«Pechino rispetta l’alleanza tra l’Italia e gli Stati Uniti»

Corriere della Sera 2020-05-21 15:00:51
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diGuido Santevecchi

L’ambasciatore Li Junhua rappresenta la Repubblica popolare cinese in Italia.
Come vede da Roma la strategia italiana per fermare l’epidemia? Secondo lei abbiamo adottato il «Modello Wuhan»?
«Per controllare l’epidemia non esiste un modello fisso e valido per tutti i Paesi, occorre invece avere misure ad hoc per ciascun Paese, guidate dai risultati. Credo che l’Italia abbia fatto una sintesi dei punti di forza e delle differenze e messo in atto un modello di contrasto dell’epidemia che le si addicesse. Un modello che prevede di salvare le vite al primo posto e al contempo un serrato e diffuso “stare a casa”; un modello con una chiara guida da parte del governo centrale e al contempo con la possibilità di intraprendere azioni locali e con un incoraggiamento della pubblica partecipazione. La realtà dei fatti dimostra che tutti questi sono atteggiamenti corretti, efficaci e che hanno condotto a un evidente rallentamento dell’epidemia».Siamo entrati nella Fase 2, troppo presto? Che cosa consiglierebbe agli italiani: mascherine sempre, per evitare il contagio?
«Con l’impegno protratto per mesi del governo e dei cittadini, l’Italia è uscita dal momento più buio dell’epidemia ed è entrata in nuova fase. Ho visto tutto questo da vicino ed esprimo la mia profonda ammirazione e le mie congratulazioni per i risultati raggiunti. Credo che la “Fase 2” continuerà a progredire in sicurezza. La più grande prova che ogni governo ha davanti, ora, è trovare l’equilibrio tra la prevenzione di un’ondata di contagi di ritorno e le attività di stimolo per la ripresa economico-sociale. Dico sempre che il metodo migliore è quello più adatto a sé stessi. Credo che il popolo italiano farà tesoro dei risultati per niente scontati ottenuti sinora e che si comporterà in base alle indicazioni degli esperti nella “Fase 2”, continuando a indossare le mascherine, a lavare le mani e a mantenere il distanziamento sociale, insieme alle altre prassi per la prevenzione».
C’è un aspetto della risposta italiana all’emergenza che ha segnalato a Pechino come degna di nota?
«Quello che mi ha più colpito è stato come l’Italia abbia sempre rispettato la realtà dei fatti, tarato le misure su basi scientifiche e come i cittadini abbiano partecipato. Nelle otto settimane di “chiusura” ho visto il rispetto dell’Italia per la vita e l’attenzione alla salute; ho visto la professionalità, il coraggio e il senso di responsabilità del personale sanitario impegnato in prima linea; ho visto il senso di solidarietà, ottimismo e rispetto delle regole della popolazione. Ho visto anche l’Italia avviare attivamente la cooperazione mondiale per la lotta alla pandemia, sentendosi sulla stessa barca con gli altri Paesi, Cina compresa, per affrontare insieme le avversità».
La globalizzazione è in terapia intensiva, prognosi incerta... Ci siamo accorti di essere dipendenti dalla Cina anche per le mascherine; abbiamo visto che se si fermano le vostre catene di approvvigionamento industriale si paralizzano le nostre fabbriche. Così molti politici ed economisti sostengono che bisogna riportare nei nostri Paesi linee produttive e industrie strategiche. Un rischio per la Cina?
«La pandemia da Covid-19 non può e non deve essere il “funerale” della globalizzazione, al contrario, deve essere un catalizzatore in grado di far uscire la globalizzazione dalla “terapia intensiva” e spingerla verso uno sviluppo sano. La formazione e lo sviluppo di catene di produzione e di fornitura globali è il risultato della regolamentazione dei mercati e del ruolo giocato dalle imprese. Tutelare delle catene di produzione e fornitura globali aperte, stabili e sicure risponde agli interessi comuni di tutti i Paesi. Molti investitori hanno i loro asset produttivi in Cina, perché apprezzano le capacità e l’efficienza del settore manifatturiero cinese, ma ancor di più perché danno importanza al potenziale e alla crescita del mercato dei consumi cinese. Gli ultimi dati mostrano che nel mese di aprile gli investimenti esteri realmente utilizzati sono stati pari a 70,36 miliardi di renminbi, con un incremento del 11,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Nell’ultimo periodo, il governo cinese ha intrapreso una serie di 6 azioni importanti per stabilizzare il commercio e gli investimenti esteri da applicare a tutte le aziende in Cina. In realtà, la ripresa completa ed effettiva del lavoro e della produzione in Cina ha già risollevato la fiducia complessiva ed è stata di aiuto perché il mondo intero si mettesse all’opera per far ripartire l’economia. È necessario un avvertimento: alcuni politici promuovono con entusiasmo lo stop e il trasferimento delle linee produttive o la sospensione delle catene di fornitura. Tale atteggiamento equivale alla diffusione di “un virus politico”. Non so chi potrebbe trarne profitto, ma certo non sarebbe la maggioranza dei consumatori e sicuramente non porterebbe all’aumento della produttività. Gestire l’economia di mercato senza parlare del mercato stesso, questo è il vero pericolo».
Il governo italiano nel marzo 2019 ha aderito alla Belt and Road Initiative: in cambio furono annunciati investimenti cinesi per meno di 3 miliardi di euro. Il ministro Luigi Di Maio disse: «Aspettiamo un anno per fare i conti sul volano della Via della Seta per la nostra economia». Purtroppo un anno dopo stiamo facendo i conti con perdite di vite umane e disastro economico. Che cosa possiamo aspettarci ora, ragionevolmente, dal rapporto Italia-Cina?
«In base agli ultimi sondaggi cinesi, da gennaio ad aprile 2020, l’interscambio commerciale tra la Cina e i Paesi lungo la “Belt and Road” (Via della Seta) ha raggiunto i 2.760 miliardi di renminbi, con una crescita dello 0,9%, un risultato non trascurabile in un momento di pandemia. La cooperazione per la Via della Seta è un processo di promozione a lungo termine basato sul vantaggio comune, su molteplici forme di cooperazione e risultati diversificati. Ad esempio, l’Italia ha emesso per la prima volta i “panda bond” in Cina; ha partecipato alla China International Import Expo e ottenuto importanti risultati. I due Paesi hanno da poco siglato un accordo per l’esportazione in Cina di riso e carni bovine italiane e le aziende cinesi hanno investito nella “Motor Valley” italiana. Ancora più importante è il fatto che la Via della Seta non ha solo avvicinato i due Paesi in termini di commercio e investimenti, ma anche migliorato il sentimento di amicizia tra i due popoli e gli scambi culturali. Di fronte a una pandemia senza precedenti, i popoli dei nostri due Paesi hanno dimostrato la volontà di sostenersi a vicenda e di affrontare insieme la difficoltà. La connessione tra persone, la vicinanza tra cuori, il rispetto culturale sono la base fondamentale per lo sviluppo della cooperazione. Non dobbiamo permettere all’epidemia di spezzare né la Cina né l’Italia. Nella situazione attuale, dobbiamo, invece, riflettere su come, sotto l’egida della Via della Seta, far riprendere completamente e rafforzare la cooperazione in tutti i settori, per aiutare la ripartenza e la forte ripresa economica post-pandemia. Dopo la pioggia viene sempre il sereno, su questo non ho dubbi e sono fiducioso».
Il ministro Di Maio, che è il grande sostenitore del rapporto con la Repubblica popolare, ha detto al Corriere che «la Cina è un partner, gli Stati Uniti l’alleato principale». Che ne pensa?
«Rispettiamo l’alleanza che esiste tra Italia e Stati Uniti, al contempo non crediamo che questa debba diventare un ostacolo alla partnership tra Italia e Cina. Le nostre sono due civiltà antichissime che godono di grandi tradizioni culturali e credono nei rapporti basati sull’affinità, sperano che gli amici dell’altro possano diventare anche propri amici o almeno che non diventino nemici. Apprezziamo che l’Italia conduca la sua politica estera in modo autonomo e indipendente basandosi sui propri interessi. La Cina è disponibile, sulla base del rispetto reciproco, a promuovere il partenariato strategico globale con l’Italia e facendo sì che i contatti continui migliorino l’amicizia e che la cooperazione porti benefici per i popoli dei due Paesi».
C’è un nuovo progetto di Via della Seta sanitaria? E a parte il flusso di materiale utile a contenere il coronavirus, che cosa può significare d’altro? Ha un valore politico o può rappresentare un vantaggio economico anche per l’Italia?
«Il presidente Xi Jinping nel 2016 aveva già proposto di mettere in atto un impegno congiunto per creare una “Via della Seta della Salute”, ovvero rafforzare la cooperazione in materia sanitaria tra i Paesi lungo la Via della Seta e creare uno sviluppo sano. Dopo la lotta alla pandemia, la promozione di questa “Via della Seta della Salute” appare ancora più significativa. Rafforzare la cooperazione di mutuo vantaggio in ambito di prevenzione delle epidemie, di sostegno sanitario, di ricerca medica, di formazione di personale e nel campo di tutela della salute; aumentare la capacità di reazione alle situazioni sanitarie improvvise, tutto questo diventerà contenuto importante della “Via della Seta della Salute”. In ambito sanitario, Italia e Cina hanno sia necessità comuni sia ottime basi per la cooperazione. Il “Piano di azione per la cooperazione nel settore sanitario e scienze mediche 2019-2021” e il relativo “Programma di attuazione” firmati dai due Paesi contengono già disposizioni in questo senso. In generale, l’obiettivo centrale della Via della Seta della Salute è quello di migliorare la salute e il benessere comune di tutte le persone. L’Italia gode di molti punti di forza in ambito sanitario e attendiamo un suo ruolo forte nel discorso».
Per anni la vostra presenza diplomatica nel mondo è stata silenziosa, molto riservata, perché ora molti ambasciatori della Repubblica popolare cinese alzano il volume? Si parla di “Wolf Warrior” per la battaglia di dichiarazioni ingaggiata dalla diplomazia cinese. Lei è un Lupo Guerriero?
«Nel Dna dei cinesi è iscritta l’importanza della pace e l’idea di contraccambiare il rispetto ricevuto con il doppio. Quindi, la politica estera della Cina si è sempre basata su mutuo rispetto, trattamento egualitario e cooperazione di mutuo vantaggio. Ciò che ci dispiace è che c’è sempre qualche politico o gruppo che diffonde pregiudizi e inimicizia nei confronti della Cina e nell’ultimo periodo ha usato l’epidemia per riprendere diffamazioni e screditare la Cina. Senza far riferimento al grande sacrificio che il popolo cinese ha fatto nella prevenzione e nel controllo dell’epidemia, solo tra marzo e aprile di quest’anno la Cina ha esportato in totale 27,8 miliardi di mascherine e 130 milioni di tute protettive e 73,41 milioni di kit per tamponi e 49.100 respiratori. Tutto ciò ha contribuito fortemente al contrasto all’epidemia. Le chiedo, le sembrano giuste le diffamazioni ai danni della Cina? Le sembrano etiche? Per questo, i diplomatici cinesi debbono spiegare la verità dei fatti ai cittadini e ai media del Paese in cui si trovano in missione, chiarendo l’origine dei fatti e le ragioni. Tutto ciò al fine di difendere equità e giustizia per la Cina, ma anche per tutelare l’etica a livello internazionale. Sono convinto che il corpo diplomatico di qualsiasi Paese di fronte alla stessa situazione reagirebbe allo stesso modo. Credo, personalmente, che l’etichetta di “Wolf Warrior” non sia adeguata, forse sarebbe una metafora più azzeccata parlare di “Kungfu Panda”».
Lavorate ancora alla visita in Cina del presidente Mattarella che era prevista per la seconda metà del 2020?
«Le interazioni e l’amicizia ai vertici sono due componenti molto importanti delle relazioni bilaterali e hanno un ruolo di guida della cooperazione bilaterale in tutti i settori. Quest’anno celebriamo il cinquantenario delle relazioni diplomatiche e i rapporti bilaterali sono di fronte a nuove prospettive e opportunità di sviluppo. Abbiamo sempre mantenuto stretti contatti con le controparti italiane per svolgere il lavoro preparatorio per ogni tipo di visite ad alto livello».
I rapporti tra Cina e Stati Uniti si sono fatti ancora più tesi. Crede che la collaborazione potrà essere recuperata o pensa che resterà il clima di sfida e sospetto tra le due superpotenze?
«La cooperazione tra Usa e Cina è vantaggiosa per entrambi, lo scontro dannoso per entrambi, è provato dalla storia e dalla realtà dei fatti. Speriamo che i due Paesi possano rispettarsi a vicenda e cercare punti di convergenza e superare le divergenze, promuovere la cooperazione. Noi al contempo ci atterremo ai principi e agiremo senza timori. Nella prima fase della pandemia il popolo, le imprese e le organizzazioni della società civile hanno fornito assistenza alla Cina, ne siamo stati commossi e non lo dimenticheremo. Quando la situazione epidemica è peggiorata negli Stati Uniti, il popolo, le imprese e le organizzazioni cinesi, nei limiti delle proprie possibilità, hanno fornito aiuto. Tutto ciò ha mostrato che “Il virus è spietato, ma tra gli esseri umani c’è amore” e che tra i due popoli esiste una profonda amicizia e sentimento di umanità, che fornisce basi per affrontare insieme la sfida della pandemia. Tuttavia, alcuni politici statunitensi hanno messo da parte la coscienza e la moralità più elementare per i loro scopi egoistici, e sono arrivati al punto di diffamare e “scaricare il barile” sulla Cina, fino al punto di “opporsi alla Cina in ogni caso”. Non si può permettere che le relazioni sino-americane siano trascinate in un pantano di conflitti e scontri dalle manovre politiche di pochi. Speriamo che gli Stati Uniti e la Cina si muovano l’uno verso l’altro e ritornino sulla strada giusta al più presto. Questo nell’interesse dei popoli cinese e americano».
Per chiudere il capitolo dei sospetti sull’origine del coronavirus non sarebbe giusto aprire le porte del famoso laboratorio di Wuhan agli scienziati internazionali? Lei lo consiglierebbe al suo governo?
«L’Organizzazione mondiale della sanità e la comunità scientifica hanno chiarito più volte che il virus ha avuto origine in natura e non è stato creato in laboratorio. Dopo l’esplosione dell’epidemia, la Cina ha sempre avuto un atteggiamento aperto, trasparente e responsabile e ha avviato la cooperazione per contrastare l’epidemia sia con l’Oms sia con la comunità internazionale, anche in ambito di ricerca dell’origine del virus. Siamo d’accordo che l’Oms, al momento opportuno, effettui riflessioni, conclusioni al fine di migliorare la governance sanitaria globale e affinché in futuro la comunità internazionale sia in grado di affrontare l’emergere di nuove e importanti patologie virali. Tuttavia, alcuni singoli Paesi stanno cercando di politicizzare la questione dell’origine del virus e sono ansiosi di effettuare una “indagine internazionale” sulla “presunzione di colpevolezza”, con l’obiettivo di avanzare presunte “rivendicazioni” e “risarcimenti” nei confronti della Cina. Esprimiamo la nostra più forte condanna di fronte a tali atteggiamenti».

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