Il recupero delle antichità e delle opere d'arte all'estero
  2015-07-02 17:35:55  cri

Tutti sanno che la Cina e l'Italia sono due antichi paesi dalla splendida civiltà. Oltre ai siti culturali, a testimoniarlo sono anche gli innumerevoli reperti, opere d'arte e beni culturali conservati non solo nei musei cinesi e italiani, ma spesso, anche in quelli di altri paesi del mondo. Nei grandi musei di molti paesi, in particolare Francia, Gran Bretagna, Usa e Giappone, si possono ammirare molte antichità e opere d'arte provenienti dalla Cina, alcune di grandissimo valore storico e artistico.

Secondo i dati dell'Unesco, le antichità e opere d'arte di origine cinese all'estero ammontano a un milione e 670 mila, sparse in 47 paesi del mondo. Alcune sono espatriate attraverso scambi culturali e commerciali, ma la maggior parte sono state sottrate alla Cina nel corso di conflitti o di traffici illegali. Quindi gli inviti al recupero di questi beni culturali sono inevitabili. L' esempio più clamoroso è stato la vendita delle teste in bronzo del coniglio e del topo della fontana della zona dei palazzi occidentali dello Yuanmingyuan, il Vecchio Palazzo d'Estate, a Beijing.

La causa principale della fuoriuscita delle antichità sono le guerre. Nel caso della Cina, la distruzione del Vecchio Palazzo d'Estate da parte dell'esercito anglo-francese nel 1860, la razzia della Città Proibita da parte degli otto paesi alleati al tempo della rivolta dei Boxer, e la lunga e tragica guerra di aggressione condotta dal Giappone a partire dal 1931. Sempre nel caso della Cina, in secondo luogo vengono gli espropri operati dagli archeologi di GB, Francia, Germania, Russia, Giappone e Svezia nel nord-ovest della Cina dal 1856 al 1932. L'esempio più famoso sono i rotoli delle Grotte di Dunhuang, solo il 30% dei quali si trova ancora all'interno della Cina. Alla fine viene il traffico illegale dei beni culturali, che non si è mai interrotto e che ha raggiunto il massimo negli anni '80 del secolo scorso.

Huang Nubo è l'amministratore delegato di una grande azienda cinese. Durante una missione commerciale in Norvegia nel gennaio scorso, ha scoperto per caso sette colonne del Vecchio Palazzo d'Estate esposte nel museo della città di Bergen. Dopo aver trattato con il museo, Huang ha versato un milione di euro per sostenere il suo lavoro di ricerca e conservazione dei beni culturali cinesi, e in compenso ha riportato in Cina le sette colonne.

Casi del genere non sono stati rari negli ultimi anni. Indipendentemente dai motivi alle spalle, gli imprenditori cinesi dimostrano un vivo interesse per il recupero delle antichità e delle opere d'arte cinesi all'estero. Nell'ultimo ventennio, più di 100 mila beni culturali sono tornati in patria attraverso le vendite all'asta. In merito, alcuni si chiedono: non dovrebbe essere il governo cinese ad acquistare in modo sistematico il patrimonio culturale nazionale dall'estero? Il prof. Huo Zhengxin, dell'Università di Giurisprudenza cinese, dedito da tempo alle ricerche sul recupero dei beni culturali all'estero, non è d'accordo.

"La situazione è complicata, certe antichichità e opere d'arte non possono essere recuperate con l'acquisto da parte del governo, per esempio quelle razziate durante le guerre o trafugate illegamente. Un principio fondamentale è che non riconosciamo la legittimità del loro possesso da parte dei paesi occidentali e del Giappone e dei collezionisti privati stranieri. L'acquisto a nome dello Stato equivale a confermare che la Cina riconosce la loro legittimità."

Ma non è detto che lo Stato cinese non acquisti mai dei beni culturali dall'estero. In realtà, dal 2002 il Ministero delle Finanze e l'Amministrazione dei Beni culturali hanno stabilito il "Fondo statale per la raccolta di preziose antichità cinesi", con uno stanziamento annuale pari a 50 milioni di yuan, circa 7 milioni di euro. La cifra è bassissima rispetto al prezzo di molti beni culturali sul mercato internazionale. Secondo il professor Huo, esistono degli ostacoli insuperabili alla soluzione del problema, sia dal punto di vista del sistema giudiziario dei vari paesi che da quello del diritto internazionale.

"Per il momento, esistono degli evidenti ostacoli al recupero per via giudiziaria dei beni culturali finiti all'estero. Uno dei maggiori è che le convenzioni internazionali non hanno effetto retroattivo. In realtà, le convenzioni più importanti sul recupero dei beni cultrali razziati o acquistati illegalmente sono state varate negli anni '70 del secolo scorso, per cui non coprono i casi precedenti."

Un altro problema è che le convenzioni internazionali non sono riconosciute da tutti i paesi. Per esempio, alla "Convenzione sui metodi di proibizione e prevenzione degli illeciti nelle importazioni, esportazioni e trasferimento di proprietà dei beni culturali", approvata nel 1970 dall'Unesco, fra i paesi occidentali, hanno aderito solo Canada, Usa, Australia e Francia. GB, Giappone e Germania hanno rifiutato.

La perdita di beni culturali e il loro recupero è un problema comune a molti paesi. In questo senso, l'Italia è uno dei più colpiti, visto che per secoli ha subito le razzie di una serie di conquistatori stranieri, per non parlare dei trafugamenti durante le guerre. Anche se molte opere sono state recuperate, esiste ancora un lungo e dettagliato elenco di pezzi scomparsi e di istituzioni competenti in materia di ricerche.

Il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale è considerato il massimo esperto mondiale nella tutela e nel recupero dei beni culturali. Con i suoi 300 super investigatori, è un corpo di eccellenza a livello mondiale, chiamato da governi, organismi internazionali, e polizie di tutto il mondo per consigli, aiuti, e interventi sul campo anche in nazioni in guerra, e anche per la formazione.

In 40 anni di attività, i carabinieri hanno recuperato oltre 1 milione e 400 mila beni artistici e archeologici sottratti all'Italia e ad altri paesi, grazie anche ad una banca dati apposita alla quale l'Interpol si rivolge per i traffici illeciti, poiché costituisce una fonte unica di informazioni.

Un altro modello riuscito è quello dell'Egitto. Il lavoro di recupero dei beni culturali sottratti all'Egitto è iniziato negli anni '80 del secolo scorso, e dopo 30 anni è ormai molto efficace. Per esempio, nel 2009 il governo egiziano è riuscito a farsi restituire dal Louvre ben cinque antichi affreschi.

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