“Sbarazzarsi dell’influenza cinese”, il sogno a occhi aperti di alcuni americani

Negli ultimi giorni, con il pretesto dell’epidemia, alcuni politici americani hanno ricominciato a speculare su alcuni argomenti, come il ritorno delle imprese americane dalla Cina o l’intenzione di alcune aziende di trasferirsi nell’Asia sudorientale, incitando la catena industriale globale a “sbarazzarsi dell’influenza della Cina”. Con l’insorgere dell’epidemia, la catena di fornitura globale è stata inevitabilmente colpita. È comprensibile la ricerca da parte di alcuni Paesi di soluzioni diversificate per “disperdere” i rischi, ma “diversificare” non significa lasciare la Cina, e la cosiddetta volontà di “sbarazzarsi dell’influenza cinese” non è altro che una rapsodia di “sognatori a occhi aperti”.

Alcuni analisti hanno indicato che questa speculazione sulla volontà di “sbarazzarsi dell’influenza cinese” è in realtà più un espediente politico. In particolare negli Stati Uniti, dove le contraddizioni interne si stanno esacerbando a causa degli errori decisionali sulla prevenzione e sul controllo dell’epidemia, e del rapido aumento della disoccupazione. Adesso, alcuni politici americani parlano del “ritiro dalla Cina” dell'industria manifatturiera, ma è ovviamente una mossa per distogliere l'attenzione e attenuare le contraddizioni.

L’attuale posizione della Cina nella catena industriale globale è determinata da vantaggi accumulati negli ultimi decenni, che si palesano in un sistema industriale completo, in infrastrutture perfette e in risorse abbondanti di talenti e manodopera, ed è anche il risultato delle scelte indipendenti delle società multinazionali.