Europa orientale e crisi del debito europea
  2011-11-14 13:43:55  cri
La settimana scorsa la crisi del debito europea è peggiorata ulteriormente. Il rendimento dei titoli di debito pubblico dell'Italia, la terza economia europea, ha superato la soglia dell'allarme rosso del 7%, segno questo del coinvolgimento dell'Italia nella crisi. Il mercato dei capitali dell'Europa centro-orientale, più vicina all'eurozona e con stretti scambi economici, ha subito di conseguenza una forte scossa. Con il continuo deterioramento della situazione finanziaria esterna, se il debole sistema finanziario dell'Europa centro-orientale riuscirà o meno a resistere al continuo attacco dalla crisi dei debiti europea e a respingere il rischio, è diventato il grande problema che i paesi dell'Europa orientale hanno di fronte.

Se consideriamo solo i debiti dei paesi dell'Europa orientale, la situazione non risulta così problematica. In Ungheria, il paese con il problema più grave, il rapporto tra il debito pubblico e il PIL è solo il 77%. Nonostante questo rapporto abbia già ampiamente superato il 60% previsto dall'Ue, se paragonata a quella di paesi come la Grecia e l'Italia, in cui tale rapporto ha già oltrepassato il 100%, la situazione dell'Ungheria risulta ancora sicura. Attualmente l'Ungheria, al fine di ridurre all'inizio dell'anno prossimo il rapporto fra debito pubblico e PIL al 73%, sta adottando una politica finanziaria di austerità, caratterizzata dall'aumento delle tasse e dalla diminuzione delle spese. Neppure in Polonia e in Repubblica Ceca, il rapporto fra il debito pubblico e il Pil ha superato il 60% ed è inferiore quindi al limite stabilito dall'Ue.

I paesi dell'Europa orientale non possono tuttavia non essere preoccupati in quanto il loro sistema finanziario è altamente controllato dalle banche a capitali esteri, di cui quelle provenienti dai paesi dell'eurozona occupano circa l'80% del mercato. In Ungheria, Albania, Bulgaria e Romania, le banche a capitali esteri dell'Italia, della Francia e della Grecia hanno già una posizione di controllo. Ed è proprio questo il maggiore pericolo latente che l'Europa centro-orientale deve affrontare sotto l'ombra della crisi dei debiti.

Con l'evoluzione del problema del debito europeo, attualmente l'industria bancaria europea è assediata dalla crisi, ed il problema "decisivo" è quello di affrontare la grave pressione dell'aggiunta di capitale. Le principali banche europee detengono moltissimi titoli di Stato della Grecia, dell'Irlanda, del Portogallo, della Spagna e dell'Italia. Per queste banche quindi il rischio di essere esposte alla crisi del debito europeo è enorme. A tale proposito, il vertice dell'UE alla fine di ottobre ha raggiunto una risoluzione, chiedendo alle banche europee di aumentare il coefficiente patrimoniale al 9% prima della fine di giugno 2012, al fine di ripristinare la solvibilità e di aggiungere liquidità. Solo rispetto al suddetto punto, il settore bancario europeo ha un deficit di capitale di almeno 200 miliardi di euro. In caso di stress finanziario dei governi di tutti i paesi e del rapido aumento dei costi di finanziamento di mercato, molte banche dei paesi dell'Europa occidentale potranno solo prelevare o vendere fondi dalle filiali dell' Europa orientale. Qualora poi vi fosse il default del debito della Grecia o dell'Italia, il sistema bancario europeo, che possiede un gran numero di Titoli di stato di questi due paesi, ne sarebbe sicuramente colpito. Tale situazione sarebbe ancora più pericolosa.

Inoltre le imprese e gli individui dei Paesi dell'Est europeo utilizzano ampiamente i prestiti in valuta estera. L'alto debito in valuta estera non solo aumenterà i rischi sistemici della macroeconomia, ma anche approfondirà ulteriormente i legami finanziari tra Europa orientale ed Eurozona.

Per quanto riguarda il possibile impatto della crisi del debito europeo sull'Europa orientale, le preoccupazioni dei mercati dei capitali si sono gradualmente aggravate e nel mercato dei capitali dell'Europa orientale si è verificata una forte turbolenza. L'11 novembre, il tasso di cambio del Fiorino ungherese con l'euro è sceso alla quota quasi più bassa della storia. Anche la Corona ceca, da sempre considerata come la valuta più stabile dell'Europa orientale, è scesa di quasi il 3% in una settimana. In Polonia, la cui economia continua a mantenersi in costante crescita, quest'anno il tasso di deprezzamento dello zloty si è già avvicinato al 15%.

L'Ungheria, che verte in una situazione di maggiore difficoltà, è la parte più debole. L'11 novembre, l'agenzia di rating Fitch ha passato l'outlook del rating dell'Ungheria da "stabile" a "negativo". Il 12 novembre, un'altra agenzia di rating, la Standard & Poor, ha inserito il rating dell'Ungheria in "outlook negativo", affermando che entro poche settimane deciderà se tagliare il rating al paese. 

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