La sventura “Diamond Princess” ci fa capire perchè la Cina stia svolgendo una simile prevenzione epidemica
Mercoledì 19 febbraio, circa 500 passeggeri il cui test è risultato negativo sono scesi dalla nave da crociera Diamond Princess e sono ritornati finalmente a casa.
Lo spettro dell’epidemia continua tuttavia a permanere. Fino al 19, sulla nave Diamond Princess sono stati diagnosticati 621 casi, con un tasso d’infezione che ha raggiunto il 16.8%, e un numero di persone infette appena inferiore ai casi diagnosticati in sette province, tra cui l’Hubei e il Guangdong.
Kentaro Iwata, professore di epidemiologia dell’Università di Kobe del Giappone, ha iniziato l’autoisolamento dopo essere salito sulla nave il 18 e aver svolto i lavori d’ispezione per la quarantena, ed ha prodotto un video in cui ha con rabbia definito “tragica” l’amministrazione e gestione antiepidemica a bordo della nave. Il professore, che aveva in precedenza partecipato alla prevenzione e controllo dell’Ebola e della SARS, ha affermato che la situazione a bordo della nave gli ha fatto provare “un terrore da cui non è riuscito a difendersi”, più di quello che abbia provato in Africa e in Cina. La Diamond Princess ci ha fatto rendere conto della grande infettività del virus. Di fatto, da un certo punto di vista testimonia anche la necessità e l’urgenza della decisione della Cina di aver chiuso i passaggi all’esterno dal centro di diffusione epidemica e di aver adottato una serie di severe misure.
Sono proprio le forti misure adottate dalla Cina che hanno permesso un forte controllo della situazione epidemica. Quest’aspetto è già stato confermato dai fatti.