sua natura.

“Il motivo per cui si può affermare che ogni uomo è dotato di compassione è che se oggi, improvvisamente, un uomo vedesse un bambino che sta per cadere in un pozzo, questi proverebbe certamente apprensione e compassione per lui. Ciò accadrebbe non perché l'uomo abbia intenzione di stringere una qualche relazione con i genitori, né perché così facendo acquisiribbe prestigio fra gli abitanti del suo villaggio e tra i suoi amici, e nemmeno perché non sopporti le urla e il pianto del bambino. Alla luce di ciò, possiamo dire che chi non prova compassione, semplicemente non è un uomo”. (Mencio, 3:6)


Ogni persona correrebbe in aiuto di chi è in pericolo, perché la vita umana viene prima di ogni altra cosa, tanto più se si tratta di quella di un bambino. Chi non si comporta in questo modo, per Mencio, non è nemmeno degno di essere considerato un essere umano. Da tale posizione categorica assunta dal filosofo confuciano possiamo trarre un’altra considerazione: tradizionalmente in Cina si ritiene che l’uomo possieda un’innata tendenza alla solidarietà, la quale è vista come un dovere morale da cui l’individuo non può esimersi, se non vuole vedere decadere il suo stesso status di essere umano. Questo perché uno dei valori cardine di tutto l’impianto filosico-morale del Confucianesimo è costituto dal concetto di “ren 仁” (benevolenza, umanità, compassione) che, almeno originariamente, stava ad indicare il sentimento di “empatico affetto” reciproco che intercorre tra due o più persone che si riconoscono parte di una stessa comunità.

La Cina ha sicuramente vissuto molti cambiamenti nel corso dei millenni, i più significativi dei quali avvenuti in epoca moderna con l’avvento del comunismo, ciononostante si può constatare una continuità culturale di fondo nella sua storia, continuità che si manifesta in particolare a livello del suo sistema valoriale.

È indubbio che, oggigiorno, la Cina stia rivendicando sempre più apertamente e assertivamente il proprio ruolo di grande Paese responsabile in seno alla comunità internazionale e risulta, per questo motivo, quanto mai indispensabile per l’Occidente avere una chiara comprensione di quelle che sono le radici culturali e il modo di pensare del popolo cinese.

In primis, si dovrebbe tenere conto che in Cina le “relazioni” ― le quali, come accennato sopra, sono state tradizionalmente assunte come struttura fondante della società e afferiscono a pieno titolo alla sfera morale ― hanno implicazioni spesso molto diverse rispetto alla concezione occidentale, motivo per cui un comportamento che da una prospettiva cinese è ritenuto implicitamente giusto e doveroso può risultare, apparentemente, contradditorio e sospetto se valutato da un’ottica occidentale.

Comprendere il retaggio culturale del pensiero tradizionale cinese può sicuramente aiutare a capire meglio le ragioni del comportamento assunto oggi dalla Cina sul palcoscenico internazionale nei confronti degli altri Paesi del mondo, ivi inclusi quelli maggiormente colpiti dall’epidemia di Covid-19, oltre che a decifrare correttamente la retorica utilizzata dal Paese nella propria strategia comunicativa verso l’estero.

Di contro, se davvero vuole svolgere un ruolo sempre più attivo a livello internazionale, alla Cina è richiesto lo sforzo di rendere più accessibile e comprensibile il messaggio sottostante alla propria narrazione, tenendo anch’essa conto di quelle differenze culturali che è, invece, ad oggi spesso portata a ignorare.

Un simile ragionamento potrebbe essere applicato al contrario e rimanere altrettanto valido. Il punto è che occorre sforzarsi di ridurre le distanze il tanto che basta per condurre una comunicazione effettivamente atta alla comprensione reciproca, al fine di imparare a conoscersi veramente.



Piero Cellarosi


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