Blue Economy: imparare dalla natura
  2013-03-31 19:10:10  cri


Di sviluppo sostenibile si parla da anni nel mondo, e anche la Cina è sempre più sensibile e attenta in materia, però spesso si tratta di interventi limitati, senza una visione di cambiamento generale.

La consapevolezza della necessità di un cambiamento radicale dell'impostazione è forte già da anni nel mondo. Così sono nate molte nuove concezioni e teorie, fra cui spicca la Blue Economy, un'avanzata forma di economia impostata secondo il sistema naturale dei flussi, senza residui e sprechi, proprio come avviene in natura.

La Blue Economy è un'opinione di insostenibilità per il futuro sviluppo, una teoria creata dal Club di Roma, un'associazione non governativa e non-profit di scienziati, economisti, uomini d'affari, attivisti dei diritti civili, alti dirigenti pubblici internazionali e capi di Stato dei cinque i continenti.

Fondato nel 1968, il club intende agire come catalizzatore dei cambiamenti globali, individuando i principali problemi che l'umanità si troverà ad affrontare, analizzandoli in un contesto mondiale e ricercando soluzioni alternative nei diversi scenari possibili. In altre parole, il Club di Roma è una sorta di cenacolo di pensatori dediti ad analizzare i cambiamenti della società contemporanea. Conquistò l'attenzione dell'opinione pubblica nel 1972 con il suo Rapporto sui limiti dello sviluppo, che prediceva che la crescita economica non potesse continuare indefinitamente a causa della limitata disponibilità di risorse naturali.

É l'olandese Gunter Pauli, un membro del Club, lo scrittore del testo "Blue Economy" tradotto anche in cinese e presentato a Shanghai l'anno scorso, a prova del forte interesse per questa teoria degli studiosi cinesi di ambiente.

L'essenza della Blue Economy è la bio-imitazione, in altre parole, imparare dalla natura e non depredarla, adeguarsi alla natura, proprio come afferma la filosofia taoista cinese. Il libro contiene degli interessanti capitoli sulla Cina, fra cui uno dedicato alla rivalutazione della produzione della seta. Nell'antica Cina, le querce erano tenute in alta considerazione perché le loro foglie alimentano i bachi da seta, i cui escrementi cadono a terra e la fertilizzano, creando un ciclo perfetto, senza alcuno scarto.

Nello studio a partecipare alla discussione è Paolo Alberto Volpe, direttore di Vision, una compagnia di consulenza che opera da anni in Cina, giovane sinologo dagli ampi orizzonti, sensibile al tema dell'ambiente e sostenitore della Blue Economy.

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