Prima che l’anno finisca

Oliviero Diliberto 2021-12-10 09:11:38
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Qualche parola sull’anno 1921, sull’ignoranza che alimenta giudizi superficiali e sulla collaborazione tra i giuristi italiani e cinesi

Al termine di questo anno che ha segnato il centesimo anniversario delle fondazione del partito comunista cinese e di quello italiano, nati ambedue del 1921, mi premeva elencare alcuni elementi storici e di attualità che meritano di essere sottolineati.

Anzitutto, una differenza è fondamentale, perché nel 1949 il Partito comunista cinese prese il potere creando uno stato socialista, mentre da noi in Occidente, e in particolare in Italia dopo la fine della Seconda guerra mondiale, c’è stato un periodo di collaborazione al governo dei comunisti con le forze di centro.

In un mondo diviso in due blocchi, i comunisti in Occidente non potevano governare, tanto che sia in Italia e sia in Europa sono rimasti all’opposizione. Noi comunisti italiani siamo rimasti all’opposizione per tutta la vita del partito.

In realtà, gli occidentali sanno pochissimo non soltanto del partito comunista cinese ma, in generale, dell’intero Oriente. A questo proposito mi sento di “sfidare” qualunque osservatore occidentale che non sia uno studioso di cose orientali a rispondere anche sull’India, sul Giappone o sulla Corea. È un’ignoranza che non risparmia neppure le filosofie e le religioni orientali. Quanti sanno cos’è il Confucianesimo? Quella nei confronti del mondo orientale è un’ignoranza per colpa della quale si alimentano purtroppo giudizi superficiali.

Innanzitutto il Partito comunista cinese è stato il partito del popolo cinese. Lo slogan, anche recentemente rilanciato con lungimiranza dal presidente Xi Jinping, era ed è “servire il popolo”. Il partito rappresenta l’avanguardia, ma il controllo dell’economia e della politica è del popolo medesimo.

Trattandosi di un partito al servizio del popolo, il Partito comunista cinese ha quale principale obiettivo l’uscita dalla povertà di decine di milioni di esseri umani, soprattutto nelle aree rurali. Noi conosciamo le grandi città cinesi ma ci sono campagne sterminate che nemmeno immaginiamo.

Non per niente, nell’ambito della campagna contro la povertà inaugurata dal presidente Xi Jinping i privati si prestano a collaborare con lo Stato per portare servizi, quali strade, scuole e sanità, anche nelle zone più periferiche di un Paese gigantesco.

Ricordo poi che il tema del “governo del mondo”, definito proprio così, fu inaugurato da un grande leader comunista italiano, vale a dire Enrico Berlinguer. Quest’ultimo, già negli anni Settanta, percepiva l’esigenza di affrontare e risolvere un disordine mondiale che si è solo accentuato con la fine dell’Unione Sovietica, con la fine del mondo bipolare e l’avvento di un unipolarismo guidato – nella fase seguita alla scomparsa dell’Urss – da un’unica grande potenza, gli Stati Uniti d’America.

La prepotente irruzione della Cina nella scena mondiale sta garantendo positivamente un nuovo equilibrio. Proprio la Cina si è fatta fautrice di una politica di cooperazione e di libero scambio in aperto contrasto con una serie di politiche americane dirette alla reintroduzione di tributi doganali e di altre misure volte a bloccare la libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone.

Le differenze tra il sistema socialista cinese e quello del nostro continente, e in particolare di quello italiano, sono differenze di fondo che tuttavia non precludono momenti di grande e importante collaborazione.

Approfitto infine dell’ospitalità della rivista Cinitalia per rammentare che esiste l’edizione italiana – tradotta da Huang Meiling e curata da me ed altri giuristi italiani – del nuovo codice civile cinese, entrato in vigore il primo gennaio di questo 2021, proprio in occasione del centenario del Partito comunista cinese. E noi da decenni perseguiamo la collaborazione reciproca tra giuristi cinesi ed italiani, che ha, tra l’altro, consentito a molti giovani giuristi cinesi di completare la propria formazione in Italia, presso l’Università di Roma “La Sapienza”.

L’autore è docente universitario, già Ministro della Giustizia e deputato

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