A cura di Andrea De Pascale (戴山远)
Situata nel cuore di Napoli, tra i vicoli del centro storico, un tempo era il Collegio dei Cinesi. Oggi rappresenta un punto di riferimento scientifico e culturale negli studi sinologici. La sua storia è da ricondurre a quella di Matteo Ripa, missionario italiano che si recò in Cina quando nell'impero di mezzo regnava la dinastia dei Qing (1644-1911). Presso la corte di uno dei più famosi imperatori mancesi, Kangxi, Ripa svolse attività di pittore e incisore dal 1711 al 1723. Una volta tornato in Italia, con al seguito quattro giovani cinesi e un maestro di lingua mandarina, fondò a Napoli, nel 1732, il Collegio dei Cinesi. Il collegio "aveva come scopo la formazione religiosa e l'ordinazione sacerdotale di giovani cinesi destinati a propagare il cattolicesimo nel loro paese", scrive sul sito dell'ateneo il professor Michele Fatica, storico modernista e profondo conoscitore della figura del missionario nato a Eboli. Siamo agli albori di quella che diventerà poi l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale", la più antica scuola di sinologia e orientalistica del continente europeo. Dopo quasi tre secoli dalla sua istituzione, oggi rappresenta uno dei centri di studio e di ricerca più importanti nel campo della sinologia.
L'ateneo intrattiene da sempre relazioni culturali con le istituzioni universitarie di numerosi Paesi. A questo proposito, abbiamo intervistato la professoressa Paola Paderni, direttrice dell'Istituto Confucio di Napoli e docente di "Politica e istituzioni della Cina contemporanea" presso l'Università "L'Orientale", per sapere che tipo di collaborazioni e interazioni l'ateneo ha con il mondo cinese e quali attività svolge, assieme al suo Istituto Confucio, per promuovere le relazioni con la Cina.
Abbiamo cominciato la nostra intervista partendo da una importante competizione che l'Istituto Confucio di Napoli ha ospitato lo scorso 20 aprile: le selezioni nazionali per la 17esima edizione del "Chinese Bridge", un concorso internazionale promosso dall'Ufficio per l'insegnamento della lingua cinese agli stranieri "Hanban" del Ministero dell'Istruzione Cinese che premia le competenze e le abilità degli studenti sulla lingua e la cultura cinese.
"È la seconda volta che il 'Chinese Bridge' fa tappa a Napoli. Siamo molto contenti di averlo ospitato anche quest'anno. È un evento che lo 'Hanban' organizza ogni anno in una città diversa per promuovere un po' di competizione sullo studio della lingua cinese. Nell'edizione del 2017 si aggiudicò il primo premio una nostra studentessa".
I concorrenti hanno messo alla prova le proprie capacità sul tema "天下一家" – "Un solo mondo, una sola famiglia". "Si tratta di un tema come sempre molto aperto. 'Tianxia' è un termine molto antico che chi si occupa di Cina conosce molto bene. Per quanto riguarda 'Yijia', invece, sappiamo quanto la Cina voglia essere sempre molto aperta. Anche la diffusione della propria cultura è fatta soprattutto per includere. Il cinese come lingua veicolare, questo penso sia lo spirito. E aggiungo inoltre che ciò sposa senz'altro l'atteggiamento assunto dalla Cina in questi anni, almeno da quello che capiamo attraverso i discorsi che vengono fatti ad altissimo livello, che sono di apertura e certamente non di chiusura".
Punti di incontro tra Oriente e Occidente, gli Istituti Confucio dislocati in ogni angolo del mondo hanno come missione principale la promozione dello studio e della conoscenza della cultura e della lingua cinese all'interno delle società straniere. La creazione del Confucio di Napoli risale al 2007, a opera dell'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale" in collaborazione con la Shanghai International Studies University (SISU).
"L'Istituto Confucio dell'Università 'L'Orientale' di Napoli è stato il secondo a essere istituito in Italia, dopo quello di Roma. L'anno scorso abbiamo festeggiato i primi dieci anni dalla sua fondazione. 'L'Orientale' vanta una storia tra le più antiche per l'insegnamento della cultura e della lingua cinese, era quasi un nostro dovere aprire anche qui una sede dell'Istituto, dato che, insieme all'Università, possiamo meglio portare avanti la nostra missione, che è quella dell'insegnamento della lingua, della storia e della civiltà cinese".
Negli anni l'Istituto Confucio di Napoli ha dato un grande impulso alla conoscenza non soltanto della lingua, di cui si occupa prevalentemente la parte cinese, ma anche di tutto ciò che ruota attorno a essa. Questo grazie anche al lavoro svolto dai suoi direttori che si sono succeduti fino a oggi.
"Per quanto riguarda la parte italiana, abbiamo tutti compiuto un percorso di studi fortemente incentrato sulla Cina. Naturalmente, ciascuno ha la sua specializzazione all'interno della conoscenza della cultura cinese. La professoressa Palermo, che mi ha preceduta, ha molto puntato, ad esempio, sul suo progetto "MilleunaCina", volto a presentare le svariate sfaccettature della Cina, del passato come del presente. Io mi inserisco in questo stesso tipo di filone. Penso che sia importante promuovere una Cina anche contemporanea, che parte sì da un passato che è assolutamente ricco e glorioso, ma che anche oggi riesce ad esprimere ad altissimo livello grandi personalità nel campo della letteratura, dell'arte, ecc.".
Quanto ai progetti che l'Istituto Confucio porta avanti da diversi anni, la professoressa Paderni ritiene che la città di Napoli si sia rivelata molto aperta a raccogliere tutto quanto da loro offerto. L'anno scorso è stata messa in scena nella prestigiosa cornice del Teatro di San Carlo di Napoli – il teatro d'opera più antico d'Europa, costruito nel 1737 per volere del Re Carlo III di Borbone – la pièce "Il padiglione delle peonie", opera tradizionale "kunqu" scritta dal drammaturgo di epoca Ming Tang Xianzu. Questo spettacolo è il frutto di una collaborazione tra l'Università "L'Orientale", l'Istituto Confucio di Napoli e il Teatro di San Carlo.
"L'Istituto Confucio è già molto conosciuto in città. L'anno scorso abbiamo portato l'opera tradizionale cinese al San Carlo di Napoli, che ha fortemente creduto nella possibilità di poter includere uno spettacolo così tipicamente cinese nel suo programma autunnale, rivolto quindi a un pubblico aperto anche ai non addetti ai lavori. Questo dice molto: hanno creduto e hanno saputo affidarsi al Confucio di Napoli, sapendo che l'Istituto aveva le capacità per portare al San Carlo, uno dei teatri più importanti d'Europa, uno spettacolo all'altezza di quelli che vengono comunemente messi in scena sul suo palcoscenico".
"E in questa ottica intendiamo continuare", aggiunge la direttrice del Confucio di Napoli. "Abbiamo progettato per quest'anno molte attività che speriamo di poter realizzare in contesti sempre cittadini. Non vogliamo rimanere chiusi all'interno delle nostre mura, ma essere in contatto con la città e con la regione. Dopo il San Carlo, abbiamo in mente di organizzare una mostra in collaborazione con il museo archeologico di Napoli. Abbiamo del materiale interessante per un pubblico molto più vasto di quello che, normalmente, può essere interessato alla Cina per scelta. Ma dobbiamo prima aspettare che ci siano i finanziamenti e l'approvazione dello Hanban. Al momento, vi posso solo dire che questa mostra dovrebbe essere dedicata al teatro delle ombre cinesi, con una collezione privata che è già disponibile in Italia e che verrà messa a disposizione del Confucio. Insomma, una cosa molto importante che sarebbe bello poter portare nella città di Napoli".
Ma il lavoro svolto dall'Istituto Confucio di Napoli costituisce soltanto una parte del complesso di attività intraprese con l'ateneo campano al fine di promuovere gli scambi con la Cina. Vero e proprio centro di eccellenza per gli studi di sinologia, l'Università "L'Orientale" ha stipulato accordi di cooperazione didattica e scientifica con numerose università cinesi.
"Al momento, 'L'Orientale' ha accordi con 25 università cinesi, molti dei quali risalgono alla metà degli anni '80. Avendo noi una tradizione di studi sinologici, quando la Cina alla fine degli anni '70 si è aperta al mondo, abbiamo subito cominciato a fare accordi con università cinesi. Penso all'Università "Renda" di Pechino o all'Università "Fudan" di Shanghai. E sono normalmente molto utilizzati sia in entrata che in uscita. I nostri studenti possono frequentare generalmente periodi piuttosto lunghi in Cina. A questo poi si aggiunge il Confucio, che offre borse di studio e quindi ulteriori contatti con università cinesi. I 25 accordi siglati da "L'Orientale" di Napoli prevedono, essenzialmente, scambio di studenti e di docenti. Vi do qualche dato sulla mobilità del 2017: 60 sono stati gli studenti in entrata e 28 quelli in uscita, mentre per quanto riguarda il personale docente abbiamo avuto 7 docenti in entrata e 6 in uscita. La nostra università offre anche corsi di studio per l'insegnamento della lingua italiana. Questo fa sì che esistano molte convenzioni legate allo studio dell'italiano".
Tra gli studenti incoming che si trovano adesso a Napoli per motivi di studio c'è anche Ma Xiaolu, allieva di un rinomato italianista cinese che insegna all'Università di Lingue Straniere di Pechino, Wang Jun. Ma Xiaolu ci ha lasciato una piccola testimonianza in merito alla sua esperienza di studio in Italia: "L'ateneo campano, oltre ad avere un Dipartimento specializzato negli studi sinologici, è dotato anche di un Istituto Confucio. Per noi cinesi viene quindi a crearsi un'atmosfera di forte intimità tra le mura di questa università. 'L'Orientale' svolge sicuramente un ruolo molto importante ai fini della diffusione della cultura cinese in Europa. In qualità di dottoranda dell'Università di Lingue Straniere di Pechino e dell'Università 'L'Orientale' di Napoli, la mia ricerca, qui, è orientata principalmente verso la letteratura e il pensiero di epoca rinascimentale. E l'ateneo campano mi fornisce senza alcun dubbio risorse di ottima qualità".
Ma le convenzioni finalizzate allo studio della lingua italiana non sono le uniche firmate dall'Università "L'Orientale" di Napoli. "Ci sono anche convenzioni che riguardano l'archeologia, aspetti di scienze sociali, le minoranze, ecc. Abbiamo, per esempio, un accordo con la 'Minzu Daxue'. O, ancora, ci sono accordi con il 'China Tibetology Research Center' di Pechino, dato che qui, oltre al cinese, si studia anche il tibetano. Va detto, inoltre, che 'L'Orientale' non è una università dove si insegnano soltanto le lingue. La lingua è solo uno strumento per introdurre il paese nella sua interezza", continua la direttrice del Confucio.
Il cinese si sta affermando sempre più come lingua veicolare, soprattutto per le attività tecniche e scientifiche. Per rispondere alla crescente domanda di docenti di lingua cinese nelle scuole primarie e secondarie, l'Istituto Confucio di Napoli ha attivato un master di secondo livello in Didattica della lingua cinese, unico in Italia, che punta alla formazione di insegnanti specializzati. A questo proposito, abbiamo chiesto alla professoressa Paderni perché un giovane dovrebbe decidere di investire sul proprio futuro con lo studio della lingua e della cultura cinese.
"Penso che la conoscenza della lingua cinese costituisca certamente un valore aggiunto. La Cina è al centro del mondo, oggi sicuramente molto più di prima. Penso, ad esempio, a 40 anni fa, quando ho cominciato a studiare cinese ed eravamo in pochissimi a farlo. 'L'Orientale' vanta una lunga tradizione in questo campo e oggi cerca di diversificare il più possibile l'offerta didattica, con percorsi di studio non soltanto strettamente letterari, ma anche legati, ad esempio, alle relazioni internazionali. È dagli anni '70 che 'L'Orientale' ha un corso di Scienze Politiche che prevede anche lo studio del cinese. E questa è stata per lungo tempo una peculiarità che ha avuto solamente il nostro ateneo".
Ma sulle opportunità lavorative che lo studio del cinese offre oggi nel 2018, la direttrice del Confucio di Napoli aggiunge: "Credo che i nostri studenti riescano a trovare lavoro. Certo, hanno bisogno poi di raffinare le loro conoscenze, diventando esperti di qualche cosa in particolare. La conoscenza della lingua e del paese è tutt'ora un elemento fondamentale per potersi inserire in un mondo del lavoro che vuole avere rapporti con la Cina, di qualunque tipo essi siano. Ma il cinese in quanto tale non basta. C'è bisogno che sia arricchito intanto dalla passione e dall'interesse e poi anche da altre conoscenze che bisogna accumulare nel percorso di studi. Spesso ci troviamo di fronte a un gran numero di studenti che sentono una forte pressione da parte dei genitori e pensano che col cinese poi potranno sicuramente trovare un lavoro. Non è esattamente così. Queste cose funzionano quando c'è non soltanto una vera passione, ma anche una capacità di studiare a fondo, diventando realmente esperti di qualcosa".
Oltre a svolgere l'incarico di direttrice dell'Istituto Confucio di Napoli, la professoressa Paderni insegna anche "Politica e istituzioni della Cina contemporanea" agli studenti che frequentano corsi di laurea magistrale presso l'Università "L'Orientale". In quanto profonda conoscitrice della realtà cinese, le abbiamo chiesto un suo breve commento sulla Cina di oggi: "Certamente è un momento importante che guardiamo con grande attenzione. La Cina sembra aver trovato in questa leadership una certa stabilità. C'è un atteggiamento del paese che è di apertura e sembra esserci la volontà di andare avanti con le riforme. E c'è anche un'apertura verso la risoluzione di questioni che riguardano un po' tutti quanti. Sa, ho visto la Cina cambiare negli ultimi 40 anni in un modo veramente radicale. I risultati, però, vanno giudicati sul lungo periodo. Bisogna aspettare ancora degli anni per capire se veramente tutto quello che è successo sotto la dirigenza di Xi Jinping potrà avere degli effetti veramente positivi e duraturi".
E a proposito dei recenti attriti commerciali con gli Stati Uniti: "I cinesi sono troppo intelligenti per accontentarsi del fatto che loro sono in una situazione di apertura rispetto ad altri che non lo sono. Non conviene a nessuno essere chiusi. E i cinesi lo capiscono bene. Non si può essere aperti a metà. Conviene a chiunque che ci siano più persone che si comportino in un modo utile per tutti. Credo che i cinesi quando parlano di win-win, lo intendano sempre in questi termini. Chiaramente, devono anche scontrarsi con le loro difficoltà interne, innanzitutto, e poi anche con quelle esterne. Ma la Cina di questi ultimi anni ha sempre cercato di trovare delle risposte, mostrando la capacità di adattarsi con flessibilità a tutte le sfide cui si è trovata dinanzi. Anche lì dove ci sono, forse, degli aspetti che possono preoccupare, sono sempre fiduciosa che poi le cose vadano avanti nel migliore dei modi".