Il suo paesaggio di monti rocciosi, vallate solitarie e cieli infiniti rende il Tibet un mondo altamente spirituale, da cui il fiorire della religione nella vita quotidiana della sua popolazione e in una miriade di monasteri. Nel nostro programma di oggi, faremo una visita ad uno dei più importanti di questi monasteri, Tashilunpo, situato a Shigatze, per capire la sua storia e la vita dei suoi monaci. Ci farà da guida Laba, un monaco di 23 anni cordiale ed aperto, e che parla ben tre lingue: tibetano, cinese e inglese. Invitato a presentarsi, egli ci ha detto: Ho 23 anni, e sono monaco da otto. Sono nato nelle vicinanze di Shigatze. La mia scelta religiosa è stata libera, altrimenti non potrei restare in monastero tutta la vita, come intendo fare. In questi anni ho studiato al nostro Istituto di studi buddisti. Istituti del genere esistono anche negli altri maggiori monasteri tibetani, come Sera e Ganden. Oltre allo studio, pratichiamo anche la dottrina, un altro aspetto molto importante. Sono molto felice della mia scelta. I miei genitori sono contadini, sono il sesto di sette figli, mia sorella studia all'Università del Tibet, gli altri sono già sposati e hanno un lavoro.
Secondo l' illustrazione di Laba, gli studi religiosi al monastero sono gratuiti, ma nella vita quotidiana i monaci vengono mantenuti dalle famiglie. Si tratta di una tradizione locale praticata da secoli, che un tempo permetteva ai monaci in difficoltà economiche di lasciare i monasteri e darsi al commercio, per poi ritornare quando disponevano di denaro sufficiente.
Dopo l'illustrazione di Laba, abbiamo lasciato il grande piazzale di ingresso del monastero, diretti alle sale di preghiera, insieme a gruppi di pellegrini tibetani e di visitatori dell'entroterra cinese. Da Laba veniamo a sapere che le visite quotidiane sono circa 1400, senza restrizioni come al Potala, visto il numero ridotto, solo cinque, delle sale aperte al pubblico. Nel frattempo in un vicino cortile dei giovani monaci stavano recitando dei sutra. La presenza di monaci bambini è tipica nei monasteri tibetani, visto che il curriculum di studi è lungo e complesso. Secondo l'illustrazione di Laba, il primo stadio dell'apprendimento della dottrina comprende gli studi essoterici, e il secondo quelli esoterici (tantrici), con una media di 18 anni di studio, che per alcuni monaci si prolungano a 22-28. Gli studi tantrici, precisa Laba, richiedono gli sforzi di tutta una vita!
Egli ha precisato che i piccoli devono almeno avere fra i 10 e i 15 anni per poter entrare in monastero, ossia un'età che permetta loro di capire. Per cominciare, i novizi studiano la grammatica tibetana, alla base dello studio delle scritture, dal profondo contenuto. Studiano anche il pinyin, ossia la traslitterazione fonetica della lingua cinese, e un po' di inglese, ma approfondiscono solo il tibetano, perché lo scopo è lo studio delle scritture.
Stupiti per la sua perfetta padronanza del cinese e dell'inglese, abbiamo chiesto a Laba come abbia fatto a raggiungerla. Egli ha risposto: Ho studiato da solo sia il cinese che l'inglese, perchè il tibetano è solo una lingua etnica, e senza inglese e cinese è impossibile diffondere la dottrina. Per essere precisi, ho studiato per tre mesi il pinyin al monastero, e poi ho continuato da solo a casa. Nel 2004 ho anche ottenuto il diploma di guida dall'Ufficio del Turismo di Shigatze.
Il giovane Laba si è dimostrato effettivamente un'ottima guida nel corso della nostra visita, illuminandoci su molti aspetti della storia del monastero e sulla vita dei suoi abitanti. Al petto portava una spilla rotonda con l'immagine del giovane 11° Panchen Lama, che al tempo della nostra visita si trovava nel suo palazzo estivo di Shigatze da una ventina di giorni. La presenza del Panchen entusiasma i monaci come Laba, che lo vedono come un esempio ed una guida: tutti giovani, sono le nuove speranze del Buddismo tibetano.
Il monastero di Tashilunpo, che si erge ai piedi di un monte, è una cittadella ricca di storia e di tradizioni, che ha ospitato nel tempo migliaia di monaci. I suoi tetti dorati spiccano da lontano, insieme all'enorme parete di cemento che serve da supporto alla grande tangka del Buddha che viene esposta durante le festività religiose. Secondo l'illustrazione di Laba: Il nostro è un monastero famoso in tutto il Tibet. Il suo nome, Tashilunpo, significa 'propizio Monte Sumeru', infatti 'tashi' in tibetano vuol dire propizio, e 'shi' Monte Sumeru, l'invisibile centro del mondo nella filosofia buddista. E' stato fondato dal 1° Dalai Lama nel 1447, in epoca Ming, e nel 1601 è diventato la sede del Panchen Lama. Occupa una superficie di 70mila mq, 30 mila dei quali edificati. Gli edifici dipinti di rosso sono adibiti al culto, e quelli dipinti di bianco a dormitorio dei monaci e a scuola. In tutto ci sono una quarantina di edifici, ma solo cinque sono aperti al pubblico. I monaci sono più di 900.
Avanzando lungo delle stradine lastricate di pietra, ci siamo imbattuti in 3 alte pagode a bottiglia, tipiche dell'architettura religiosa tibetana. Secondo l'illustrazione di Laba, esse contengono al loro interno delle tangka e delle statue buddiste, e sono simboli di pace nel mondo. Esistono otto tipi di pagode, e nel buddismo tibetano quelle interne agli edifici racchiudono i resti di santi monaci. Le pagode si suddividono in base, corpo e punta: nella punta sono riposte statue e tangka, nel corpo scritture sacre e nella base offerte di cereali lavorate. Per evitare gli incendi, nei maggiori monasteri ora i pellegrini possono accendere gli incensi solo all'aperto, quindi accanto alle pagode abbiamo visto un bruciaincensi in ferro. Accanto si ergeva un venerando albero "zhuohua", di più di 500 anni, dal tronco enorme e contorto e dalle foglie piccole, che cresce selvatico in Tibet e riesce a sopravvivere al freddo e alla mancanza d'acqua.
Eccoci arrivati alla sala di Qiangba, il Budda del futuro. Prima di entrare nel cortile, i pellegrini agitano il battacchio di una campana che pende dall'alto della porta, in segno di saluto. Una ripida scala, suddivisa in tre parti, conduce alla sala: si sale da sinistra e si scende da destra, la parte centrale è riservata al Panchen.
All'ingresso della sala, Laba ci ha fatto notare una splendida decorazione in pietre preziose sul pavimento: Questa svastica di pietre preziose verdi e azzurre è incastonata su della terra che è stata battuta per ben due settimane, risultando calda d'inverno e fresca d'estate, quindi comoda per i monaci che un tempo camminavano a piedi nudi. All'interno della sala, dove i monaci stanno pregando, si erge un'enorme statua di Qiangba, il Budda del futuro, raffigurato seduto, alta 30 metri, di bronzo dorato. Secondo l'illustrazione di Laba, la costruzione della statua, patrocinata dal 9° Panchen Lama, è iniziata nell'anno 1914 e terminata nel 1918, vi hanno lavorato 110 operai, e sono stati usati 558 kg d'oro e moltissime pietre preziose. Le orecchie sono alte 2,8 metri. La tonaca è di broccato, costa un milione di yuan, ed è già stata sostituita tre volte. L'interno è di legno di sandalo, e contiene strumenti rituali, sutra, tangka, e nella base delle offerte di cereali.
Un particolare interessante e commovente: quando il 9° Panchen Lama è morto nel 1937 in un piccolo monastero del Qinghai, dagli occhi della statua sono scese delle lacrime di dolore.
Mentre i monaci recitano le scritture, i pellegrini tibetani passano davanti alle enormi lampade d'argento, aggiungendovi come offerta del burro di yak. L'interno dei templi tibetani è normalmente buio, le finestre, se ci sono, si trovano nella parte alta, questo per mantenere caldo l'ambiente nel rigido inverno. A questo scopo, i sedili dei monaci sono elevati dal terreno e ricoperti da materassini, e la recita delle scritture è spesso interrotta, permettendo ai monaci di bere del tè al burro caldo per riscaldarsi. Durante le cerimonie più importanti, ai monaci vengono offerte delle ciotole di riso al burro con bacche di ginseng, consederato una leccornia. In ogni caso, per mantenere il calore, i monaci tibetani hanno scoperto da tempo la pratica dello yoga, che sviluppa calore, permettendo di sopravvivere anche in ardue condizioni climatiche. Inoltre, per superare le infinite distanze della zona, i monaci riuscivano ad entrare in uno stato di trance, facendo dei salti lunghissimi, ed arrivando in poco tempo alla meta. Un'accurata descrizione di queste pratiche si può trovare nei libri di Alexandra David-Neel, la coraggiosa francese che all'inizio del secolo scorso viaggiò estensivamente in Tibet, e che fu anche la prima donna occidentale a raggiungere di nascosto la città sacra di Lhasa.
Eccoci arrivati di fronte alla grande e magnifica pagoda funeraria del 10° Panchen Lama, scomparso nel 1989. Secondo l'illustrazione di Laba: La pagoda è stata completata nel 1993 grazie a uno stanziamento di 640.000.000 yuan del governo centrale. Il Panchen infatti aveva anche ricoperto l'incarico di vice presidente del Comitato permanente dell'APN, distinguendosi per la costruzione di scuole e di attività in Tibet, in Mongolia interna, ecc.
Ad esempio, nel 1988 a Shigatze egli patrocinò la fondazione di una fabbrica di tappeti artigianali tibetani, in modo da dare lavoro alle donne locali illetterate. La fabbrica Gang-Gyen, che significa "gente della terra delle nevi", ora esporta i suoi magnifici tappeti in tutto il mondo, e parte degli introiti va ai monaci di Tashilunpo.
Laba ha continuato dicendo: il Panchen Lama morì a Shigatze la sera del 28 gennaio 1989, a soli 51 anni. Si ammalò al mattino alle 9: la notizia venne subito comunicata a Beijing e l'attuale premier Wen Jiabao partì subito in aereo per Lhasa con dei medici, che poi raggiunsero in elicottero Shigatze, ma le cure risultarono inutili. In ogni caso, il Panchen sapeva di morire. Venne qui per la prima volta nel 1982, poi ritornò più volte, e nell'89 portò con sè molte sue cose da Beijing, salutando tutti prima di partire. A Lhasa regalò la sua foto e delle hada ai presenti ad una riunione, e nel tragitto per Shigatze, condusse una cerimonia di pace per il mondo sulla riva del lago Yangzhuoyongcuo, dicendo chiaramente ai presenti che sarebbe stata l'ultima. La sua salma rimase per tre mesi nel Palazzo estivo dove era deceduto, accanto a Tashilunpo, e per tre anni nel monastero, dove i fedeli potevano visitarla. Imbalsamata con delle sostanze medicinali tibetane, nel luglio 1993 venne posta all'interno della pagoda, in posizione seduta, proprio come la statua dorata visibile nella parte alta della pagoda, in cui il Panchen appare sorridente, con un campanellino d'argento in mano.
Il mondo del buddismo tibetano è complesso e affascinante. Circa la questione della ricerca delle reincarnazioni dei grandi monaci, Laba ci ha ricordato che i metodi sono diversi: ci si basa su profezie, sulle visioni apparse nei laghi sacri del posto dove si trova il bambino, o sulla direzione verso cui è rivolto il corpo dei monaci al momento del decesso.
Proseguendo nella nostra visita al monastero di Tashilunpo, a Shigatze, la seconda città del Tibet, siamo rimasti molto colpiti dai superbi dipinti murali che adornano le pareti delle sale e dei corridoi. Coloratissimi, raffigurano figure e scene religiose e sono realizzati con dei pigmenti naturali, che permettono loro di durare nel tempo. In aggiunta, i dipinti di Tashilunpo hanno delle dorature che li rendono ancora più preziosi.
Eccoci ora in uno spazioso cortile illuminato dal sole dove si stanno riposando dei gruppi di pellegrini tibetani. Essi indossano i costumi tradizionali, le donne in abito lungo e col grembiule a strisce colorate, e gli uomini con le giacche abbottonate lateralmente e gli stivali di feltro neri, con motivi verdi e rossi. Questa donna tibetana di 66 anni proviene da Metrogonga, ad est di Lhasa, ed è qui per la prima volta insieme ad un gruppo di pellegrini del suo villaggio.
Questi pellegrini invece provengono dalla provincia del Qinghai, posta a nord del Tibet, e hanno percorso i quasi 300 km da Lhasa in sette giorni facendo delle genuflessioni complete. Una di loro, Gaduma, di 55 anni, si dice molto felice di essere qui.
Lasciato il cortile, eccoci in un corridoio dove dei pittori dipingono degli scaffali in legno rossi con delle figure buddiste. Ora saliamo sul tetto dell'edificio, attirati da un battito ritmico e da un canto, cosa saranno mai? Un gruppo di uomini e donne sta appiattendo il tetto di terra con dei bastoni con alla base una formella rotonda, cantando nel frattempo un motivo tradizionale. Una di loro si chiama Zhuoma, ha 26 anni, e lavora qui da un anno. Infatti in Tibet, per via del clima secco, gli edifici sia religiosi che di abitazione hanno tutti il tetto a terrazza, che permette fra l'altro di far seccare i cereali. La preparazione del tetto è un'attività tipica con un rituale speciale, anche canoro. Una delle canzoni cantate a Lhasa in questa occasione dice:
Guardate com'è forte la mia mano sinistra
Guardate com'è forte la mia mano destra
Yalasoo! Con mie possenti mani
Abbellirò Lhasa come una sposa novella…
Nel cortile di Tashilunpo abbiamo anche incontrato un gruppo di inglesi in visita. Una turista ci ha detto: Sono inglese, mi chiamo Zoya, e faccio l'insegnante elementare a Londra. Sono qui con un gruppo impegnato in un tour di 20 giorni in Tibet e nel resto della Cina. Naturalmente vediamo solo la superficie delle cose. La religione tibetana è molto complessa, e per capirla meglio, quando tornerò a casa cercherò dei libri. La gente è simpatica e pacifica qui, mi trovo bene.
Termina qui la nostra visita al monastero di Tashilunpo, situato a Shigatze, in Tibet, uno dei maggiori della regione. Sperando che il programma stimoli anche voi ad interessarvi al mondo tibetano, vi salutiamo e vi diamo appuntamento alla prossima volta.