Prima dello smarrimento dei famosi fossili
dell’Uomo di Pechino, questi
erano rinchiusi nella
cassaforte dell’Ospedale
Xiehe (Union Hospital) di
Pechino.
Non molto prima dello scoppio della guerra del
Pacifico, il famoso
antropologo F.Weidenreichi,
dedito alle ricerche su tali
fossili, ritenne che neppure
l’ospedale fosse sicuro, per
cui propose di inviarli negli
Stati Uniti. Un giorno di due-tre
settimane prima dell’attacco
di Pearl Harbour, il direttore
dell’ospedale Bowen ordinò
improvvisamente di mettere i
fossili in una cassa. In
seguito 5 crani interni e 15
frammenti, 14 mascelle
inferiori e 147 pezzi di
clavicole, femori, omeri e
denti vennero avvolti in garza
e cotone, messi in due grandi
casse di legno, e portati
all’ambasciata americana per
il pronto trasporto negli
Stati Uniti al seguito dei
marines. Tuttavia da allora
dei famosi e preziosi fossili
dell’Uomo di Pechino si sono
perse misteriosamente le
tracce e finora non sono stati
ritrovati.
Alcuni dicono che i fossili siano stati caricati
sulla nave postale
“Presidente Harrison” e
poi durante il viaggio verso
Stati Uniti siano affondati
insieme alla nave; altri
dicono che la nave sia stata
catturata dalle truppe
giapponesi e i fossili siano
stati intercettati e passati
di mano in mano in Giappone,
andando persi.
Dopo la seconda guerra mondiale, le truppe
americane effettuarono ampie
ricerche in Giappone senza
alcun risultato. Nel 1972 il
ricco commerciante americano
Janius offrì una forte
ricompensa per chi avesse
trovato i fossili,
raccogliendo quindi molti
indizi, tuttavia dopo
verifiche è emerso che non si
trattava dei fossili
dell’Uomo di Pechino. Nel
1970 una donna di New York
telefonò allo scienziato
Christopher, dedito alla
ricerca dei fossili,
affermando che il marito,
prima della morte ne era in
possesso. Ossservando le foto
fornite dalla donna, il
professore di Harvard Howells
ritenne che fossero proprio
dei fossili smarriti. Tuttavia
Christopher perse poi i
contatti con la donna. Nel
1991 l’ufficiale della
Marina USA e storico Brown
ricevette improvvisamente una
lettera del dottor Forley, in
difficoltà sin dal tempo
della perdita dei fossili.
Forley diceva nella lettera di
essere in contatto con la
donna che dichiarava di
possedere i fossili, sperando
di risolvere quanto prima
l’enigma del loro
smarrimento. Tuttavia
sfortunatamente nell’autunno
del 1992 il dottor Forley morì.
Alla fine del 1970 il New York Times pubblicò una
pubblicità di un medico
chiamato Williams, in cui
questi affermava di essersi
impadronito di tre tracce
sull’Uomo di Pechino: 1. i
fossili erano conservati nella
famiglia di un amico a Tianjin;
2. si trovavano all’Istituto
di ricerca Pasteur creato dai
francesi a Tianjin; 3. erano
conservati in un’azienda
aperta da svizzeri a
Tianjin. Per questi motivi
l’Ufficio di Pubblica
Sicurezza della città di
Tianjin costituì un gruppo
speciale d’indagine su
questo “caso segretissimo”,
che poi negò le tre tracce.
Durante la Rivoluzione
culturale avvenuta negli
‘60-‘70, comparve un
libretto dal titolo “Il
sanguinoso passato
dell’Ospedale Xiehe” che
affermava che i fossili
dell’Uomo di Pechino non
erano mai espatriati, tuttavia
dell’autore si persero le
tracce. Non molto tempo fa
sulla base di più anni di
indagini l’antropologo
cinese Zhou Guoxing ha
scoperto una nuova traccia:
alla vigilia dell’incidente
di Pearl Harbour, una guardia
dell’ingresso secondario
della sede generale dei
marines e dell’ambasciata
americana vide due persone
seppellire una grande cassa
nel cortile posteriore
dell’ambasciata. Secondo lui,
il contenuto potrebbero essere
stati i fossili dell’Uomo di
Pechino. Zhou Guoxing ha
trovato il sito, tuttavia
sopra vi sono state costruite
case, per cui è impossibile
procedere a scavi.
I fossili dell’Uomo di Pechino, andati persi da
decenni, rimangono introvabili.
Il defunto Primo Ministro
cinese Zhou Enlai affermò:“Il
sinantropo di Pechino è stato
consegnato da alcuni cinesi a
certi americani affinchè lo
conservassero e poi è stato
smarrito dagli americani;
scienziati coscienziosi devono
trovarlo.”
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