I miei insegnanti di italiano, ​pilastri del ponte di amicizia tra Cina e Italia

Wen Zheng 2020-11-03 10:09:10
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Ho iniziato a frequentare la facoltà di lingua italiana della Beijing Foreign Studies University (BFSU) nel 1993. La scelta di questa lingua si deve a due motivi, uno aperto - sono un appassionato di arte rinascimentale - e l’altro segreto - potevo evitare l’esame di ammissione all’università, soprattutto perché, a quel tempo, odiavo la matematica.

È stato il professor Wang Jun, esaminatore al colloquio, a decidere di ammettermi. Profondo conoscitore dell’umanesimo italiano, egli ha dimostrato un atteggiamento consono: saputo che ero interessato all’arte e alla letteratura, ha semplicemente rinunciato alle domande classiche del colloquio, ponendomene molte altre. Ritengo che mie risposte non l’abbiano deluso. Da allora, egli è sempre stato il mio insegnante e maestro, e le sue idee e i suoi metodi di insegnamento della lingua italiana mi hanno molto influenzato. L’amore del professor Wang Jun per l’italiano ha coinvolto non solo migliaia di studenti, ma anche la sua famiglia: una dozzina di suoi familiari e parenti sono impegnati in lavori legati all’Italia. La figlia attualmente è docente universitaria di italiano. Nel 2018, la sua traduzione de “L’Orlando Furioso” si è aggiudicata il Premio di Letteratura “Lu Xun”, il massimo riconoscimento del governo cinese per la traduzione letteraria.

La professoressa Shen Emei, famosa traduttrice di letteratura italiana ed educatrice, è stata la mia docente di letteratura italiana, soprattutto moderna e contemporanea. In un’epoca in cui l’apprendimento delle lingue straniere mirava solo a espatriare o a fare del business, la freschezza del suo pensiero era impressionante. In un cinese mandarino con l’accento del nativo Zhejiang, ella ci diceva: una lingua “non curata” non può durare nel tempo, una lingua priva di letteratura è solo un “guscio vuoto”. Quando Alberto Moravia visitò la Cina per la terza volta nel 1986, il suo interprete fu sostituito a causa del linguaggio “non curato”. L’Associazione degli Scrittori cinesi invitò quindi la professoressa Shen Emei a fare da interprete a questo scrittore di livello mondiale nel suo viaggio di esplorazione in Cina. Un mese dopo il ritorno di Moravia in Italia, ella ricevette un pacco zeppo di libri e una lettera personale dell’autore: Moravia le inviava tutte le sue opere pubblicate, pregandola di tradurle in cinese. Shen Emei si è fissata l’obiettivo di tradurre e pubblicare due capolavori letterari all’anno, un obiettivo ormai ampiamente superato, visto che ha anche compilato numerosi libri di testo e dizionari. La sua traduzione de “Il nome della rosa” è stata letta con ammirazione da decine di migliaia di cinesi.

È stato Lv Tongliu, ricercatore presso l’Accademia Cinese di Scienze Sociali e uno dei primi studiosi cinesi dell’Italia, a portarmi sulla via della traduzione e delle ricerche sulla letteratura italiana. Negli anni cinquanta del secolo scorso, non esistendo ancora scambi ufficiali tra la Repubblica Popolare Cinese e l’Italia, egli apprese l’italiano a Leningrado, in Unione Sovietica. Di poche parole, ma rapido nell’azione, egli era costantemente al lavoro. Amico di numerosi scrittori, critici ed esponenti del settore culturale dell’Italia, ha tradotto un gran numero di opere letterarie italiane e stimolato il più possibile gli studi sull’Italia in tutta la Cina, influenzando due generazioni di studiosi cinesi dell’Italia, che lo consideravano il loro punto di riferimento. Nel 2005 la Beijing Foreign Studies University ha ospitato il XVI Seminario cinese sulla letteratura italiana. Impossibilitato a partecipare per motivi di salute, peggiorata in seguito agli anni di intenso lavoro, Lv Tongliu ha dettato dal letto dell’ospedale un lungo messaggio, in cinese e in italiano, per la cerimonia di apertura, letto in seguito dalla figlia. Nel 2000 sono state pubblicate le “Opere di Italo Calvino”, curate da Lv Tongliu, di cui, grazie alla sua fiducia e incoraggiamento, sono stato uno dei più giovani traduttori. Nel corso della cerimonia di presentazione tenuta presso l’Ambasciata d’Italia in Cina, la famosa scrittrice cinese Zhang Jie, prima del suo intervento, ha spiccato un garofano rosso da un mazzo di fiori, è salita sul podio e l’ha offerto a Lv Tongliu, dicendo: “Al ponte solitario che collega le culture di Cina e Italia.”

Ho notato per la prima volta il nome del professor Federico Masini nella versione cinese di “Italia e Cina”, uno studio accademico congiunto di Masini e del suo maestro, il professor Giuliano Bertuccioli, considerato al pari della Bibbia dagli studiosi di storia degli scambi tra i due paesi. Il mio primo incontro personale con Masini risale al 2007, durante un seminario presso l’Università Fu Jen di Taipei. Al termine della lettura della mia tesi, un giornalista di Taiwan, con intenzioni malevole, mi ha posto deliberatamente una delicata domanda di natura politica, del tutto estranea ai lavori, nell’intento di farmi fare una brutta figura in pubblico, ma la mia risposta è stata calorosamente applaudita dagli astanti, costringendo il giornalista ad andarsene con la coda tra le gambe. Sceso dal podio e tornato al mio posto, il professor Masini è corso a stringermi la mano, dicendomi in cinese: “Molto bene, poco fa ci hai fatto sudare per l’ansia”. È anche una coincidenza che il mio nome italiano sia lo stesso del “Maestro Ma” (i cinesi amano chiamarlo così), quindi parecchi amici italiani mi chiedono se ho scelto questo nome per via dell’ammirazione che nutro per lui. In seguito, nella veste di relatore della mia tesi di dottorato di ricerca, egli ha continuato a sostenermi e a prendersi cura di me. Alla Sapienza di Roma, e in tutta l’Italia, il nome di Federico Masini è ormai diventato un sinonimo dell’amicizia tra Italia e Cina e degli studi sinologici contemporanei. Egli ha dato grandi contributi alla popolarità della lingua cinese in Italia e alla sua inclusione nel programma d’insegnamento delle scuole secondarie italiane.

Benché non sia stata una mia insegnante diretta, la sinologa italiana Alessandra Lavagnino ha esercitato su di me una profonda influenza. Prima di conoscerla personalmente, ho sentito molte famose personalità parlare di lei, come Tang Yijie e Mo Yan. È stata presidente del collegio degli esaminatori nel corso della mia discussione della tesi del dottorato di ricerca. Quando mi è stato assegnato il premio del Ministero della Cultura Italiano per la migliore opera di traduzione, è stata l’ospite d’onore che mi ha consegnato il riconoscimento e che ha letto il messaggio di assegnazione. Io sono il narratore cinese del documentario commemorativo del 50° anniversario dell’allacciamento delle relazioni diplomatiche tra Cina e Italia: mai avrei immaginato che la narratrice italiana fosse lei... Forse è l’immenso entusiasmo che ha immesso nella causa degli scambi culturali tra Italia e Cina a farmi continuamente percepire il suo profondo amore per il mio paese. Alessandra Lavagnino è stata la prima a tradurre in italiano il capolavoro cinese “Wenxin Diaolong” (titolo italiano “Il tesoro delle lettere: un intaglio di draghi”), e uno dei primi esperti italiani a lavorare in Cina. L’affetto della professoressa Lavagnino per la Cina è direttamente legato alla figura del padre. Nella veste di importante esponente del mondo della cultura italiano (musicista, uno dei compositori della musica del film “Casablanca”), all’inizio degli anni cinquanta del secolo scorso, quando non esistevano ancora scambi ufficiali tra la Repubblica Popolare Cinese e l’Europa occidentale, egli fu invitato in Cina dall’allora primo ministro Zhou Enlai. Qui, girò un documentario sulla “Cina rossa”.

Gli studenti cinesi di italiano hanno tutti un “maestro” comune, il “Dizionario italiano-cinese” della Casa editrice “Commercial Press”. Pubblicato una quarantina d’anni fa e soprannominato “grande mattone verde” per via del colore della copertina, praticamente tutti ne sono in possesso. Fu compilato a partire dal 1975 da cinque-sei studiosi cinesi, che in seguito ho conosciuto personalmente. Mancava solo il consulente italiano, il cui nome è scritto sul frontespizio. Nel 2018, su invito dell’Accademia della Crusca, ho partecipato a Ravenna a una conferenza internazionale in commemorazione di Dante Alighieri. Nella piazza vicina alla sua tomba, un anziano italiano mi ha salutato in cinese: era Mario Cannella, il consulente che ha influenzato tutti gli studenti cinesi di italiano! Cannella è ancora attivo a Milano nella compilazione di dizionari nella veste di responsabile della revisione annuale del “Dizionario Zingarelli”, il più influente d’Italia. Ogni voce del “mattone verde” è intrisa del suo scrupoloso impegno. Quando l’ho chiamato “padre del mattone verde”, egli è scoppiato a ridere come un bambino.

Ogni piccolo progresso e risultato che ho ottenuto in 27 anni in campo professionale è imprescindibile dal sostegno dei miei maestri, diretti o indiretti. Se avessi spazio sufficiente, scriverei volentieri tutte le storie che ho vissuto e conosciuto personalmente. Se paragoniamo a un ponte gli scambi amichevoli tra la Cina e l’Italia, essi sono davvero i pilastri che lo sostengono.

Scritto il 10 settembre 2020, 35° Festa degli Insegnanti della Cina

L'autore è il Prof. Wen Zheng, docente di lingua e letteratura italiana presso il Dipartimento di Lingue e Culture Europee dell’Università degli Studi Internazionali di Pechino (BFSU), nonché Direttore della Sezione di Insegnamento e Ricerca dell’italiano e Direttore del Centro di Ricerca sull’Italia del medesimo Ateneo.

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