Cagliata di fagioli fermentata e gorgonzola

2020-07-06 10:35:02
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di Chen Ying

L’autore è la prof.ssa Associato in Lingua Italiana presso la Sichuan International Studies University (con sede a Chongqing, Cina). Ha una prolifica attività come traduttrice di autori italiani fra cui: Domenico Starnone, Alessandro Baricco, Elena Ferrante, Claudio Magris, Alessandro Piperno, Dacia Maraini e Tiziano Scarpa.

Quando si è in cerca di qualcosa, di solito si trova tutt’altro. Sia nel caos di casa che nella propria vita, la sensazione è più o meno la stessa e questo spiega anche il mio destino con la lingua italiana. Nell’estate del 1995, quando mi iscrissi all’università, dato che mi ero già dedicata da anni alla letteratura francese, avevo scelto la specializzazione in lingua francese, ma mi fu assegnata la lingua italiana. Sebbene la cosa mi scombussolò non poco, mi resi subito conto che quella era una preziosa opportunità e decisi di lanciarmi nel mondo italiano senza esitazione. Tutt’oggi, tengo quotidianamente lezioni di lingua italiana, faccio traduzioni e discuto con i lettori di letteratura italiana. Guardandomi indietro, posso affermare di non avere il minimo dubbio o rimpianto sul percorso intrapreso.

Ricordo benissimo che gli anni ’90 furono un’epoca romantica piena di idealismo. Quando studiavo italiano all’università, all’inizio non avevo un grande interesse, perché ogni giorno le lezioni riguardavano gli aspetti più elementari e studiavamo soltanto le frasi appositamente scritte per noi stranieri sul libro. A volte mi sedevo sul prato di fianco a una statua di Dante, sognando di potere un giorno capire le espressioni raffinate e approfondite scritte dal Sommo Poeta. L’obiettivo che mi ero posta mi sembrava concreto e chiaro, ma anche lontano. Nonostante fossi ancora alle prime armi con l’italiano, decisi di scrivere una lettera al signor Lü Tongliu, chiedendogli che tipo di esperienza ci volesse per occuparsi di traduzione letteraria e cosa bisognasse fare per prepararsi. Il Sig. Lü mi rispose in maniera affettuosa inviandomi una lettera scritta però in lingua cinese, avvertendomi dell’importanza cruciale della lingua cinese che non poteva essere abbandonata nel corso dell’apprendimento di una nuova lingua. Le istruzioni che mi diede all’epoca sono tuttora utilissime e le ho seguite sempre negli anni passati, leggendo sia libri cinesi che italiani. In particolare, nei giorni trascorsi all’estero, quando si è immersi per un lungo periodo in un’altra cultura, si sente sempre un grande riscontro nel cuore. Nelle lunghe e fredde sere d’inverno, la lettura della letteratura classica cinese mi aiutava ad affrontare la nostalgia e, al contempo, permetteva di ricordare a me stessa che sono una cinese.

In seguito riuscii ad iniziare il percorso nella traduzione letteraria, ma mi costò grande impegno. Dopo la laurea, ho sempre cercato di separare i miei sogni dalla vita quotidiana reale, senza mai dimenticare questo mio desiderio primario. Esiste un modo di dire in cinese: “Se un’idea viene costantemente ricordata, ci sarà una risonanza”. Dopo aver lavorato tre anni dopo la laurea, venni a sapere che la Beijing Foreign Language Studies University (BFSU) aveva iniziato a reclutare ricercatori specializzati in lingua italiana. Fortunatamente ho potuto iscrivermi alla BFSU, lasciando il mio posto di lavoro presso la Huawei Technology, dove facevo l’interprete in ambito tecnico. Il periodo di studio come ricercatrice alla BFSU, dove ho incontrato i miei due maestri Shen Emei e Wang Jun, corrisponde all’inizio del momento più felice della mia vita. Durante la primavera del 2003, l’anno in cui esplose l’epidemia di SARS, mi sedevo accanto alla prof.ssa Shen sul banco del giardino di lettura e proprio lì, un giorno, mi spiegò i problemi della mia traduzione di Castelli di rabbia, il primo libro che ho tradotto. Quel giorno, mi ha portato una mascherina di stoffa chiedendomi di indossarla. Anche lei ne indossava una. Il sole primaverile era piacevole e i fiori degli alberi alle nostre spalle cominciavano a sbocciare. Leggevamo insieme le bozze di traduzione. Il suo accento di Shanghai risuona ancora oggi nella mia mente. Nel corso della mia vita, ho conosciuto tante persone e ho letto tantissimi caratteri scritti da loro, i quali mi hanno dato la forza per andare avanti.


Nel periodo trascorso a Macerata per studiare, oltre ad andare a scuola e in biblioteca, ho fatto amicizia con molti italiani, vivendo a tutti gli effetti la mia vita lì. Ricordo che d’estate avevo l’abitudine di prendere il treno, circa una mezz’ora di tragitto, per andare al mare a Civitanova e non ritornavo fino a sera. La mia compagna di studio, Lidia, è cresciuta al mare. Lei riusciva a pescare le vongole semplicemente tuffandosi in acqua. Cosa per cui ancora si vanta con me, perché io invece non ci riuscivo. L’acqua del mare a Civitanova è bassa, per arrivare dove l’acqua è alta occorre nuotare fino a largo. Mi sono divertita molto. Un anno, quando ero a Napoli, durante le vacanze estive stetti a casa di Lidia, accompagnandola a visitare tanti suoi parenti, compresa un’anziana signora 90enne che non si era mai sposata. Girando nel centro storico di Napoli, ho conosciuto anche i suoi fratelli e sorelle. A casa di Lidia, ho trascorso un bel periodo con la madre di Lidia, che lei chiamava “mutter” (madre in tedesco), a sottolineare quanto fosse forte e rigida di carattere. Mi piaceva bere caffè in cucina con mutter, fare delle chiacchierate e ascoltare le sue lamentele sull’ex fidanzato di Lidia, un ragazzo un po’ rozzo, che non parlava mai con lei e che era molto introverso. A volte mutter voleva parlare della vita, dicendo che la vita è amara e breve e che si vive solo una volta, per cui bisogna saper cogliere l’attimo fuggente, carpe diem. All’epoca ancora non sapevo che mi stavo preparando per la traduzione dei quattro volumi de L’amica geniale (L’amica geniale, Storia del nuovo cognome, Storia di chi fugge e chi resta e Storia della bambina perduta). Solo quando incontrai nuovamente Napoli nei romanzi di Elena Ferrante, leggendo le sue descrizioni della città, mi sono resa conto che tutto ciò mi sembrava particolarmente familiare e, in qualche modo, emotivamente vicino.

Qualche volta, anche i miei amici italiani sono stati miei ospiti a casa mia. Una volta il mio amico Giancarlo Daneu si è fermato da me a Beijing. Io non c’ero e la sera Giancarlo Daneu dimenticò di chiudere a chiave la porta di casa. Un ladro entrò dentro casa rubandogli il pc e il cellulare. Chiesi a mia sorella minore di portare Giancarlo Daneu a fare la denuncia in questura. Mi preoccupai molto, perché non sapevo bene cosa da fare. Lei mi ha raccontato poi che, invece, Giancarlo Daneu la portò prima a un mercato di seconda mano a Ciqikou a comprare dei vecchi orologi commemorativi per andare, solo dopo, in questura con estrema calma. Rimanemmo entrambe davvero stupite di come gli italiani affrontassero con grande pacatezza i problemi. In questi anni, a causa dell’influenza esercitata su di me dai miei amici italiani, sono diventata anch’io gradualmente meno ansiosa nel far fronte alle emergenze. Ovviamente anche io ho influenzato loro in qualche modo. Ad esempio, un mio amico ha piantato alberi di banano cinese nel suo giardino per ascoltare il suono della pioggia che cade sulle foglie. Non solo, ci ha messo anche una statua in bronzo di una gru della Manciuria, poiché a detta sua è di buon auspicio per la longevità.

Nell’arco di oltre 20 anni, ho conosciuto tante persone e ho visto tante cose. Sebbene le persone che ho conosciuto siano molto comuni e le cose che ho visto siano per lo più banali e di poco conto, tutto ciò mi ha fatto capire di più e vedere le sfumature di un altro mondo. Penso semplicemente che coloro che studiano una lingua straniera siano spiritualmente più ricche e che abbiano, quindi, delle esigenze leggermente più diversificate. Ad esempio, oltre a mangiare cagliata di fagioli fermentati (un alimento tipicamente cinese), mi piace anche mangiare il gorgonzola. Il loro sapore è in realtà piuttosto simile, e arrivare a comprenderlo riempie il cuore di gioia. A tale conclusione si arriva dopo una lunga esposizione a una cultura diversa dalla propria: occorre abbandonare incessantemente alcuni propri pregiudizi e iniziare pian piano ad accettare gli altri ed a conoscere il loro stile vita e la loro mentalità.

Il sogno vago che avevo durante la giovinezza inizia a prendere sempre più forma. Sullo scaffale di casa mia sono accumulate decine di libri che ho tradotto, in particolare i quattro volumi de L’amica geniale, che contano in totale più di un milione di caratteri, i quali hanno suscitato grande interesse in Cina. Al contempo capisco che le tecniche di traduzione sono un’arte nella quale ci sono diversi livelli da scalare. Sebbene io abbia tradotto dei libri e alcuni di questi siano piaciuti ai lettori, sono ancora una “tirocinante” in questo settore. E non lo dico per falsa modestia. Adesso, quando faccio lezione ai ricercatori, non soltanto indico loro i punti inaccettabili o inadeguati delle loro traduzioni, ma analizzo con loro anche gli errori commessi da me nelle mie traduzioni.

Una volta un ricercatore di lingua italiana specializzato in traduzione mi ha scritto una e-mail con la sua tesi in allegato, nella quale aveva svolto un’analisi della traduzione cinese delle opere di Elena Ferrante. Aveva trovato dei problemi di traduzione e ha preparato una lista che avrebbe voluto discutere con me. Ho ripreso i testi originali e ho fatto una seconda revisione. In seguito, ho inserito queste correzioni nel mio libretto di “lezioni” condiviso con i miei studenti. Non solo, anche alcuni lettori e redattori seri si sono accorti di alcuni problemi presenti nelle mie traduzioni e ho condotto poi un’analisi in merito. Sono una persona rude di carattere e aver dedicato la mia vita a questo lavoro raffinato mi ha migliorato molto. La traduzione è un tipo di compromesso e di interpretazione, come se si venisse sradicati per un paio di ore al giorno dalla propria identità reale e si entrasse in un altro mondo, in cui si riesce a percepire il sentimento forte della storia e si soffre e si gioisce insieme all’autore. Dopodiché si reinterpreta il tutto nella propria lingua. Ho impiegato alcuni anni per tradurre i quattro volumi de L’amica geniale e, in realtà, nella maggiore parte del tempo ho “vissuto” spiritualmente in quella parte del Mezzogiorno dove sono ambientati i romanzi, insieme ai protagonisti delle storie narrate. In molti ritengono che questo lavoro sia molto faticoso, ma grazie all’amore che nutro per la traduzione, ho potuto provare tanta gioia e non ho mai desiderato vivere una vita diversa.

Negli ultimi anni, le opere di Elena Ferrante hanno attirato l’interesse di numerosi lettori in Cina. Personalmente, penso di aver svolto un ruolo di “ponte per gli scambi culturali” tra i due Paesi. Cosa questa che potrebbe quasi spaventare una persona come me che ama una vita ordinaria e banale, ma in realtà è una straordinaria metafora. Questi libri sono come ponti invisibili che collegano le persone che vivono nei due paesi, facendo sì che si aiutino reciprocamente e compiano insieme dei passi avanti. Ad esempio, dopo la pubblicazione della versione cinese de L’amica geniale, tante ragazze mi hanno lasciato messaggi dicendo che queste opere hanno dato loro la forza di andare avanti. Ciò mi ha riempito di un inspiegabile entusiasmo e credo di aver contribuito, sebbene in minima parte, a far sì che questo divenisse possibile. Ricordo in particolare le parole di una ragazza, la quale mi ha detto: “Spero lei possa tradurre ancor più opere che vale la pena di leggere, perché questi testi sono già diventati intenzionalmente come un’oasi, un raggio di luce o un’arnia nel percorso di crescita di molte persone inclusa me stessa, dandoci coraggio ed energia”. Nel leggere queste parole ho provato una grandissima felicità, la più grande da quando ho intrapreso la mia carriera.


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