"Alla ricerca di altre nevi": foto e documentari dei canonici del San Bernardo nello Yunnan
  2010-05-14 12:52:03  cri

Dal 24 aprile al 15 maggio all'Altare del Millennio di Beijing si è tenuta la mostra fotografica "Alla ricerca di altre nevi", che ha presentato 147 foto in bianco e nero e documentari dei canonici del San Bernardo attivi nelle missioni del nord-ovest dello Yunnan, nella Cina meridionale, dal 1933 al 1952.

L'evento è stato sponsorizzato dal Centro di Alti Studi sulla Cina contemporanea di Torino, il cui direttore, la dott.ssa Stefania Stafutti, ha detto in cerimonia di inaugurazione: Questo lavoro rientra nelle attività del CASCC che si occupa di ricerca in vari settori, anche molto lontani da quello culturale, come i settori giuridico ed economico, ma che ha anche una spiccata vocazione culturale in senso lato. In questo quadro si colloca l'idea di valorizzare quello che in origine era un lavoro di tesi di laurea della dott.ssa Lea Glarey, che ha letteralmente dissepolto e sottratto alla polvere un nucleo abbastanza importante di fotografie, qui ce n'è solo una parte, e di filmati che non erano mai stati correttamente protetti e archiviati, ma che erano in qualche modo depositati in attesa che qualcuno li riportasse all'attenzione di tutti noi. Ci sembra un bello spaccato di una regione periferica in un certo senso rispetto alla cultura cinese come noi siamo abituati a immaginarla, ma non per questo meno importante. E' una regione nella quale curiosamente i canonici del San Bernardo, ritenendo se stessi montanari, sono andati a cercare una cultura di montagna e sono riusciti in modo abbastanza significativo ad entrare in quella cultura e a portare a noi una testimonianza davvero interessante dal punto di vista antropologico.

L'importanza della mostra è anche stata messa in risalto dal rappresentante della parte cinese, il direttore esecutivo dell'Altare del Millennio, Feng Guangsheng, che nel suo intervento ha detto: Siamo molto felici di questa mostra di vecchie foto della regione dei tre fiumi paralleli, nel nord-ovest dello Yunnan. All'inizio del '900 alcuni missionari svizzeri arrivarono in una zona remota innevata con condizioni dei trasporti difficili e una civiltà primitiva, costruendo missioni e scuole, e dandosi alla predicazione. Questi scambi hanno lasciato delle straordinarie impronte culturali attuali. Ora sul posto degli anziani che non parlano cinese capiscono il latino e la scrittura latinizzata dell'etnia Lisu, e generazioni di Lisu, vissuti su monti remoti, conoscono il pentagramma, cantano in coro, senza la musica, e apprezzano il vino europeo. Queste impronte dimostrano che questa trasmissione culturale non è affatto stata la sottomissione di una cultura debole da parte di una cultura forte, visto che per la ricerca degli stessi obiettivi di civiltà, elementi culturali diversi si sono completati, senza contraddirsi, formando un panorama culturale particolare. La mostra è una bella occasione per rievocare lo spirito e la pratica dei creatori di questo panorama culturale, avvicinarsi alla storia in modo obiettivo e riflettere sulle problematiche degli scambi.

Cari amici, la mostra di Beijing "Alla ricerca di altre nevi", è una riedizione modificata della mostra omonima tenuta nel febbraio 2009 a Torino dal CASCC, dove lavora la sua curatrice, la dott. Lea Glarey. E' sua infatti l'entusiasmante avventura della scoperta e classificazione delle foto, dei documentari e degli altri materiali relativi ai canonici del San Bernardo nello Yunnan. Ecco l'illustrazione fattaci da Lea in un intervallo dell'allestimento della mostra all'Altare del Millennio di Beijing: Gabriella: Cara Lea, volevo innanzitutto complimentarmi con te che sei arrivata a Pechino dopo tanti anni di lavoro. Da dove è iniziata questa tua avventura?

Lea Glarey: Quest'avventura inizia nel 2006, quando, finiti gli esami, io ho studiato lingua e cultura cinese, ho deciso di fare uno studio sullo sviluppo della religione cristiana cattolica in Cina. Avendo studiato come perito agrario alle superiori, e ricordando che i canonici svizzeri che gestivano la mia scuola avevano una piccolissima missione in Cina, ho chiesto di poter andare a Taiwan nella loro missione per compiere uno studio storico. A quel punto sono partita per Taiwan, rimanendovi tre mesi, e mi si è aperto un mondo perchè ho scoperto che non solo avevano una missione a Taiwan ma che dal '33 al '52 avevano avuto una missione nello Yunnan, nella regione dei tre fiumi, missione nata per una coincidenza molto particolare, perchè nessun missionario voleva più andare in queste regioni per le nevi perenni e le dure condizioni. Il papa Pio XII è stato interpellato al riguardo dal superiore delle Missioni Estere di Parigi. Il Papa, che era solito andare in vacanza d'estate all'ospizio dei canonici del Gran San Bernardo, fra Italia e Svizzera, ha detto: io conosco dei padri missionari che sarebbero in grado di vivere benissimo in queste regioni perchè lo fanno da sempre. Così parte in un modo un pò rocambolesco la prima spedizione che viene fatta nel '29, con due canonici, padre Coqoz e padre Melly, che per 7 mesi visiteranno queste missioni per vedere se c'era la necessità e possibilità di ricostruire un ospizio del San Bernardo su un colle che loro chiamavano "tibetano", anche se a tutti gli effetti non sono mai entrati in Tibet, allora chiamato "il Tibet proibito". Poi i due tornano in Svizzera, entusiasti, e dicono che c'è molto lavoro da fare nello Yunnan. Al tempo c'era crisi nell'ordine del San Bernardo, per via della modernità delle condizioni che aveva provocato una mancanza di viandanti dal sud al nord dell'Europa. Viene così deciso di organizzare una prima spedizione nel '33: avevano letto romanzi sulla Cina e sul Tibet, come quelli sul giudice Bao, quindi partirono con un' idea abbastanza rocambolesca, ed una preparazione semplice. Ma non avevano un'idea precisa di dove sarebbero andati, tant'è che un missionario scriverà: i canonici del Gran San Bernardo sono in Tibet, non essendovi, ma pur tuttavia abitandovi. E' infatti un crocevia abitato da tantissime popolazioni nel nord dello Yunnan, tra Weixi, Yerkalo (Yanjing), dove fondano diverse stazioni missionarie, sempre però sulla base della storia delle Missioni Estere di Parigi. Arrivano, e per prima cosa devono imparare il cinese, hanno paura, sono lontani giorni di marcia da Dali, perchè non riescono a comunicare, ma tutti hanno meno di trent'anni e sono entusiasti. Come dice Tucci, tutti i missionari che sono partiti per il Tibet l'hanno fatto con una grandissima baldanza, convinti che il loro sacrificio personale sarebbe stato sufficiente a permettegli di compiere queste loro grandi imprese, ma vedremo che questo non basterà. Si insediano inizialmente a Weixi, studiano il cinese e cominciano a studiare il tibetano e iniziano le pratiche per costruire l'ospizio.

Per scegliere il colle, vanno con gli sci ad esplorare e scelgono il più difficile, Latza, perchè, scrive un missionario in un diario: la neve arriva a 12 metri d'inverno e si ghiaccia, il che è ideale per lo sci, è un colle trafficato, e ci sono tantissimi banditi! Vengono ostacolati inizialmente dai burocrati, che non capivano perchè degli occidentali, li chiamavano "questi demoni dagli occhi bianchi", fossero partiti da tanto lontano per venire a costruire una casa su un colle così difficile, c'era forse una vena aurifera? Quindi vengono bloccate le pratiche per la cessione del territorio e si inizia a cercare l'oro. Poi le pratiche si sbloccano, e finalmente nel '36 inizia la costruzione dell'ospizio. I diari di Latza dei missionari su questo colle iniziano tutti i giorni con: vento, pioggia e neve. Quindi gli operai se ne vanno. Nascono anche dei conflitti culturali fra i missionari e gli operai, si dice che i missionari cuocevano il maiale sul fuoco, il che irrita gli spiriti del colle, allora molti operai se ne vanno per paure legate alla superstizione. Un altro problema della costruzione dell'ospizio era che c'era neve sul colle per la maggior parte all'anno, quindi non si poteva lavorare, e la struttura era troppo imponente, come l'ospizio del San Bernardo, con dei muri larghi 3 metri. Nel '39 inizia la guerra, che interrompe i contatti con la Svizzera e le fonti di finanziamento, per cui si interrompono i lavori dell'ospizio. Iniziano problemi di sopravvivenza, con grandi carestie sul posto, e timori per il mantenimento della scuola di Hualoba. I missionari sono depressi perchè non possono più aiutare i cristiani e il resto della popolazione. I dispensari medici dove si curava la gente vengono chiusi. Padre Tournay, poi ucciso nel tentativo di recarsi a Lhasa, scriverà: vivo in una situazione veramente tremenda, perchè tutti i giorni cercano di vendermi dei bambini, ed io non posso aiutarli, la gente qui intorno non mangia più. Un'altra grande opera iniziata dai missionari è la scuola di Hualoba, maschile, in cui venivano impartite lezioni di cinese, tibetano, basi di latino, storia, matematica, e per prima cosa… a vivere chiusi in una casa! I padri spiegano la filosofia, ma un bambino alza la mano e chiede: Padre, voi in occidente avete le balestre? Erano stati degli anni molto belli. Nel '41 la scuola viene chiusa, e i bambini vengono rimandati a casa, senza la possibilità neanche di aiutarli per problemi economici, malattie e carestia. La guerra fu un periodo di immensa solitudine in cui i missionari non potevano spostarsi dalle stazioni. Si dice che siano sopravvissuti soprattutto perchè frate Duc, inviato in missione per aiutare i missionari nelle vigne e nelle coltivazioni, aveva comprato molta seta nel '38, e in questi anni riusciranno a sopravvivere vendendo questi tessuti. La moneta non aveva più valore reale. Finita la guerra, la missione non riescirà più a riprendersi. Nel '46 c'è un clima di euforia e viene inviata una quarta e ultima spedizione (le prime nel '33, '36, '38). Ci sarà la guerra civile, e tanti altri problemi. E' vero che, con l' avvento al potere del comunismo, nelle "Marche tibetane" i banditi vengono meno, ma i missionari verranno concentrati nella missione di Weixi; all'inizio era sostenibile, perchè erano più protetti, avevano dei pass per spostarsi, poi nel '50-'51 vennero chiusi a Weixi, e nei primi giorni del '52 invitati a lasciare lo Yunnan, per recarsi a Hong Kong. Così finisce la missione, un'esperienza che segnerà però per la vita i missionari, incantati da questa terra, così difficile ma anche così familiare, in fondo si erano capiti, erano tutti montanari. Alcuni missionari più rigidi volevano estirpare la religione tibetana, considerata diabolica, altri invece si aprivano di più al confronto, si racconta che un missionario sia ritornato abbastanza buddista. Padre Tournay scrive: qui in Cina il sì può voler dire no, mentono sempre... Un altro più aperto scrive: un giorno un cristiano bussa alla mia porta dicendomi: padre, padre, se mi dai dei pantaloni mi converto. Allora lui scrive una lettera che dice: cari confratelli, per l'evangelizzazione della Cina lasciate le Bibbie e i Vangeli e portate una tonnellata di pantaloni! Quindi secondo il temperamento dei vari missionari ci saranno reazioni diverse, persone più aperte al dialogo e altre più rigide, ma come in tutte le storie, non solo quelle di missione, ma penso tutte le storie di contatto fra i popoli.

Gabriella: In questa mostra, quante foto avete portato?

Lea Glarey: Abbiamo esposto delle foto singole, non a pannelli come a Torino, ce ne sono 147 dai due archivi Detry e della missione, prima e dopo il '46. La mostra è organizzata per grandi temi: la presentazione dei canonici del San Bernardo, conosciuti per i loro cani che provengono dalla Cina, della famiglia dei mastini tibetani, e provengono dalle regioni dove sono stati i missionari. Ma non si sa come siano arrivati in Europa. Neanche al Museo dei cani del San Bernardo in Svizzera lo sanno.

La mostra è organizzata per tematiche, innanzitutto la presentazione delle "Marche tibetane", la regione dei tre fiumi, dei viaggi e della vita in missione. I missionari scrivono: qui siamo mercanti, medici, burocrati e solo alla fine missionari. Bisogna fare tutto. Ci sono foto con le pipe, perché aver fumato due pipe era la condizione per poter dire qualcosa in Cina. Poi si introduce il tema del tentativo di costruzione dell'ospizio di Latza: lo scavo delle fondamenta, le mura rimaste ora, ma non le parti in legno, portate via dai viaggiatori per scaldarsi E l' incontro con la popolazione: le famiglie, tanti bambini e tante donne, una cosa rara per un archivio di missione. Una parte è legata ai cacciatori: metodi di caccia, lo stregone di Cizong. La parte della scuola di Hualoba, la costruzione fisica, i missionari con i bambini, i bambini che giocano, ma non che studiano! Poi la tematica dei viaggi e dei paesaggi, i ponti, l'attraversamento dei fiumi, i portatori, le gerle, le pelli di maiale, la cittadina di Weixi, molto bella, come costruivano i ponti, poi spostandoci più verso nord ad Atenze e Yercalo.

Poi finire l'incontro con il buddismo tibetano, da un lato la distanza fra due religioni non disposte a un confronto reale (un missionario è stato ucciso nel tentativo di andare a Lhasa), ma anche la chiusura dei missionari, e tutto quello che è stata l' apertura: i missionari hanno filmato più di mezz'ora di danze di una lamaseria cosiddetta di Kampu. Abbiamo foto di missionari ospiti nei monasteri. Per finire, foto di bambini di Weixi col loro splendido sorriso, e una carrellata di missionari su una panca con le loro pipe. Nelle foto è sempre presente Bizet, il cane della missione, che rappresenta la nostalgia dei missionari. Una frase ricorrente è che non hanno più una patria, perchè sono sempre considerati stranieri, sia in Svizzera che in Cina. Il cane sempre presente fa comunque riflettere.

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