Le nuove Vie della Seta: l’iniziativa, le prospettive e i rischi

Matteo Bressan 2019-12-25 13:26:39
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Nel settembre del 2013, il Presidente Xi Jinping, durante la sua visita in Kazakhstan all’Università di Nazarbayev, illustrava l’idea di una cintura economica della via della seta, seguita dalla volontà, annunciata un mese dopo presso il Parlamento indonesiano, di costruire la via della seta marittima del XXI secolo. Quello che apparentemente potrebbe sembrare un piano d’investimenti senza precedenti nella storia è, in realtà, qualcosa di più complesso che andrebbe definito come il più ambizioso progetto economico e diplomatico dalla fondazione della Repubblica popolare cinese. La Belt & Road Initiative (BRI) è un’iniziativa di dimensioni colossali, oltre 1.400 miliardi di dollari da investire nei prossimi 5-10 anni, con l’obiettivo di creare infrastrutture in circa 65 Paesi che comprendono 4,5 miliardi di persone, tre quarti delle riserve energetiche e un terzo del prodotto interno lordo globale, su una superficie pari al 35% del globo[1]. Il piano infrastrutturale promosso dal Presidente Xi Jinping ha già ricevuto finanziamenti per 113 miliardi di dollari e si prevede che alla fine ne costerà 5 trilioni. Pensata non soltanto come un’iniziativa infrastrutturale, la Nuova Via della Seta vuole essere la risposta della Cina alla crisi del 2008, la ristrutturazione di uno spazio geopolitico euroasiatico e la definizione di un nuovo modello di cooperazione win – win[2]. La Cina, forte dei numeri che nel 2017 l’hanno vista contribuire per più del 30% alla crescita globale, con una classe media che nel 2020 sarà di 230 milioni di persone, con 800 milioni di internauti, ha chiesto alle altre nazioni di costruire insieme un destino comune per l’intera comunità.

Seppure in ritardo rispetto ad altri Paesi, l’Italia si sta ritagliando un ruolo di primo piano nella BRI, come confermato dalla partecipazione del Premier Paolo Gentiloni, unico leader del G7 presente all’evento, al Belt and Road Forum del 14 – 15 maggio 2017 a Pechino. L’interesse verso la BRI è stato confermato dall’attuale Governo italiano, dall’azione del Sottosegretario allo Sviluppo Michele Geraci, attraverso la costituzione della Task Force China e dal Parlamento, che sta discutendo una mozione, promossa dal Presidente della Commissione Esteri del Senato, Vito Petrocelli, con la quale si chiede di inserire, nella BRI, oltre ai porti di Trieste e Genova, anche infrastrutture portuali del sud Italia. A conferma del dinamismo delle autorità portuali italiane, proprio a metà febbraio del 2019, le autorità portuali di Venezia e Chioggia insieme a quella del Pireo hanno siglato un memorandum d’intesa che si pone l’obiettivo di rafforzare i traffici e i rapporti tra i due scali marittimi[3]. La dimensione portuale tuttavia non è l’unico parametro di valutazione per integrarsi nella BRI, bensì la natura profonda dei territori urbani e la loro capacità di creare innovazione[4].

’ammodernamento dei porti italiani non ha però un impatto soltanto negli equilibri mediterranei ma implica una possibile competizione con i porti del Nord Europa, preoccupati della possibilità che il Mediterraneo possa diventare l’hub d’ingresso della Cina nella Ue. LIl Mediterraneo e l’Italia sono quindi nelle condizioni di avere un ruolo decisivo nella BRI, a patto che vi siano risposte politiche ed infrastrutturali in tempi adeguati. Sotto il profilo ferroviario, la piccola cittadina di Mortara, in provincia di Pavia, ha visto partire il 28 novembre del 2017 il primo convoglio ferroviario di merci diretto a Chengdu, impiegando circa 18 giorni a fronte dei 60 che se ne impiegano via mare. Mortara, grazie agli investimenti, 87 milioni, della Fondazione Banca del monte di Pavia e della partnership con il colosso Changjiu Logistic, ha sviluppato dal nulla un polo logistico, esteso ben 700.000 metri quadrati, divenuto nel giro di pochi anni uno dei top ten per l’intermodalità ferro – gomma con oltre 50 mila container transitati ogni anno. La cittadina, situata in una zona strategica tra i corridoi europei di Lisbona Kiev e Genova Rotterdam, nonché vicina alle

autostrade per Milano, Bologna e Torino si prepara ad accogliere i treni che partiranno direttamente da Chengdu, il capoluogo della provincia di Sichuan, situata 11 mila chilometri di distanza. La merce, una volta giunta nel cuore della Pianura Padana, verrà passata sui Tir e in poche ore arriverà nel centro Italia. La banchina di carico e scarico di Mortara è infatti in grado di ospitare treni merci lunghi fino a 750 metri e 60 container[5]. Nonostante le potenzialità dell’infrastruttura, ad oggi il servizio ferroviario Mortara Chengdu non ha ancora raggiunto quella necessaria frequenza che gli operatori si erano prefissati e l’obiettivo di venti maxi convogli alla settimana, preventivato per il 2020, non sembra ancora essere raggiungibile[6].

Come tutti i grandi progetti, anche la BRI si dovrà confrontare con una serie di minacce non convenzionali che, dal terrorismo alla criminalità organizzata, alle crisi in atto in Afghanistan e nel Medio Oriente, per poi attraversare le regioni balcaniche, determinano tensioni e crisi anche in Europa. Al pari di questa tipologia di sfide non mancano le preoccupazioni di diversi paesi europei rispetto alle acquisizioni ostili in arrivo da fuori Europa, con particolare riferimento alla Cina ma anche ai fondi sovrani dei Paesi arabi, la guerra commerciale intrapresa dall’amministrazione Trump, così come lo scontro sul 5G lasciano aperte molte incertezze e ulteriori possibili crisi diplomatiche che potrebbero avere ripercussioni anche sull’andamento della BRI. Timori che tuttavia sembrano essere superati dai benefici condivisi e distribuiti che la BRI potrebbe garantire. Proprio perché raramente l’apertura di linee di comunicazione può essere vista come una strada a senso unico, la Nuova Via della Seta resta, ad oggi, l’indispensabile legame che manca al commercio mondiale da 300 potendo, potenzialmente, integrare il commercio pacifico ed atlantico[7].


L’autore è docente di Relazioni internazionali presso la Lumsa


[1] AA. VV., Geopolitica del mare – Dieci interventi sugli interessi nazionali e il futuro marittimo dell’Italia, Ugo Mursia Editore 2018

[2] M. Bressan e D. Savignoni, Le Nuove Vie della Seta e il ruolo dell’Italia, Pacini Editore 2018

[3] Porti, intesa Venezia – Pireo per rafforzare i traffici, Adnkronos 11 febbraio 2019 https://www.adnkronos.com/soldi/economia/2019/02/11/porti-intesa-venezia-pireo-per-rafforzare-traffici_qQ33VUz06arJ79dLUg3EvJ.html

[4] Z. D’Agostino, Trieste, nodo della Via della Seta nel mare Adriatico orientale, in Le Nuove Vie della Seta e il ruolo dell’Italia, Pacini Editore 2018

[5] M. Sasso, Se i cinesi sbarcano a Mortara, «La Stampa», 19 luglio 2017

[6] A. Carli, Nuovo tentativo per trasportare merci su rotaia dall’Italia alla Cina, Il Sole 24Ore 30 luglio 2018 https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-07-30/nuovo-tentativo-trasportare-merci-rotaia-dall-italia-cina-112941.shtml?uuid=AETKxPUF&refresh_ce=1

[7] A. Politi, Quando nasce una grande strategia: la Belt and Road Initiative, in Le Nuove Vie della Seta e il ruolo dell’Italia, Pacini editore.




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