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Ivan Cardillo:IO E LA LINGUA CINESE
2009-08-04 15:37:45 cri     

                                                             IO E LA LINGUA CINESE

Fin dai miei primi approcci con la cultura cinese, sono rimasto affascinato dalla lingua. Mi appariva come qualcosa di misterioso, una sorta di porta di accesso ad un sapere millenario in grado di migliorare la vita dell'uomo.

Con il passare del tempo, questa mia sensazione iniziale si è rafforzata. Infatti l'"addestramento" nello studio della lingua cinese offre grandi doni allo studioso.

L'origine della lingua si perde nella notte dei tempi. Una leggenda narra che fu l'imperatore Fuxi, nell'intento di aprire il mondo soprannaturale alla conoscenza umana, a rivelare ("rivelare" e non creare, ciò suppone che l'oggetto di rivelazione è preesistente) il significato dei primi caratteri della lingua cinese e a scrivere il famoso Classico dei Mutamenti (易經) (altre fonti attribuiscono la nascita della lingua cinese a Cang Jie). Fuxi è una persona leggendaria, legata alla creazione del mondo (molti miti lo ritraggono con Nüwa). Altrove è considerato uno sciamano ed un semidio, da sempre simbolo di saggezza.

                                 

Cosa trasmise in realtà Fuxi? L'essenzialità del tratto. Il tratto è l'elemento chiave dell'arte divinatoria cinese e la base della lingua. Tutti i tratti della calligrafia derivano dal tratto semplice, anche i punti non sono altro che brevi tratti, e nella loro scrittura si seguono le stesse regole dei tratti lunghi (pressione 蹲 e sollevamento 提).

Fuxi, per mostrare agli uomini la perfezione del mondo soprannaturale scelse l'estrema semplicità, un simbolo poco "argomentabile" che va semplicemente osservato. Il tratto è semplice, poco ricercato (umile) e facile da disegnare.

Infatti la gestualità del corpo è minima. Mi viene in mente un famoso passo del Dao de jing (道德经): 无为而无不为! Non agire in modo che niente non sia fatto!

Questa è la filosofia dell'arte della calligrafia (书法): cercare di dipingere gli ideogrammi come se fossero un unico tratto, senza alzare il pennello e con il minimo movimento del corpo, utilizzando il proprio qi. A tale scopo molti calligrafi praticano il tai ji quan e tecniche di qigong.

La calligrafia cinese viene insegnata nelle scuole fin dalla più tenera età ed incide profondamente sull'educazione dei bambini. Essa infatti richiede rigore, costanza, autodisciplina e fermezza di volontà. Molti cinesi ritornano a studiarla durante la vecchiaia. Per loro la calligrafia è uno strumento di meditazione, di autostima. Essa risponde al bisogno naturale di solitudine, di contatto con il proprio Io, di presa di coscienza, tipica dell'età della saggezza! Molti calligrafi considerano la 书法 come uno strumento per raggiungere la perfezione, per l'innalzamento del proprio Io a nuovi livelli di coscienza.

Disse una volta il poeta americano E. E. Cummings che i poeti cinesi sono dei pittori. Infatti quando si raggiunge la maestria nell'arte della calligrafia l'ideogramma si mostra al lettore-osservatore in tutta la sua carica espressiva. La sua energia intrinseca è resa manifesta dall'energia usata dal calligrafo nell'atto del tracciare il Tratto. L'ideogramma non rimanda più ad un significato semantico, bensì è esso stesso "a significare".

La lingua cinese va letta come si legge una qualsiasi lingua alfabetica? Lo scrittore americano Ezra Pound disse che la lingua più facile del mondo per scrivere poesie è il cinese. La lingua cinese è nata con l'intenzione di mostrare il soprannaturale al naturale. Essa è dunque un mezzo di comunicazione che noi leggiamo con i nostri occhi, ma che in realtà parla al nostro spirito. Indubbiamente la capacità espressiva della lingua cinese è maggiore di quella di qualsiasi altra lingua alfabetica.

Molti potrebbero considerare la lingua cinese alla stregua di una lingua primitiva che si è raffinata con il tempo. Questi potrebbero paragonare gli ideogrammi ai disegni degli uomini primitivi nelle caverne. Il loro giudizio prenderebbe le mosse dal fatto che entrambi i sistemi cercano di raffigurare il mondo naturale. Non è così. La linea evolutiva della lingua cinese si è sviluppata intorno ad una precipua idea dell'uomo e del suo rapporto con la natura. Infatti l'uomo, nella cultura cinese, è sempre considerato parte della natura, un microcosmo nel macrocosmo. Una conferma di ciò ci arriva dall'arte del nei kung, la quale non fa altro che riproporre le regole che governano l'universo come regole valide per la vita dell'uomo. Dunque, l'uomo non si vuole emancipare (e non è emancipabile) dalla natura nella quale vive, ma ne divide la stessa sorte. In occidente invece, a seguito delle teorie cartesiane e delle tendenze materialistiche, l'uomo è esterno alla natura, che egli cerca di ordinare in base alla propria ragione e agli schemi cui essa fa ricorso. Le parole non sono altro che definizioni date agli elementi della natura, che in qualche modo vendono così cristallizzati, negando loro ogni possibile evoluzione o mutamento. Ogni elemento ha la sua definizione e conosce la sua fissità.

In Cina, invece, la lingua conserva il suo ruolo strumentale. Essa comunica partendo dalla realtà e cercando di mostrarla al soggetto parlante. Essa è vaga, perciò incline a seguire l'evoluzione della natura, ma non per ciò meno precisa, anzi, essa si rivolge all'essenza delle cose e non al modo in cui esse appaiono. Questa caratteristica della lingua esprime il concetto filosofico dell'"assecondare il dao", caro ai praticanti di Tai ji quan. Per tale ragione la lingua cinese è uno degli strumenti più validi per conoscere la cultura cinese. Attraverso di essa si capirà che in passato la società cinese era una società matriarcale. Infatti la parola "cognome" è tradotta in cinese dal termine 姓 composto da 女 donna e 生 che indica nascita. Dunque la discendenza seguiva il cognome della madre. Altro esempio è dato dal termine 好 ovvero buono. Questo ideogramma è composto da 女 più 子, che rispettivamente significano donna e bambino, ossia famiglia. Gli elementi maschili e femminili sono bilanciati, lo yin e lo yang sono in armonia. In generale ogni cosi è "buona" nel momento in cui tende a conservare l'equilibrio fra gli opposti. Altro esempio molto affascinante dell'inseparabilità della lingua cinese dalla cultura è dato dalle antiche monete imperiali. Esse erano rotonde con un buco quadrato al centro: 
 

Nella lingua cinese c'è un detto che recita: 天圆地方, il cielo è rotondo e la terra è quadrata. Nella filosofia cinese si dice che la terra sorregge con il proprio dorso ed il cielo abbraccia con il proprio ventre, mentre al centro ci sono le diecimila manifestazioni dell'essere. Lo spazio compreso tra il cielo e la terra è il paese della vita, il luogo di manifestazione del Dao, il paese di mezzo, altrimenti detto 中国!(Cina).

Altra peculiarità della lingua cinese è la pronuncia. Essa è molto precisa e richiede un udito allenato. Molte pronunce sono simili e ciò è valso alla lingua cinese l'attributo di "high cultural contest". Dunque nel parlare bisogna fare molta attenzione alla pronuncia. Ciò ha un'interessante conseguenza: se in occidente possiamo dire "buongiorno" con svariati toni, ad esempio in maniera allegra, cortese, oppure scontrosa, per il cinese non è del tutto possibile: 你好 va pronunciato con due terzi toni. Questo inevitabilmente produce una corrispondenza fra il sentimento sotteso a ciò che si dice ed il sentimento del soggetto parlante.

Quali sono i doni della lingua cinese per lo studioso? La lingua cinese è una forma di arte, che unisce la pittura (la calligrafia) e il canto (la pronuncia). Raggiungere la maestria nella lingua richiede un atteggiamento simile a quello della meditazione, e ne arreca i medesimi benefici.

Conoscere la lingua cinese dà la possibilità di accedere al sapere tradizionale cinese, ovvero ad un sapere millenario in cui la dimensione umana e divina dell'uomo non erano ancora state separate. Credo che ciò sia fondamentale per un mondo globale alla deriva, in cui i valori dell'uomo sono surclassati da valori che trovano origine nella ricchezza materiale.

La mia preghiera è rivolta a Wang Xizhi, santo della calligrafia, affinché nell'era digitale non vadano dispersi i 4 tesori (carta, penna, inchiostro e calamaio) e ci sia qualcuno che perpetui questa antica tradizione, che in occidente oramai vive solo nel ricordo di qualche antica abbazia.

Ivan Cardillo

 

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