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Quale potrebbe essere la "pianta di civiltà" della Cina, un concetto introdotto dallo storico francese Braudel? I primi due nomi che si affacciano alla mente di chiunque sono il riso e il tè. L'importanza di queste due piante nella vita quotidiana dei cinesi è così forte e radicata da farci pensare che esse siano sempre state presenti in Cina, e che il loro uso sia stato costante nel tempo. In realtà in entrambi i casi la loro diffusione e quella dei prodotti ad essi legati non risale a tempi così remoti come si potrebbe pensare. Nel caso del tè, ad esempio, non possiamo parlare di una reale diffusione ad uso voluttuario, cioè non medicinale, della bevanda fino alla dinastia Tang (618-907). E man mano che l'abitudine di bere il tè si diffonde, si diversificano i modi di preparazione e le strategie di consumo, e anche la percezione stessa del gusto cambia.
Ciò che all'inizio ricordava il gusto di una cicoria amara, si trasforma in seguito in "dolce rugiada", quasi una manna e un'ambrosia. Il tè diventa bevanda popolare, un bene commerciabile, un oggetto di baratto (scambiato con cavalli mongoli), un passatempo per colti e raffinati, addirittura con vere e proprie gare di degustazione, i doucha), ed una fonte di ispirazione letteraria. Nasce una letteratura del tè, i chashu, di cui il Canone del tè di Lu Yu è il capostipite, e fioriscono luoghi dedicati al consumo pubblico e privato della bevanda. Nasce la teiera, un altro oggetto che siamo abituati ad associare alla tradizione cinese più remota, e che è invece un'invenzione abbastanza recente.
Nel nostro Appuntamento alla casa da tè di oggi, il prof. Marco Ceresa ci parlerà di questi interessanti argomenti così legati al nome stesso del nostro programma, la casa da tè. Il prof. Ceresa è presidente del Collegio didattico del Corso di laurea in Lingue e Culture dell'Asia Orientale dell'Università Cà Foscari di Venezia, ed è considerato uno dei massimi esperti italiani del tè e della cultura materiale della Cina. Ha tenuto numerose lezioni a riguardo presso importanti atenei in Svezia, Ungheria, Germania ed Austria ed è autore dei Trattati del tè di epoca Tang (Tang Dinasty Monographs on Tea) ed ha, tra l'altro, tradotto il italiano il Canone del tè di Li Yu. Recentemente due suoi contributi "Nuovi consumi e piaceri della Cina urbana", e "Comunicare con l'altro", su come rispettare e condividere la cultura cinese, sono stati inseriti in un libro di Magda Abbiati sulla Cina contemporanea.
La tradizione e la consuetudine sono diverse. La pratica di bere il tè in Cina è caratterizzata nei secoli dal berlo, ma la preparazione e coltivazione sono cambiate enormemente. Accomuna le fasi e le epoche l'idea di utilizzare le foglie di una pianta per fare una bevanda, passando dalla percezione di un gusto amaro e in certa misura sgradevole a quella di dolce e piacevole e addirittura associato alla dolce rugiada, di radice buddista. L'invenzione della tradizione si riallaccia a dei preconcetti sulla cultura alimentare cinese, comuni in occidente e ora anche in Cina, ossia i cinesi hanno sempre bevuto tè, falso, e mangiato riso, falso, e mai bevuto latte e latticini, ugualmente falso, e le prime due tradizioni non sono neanche così antiche.
Quanto alle origini della pratica di bere il tè, vorrei citare una frase della fine di un romanzo di Umberto Eco, ovvero "la rosa è antica quanto al nome, ma non abbiamo che il nome", che vale anche per il tè. Ma il carattere cinese non è neanche antico, visto che compare per la prima volta in un commentario di epoca Han, non così tardo, che si riferisce ad una bevanda col carattere "tu", simile a quello di "cha" (tè), ma con due tratti orizzontali e non uno solo, citato in "Erya", il primo dizionario della cultura cinese, e nel "Libro delle odi", ma non si sa se indica il tè, la cicoria, o una canna palustre, quindi non sappiamo a cosa esattamente si riferisca nelle fonti antiche. Quindi non si sa se nell'antichità si consumasse la bevanda di tè, o si consumassero le foglie, infatti da certi testi corrotti emerge che queste foglie, sempre indicate come "amare", erano mangiate o usate come medicinale, e non come bevanda.
Il carattere "cha" risale all'epoca Han, ma non risulta diffuso, perchè è usato per la prima volta in un commentario allo "Hanshu", e in un nome di luogo. Compare solo diffusamente in epoca Tang, e riferito a un concetto di "cha" come lo intendiamo noi. La prima testimonianza affidabile che sia proprio il tè come bevanda è una biografia contenuta nel Sanguozhi (Storia dei tre regni), riferita ad un episodio del periodo 263-274 d.C., in cui un padrone di casa esigente obbligava gli ospiti nei banchetti a bere enormi quantità di vino, ma uno che lui stimava molto si rifiuta, allora gli fa dare di nascosto del tè al posto del vino, esempio di sostituzione e antagonismo del tè col vino, presente nei poemi famosi, che contrasta i suoi effetti nocivi, ci sono anche dialoghi personificati in cui tè e vino discutono le loro virtù. La cultura del tè, la sua diffusione capillare, comincia con la dinastia Tang, prima esistono poche menzioni; la parola tè è filologicamente poco affidabile, con testi manipolati; in epoca Tang il tè viene bevuto in tutte le case, nobili e ricchi, e gente comune, come dice Lu Yu.
Si può classificare la storia del tè per dinastie, Tang ecc. ma è poco interessante, fino al periodo moderno, ma non serve perchè non spiega lo sviluppo delle tecniche di coltivazione, preparazione, strategie di consumo, e quello che segue, recipienti ecc., oppure per i diversi sistemi di produzione. La cosa fondamentale è come si interviene sulla fermentazione che comincia dopo il distacco della foglia dalla pianta, che può essere terminata con l'esposizione al fuoco, al vapore, o prolungata con l'avvizzimento all'aria naturale, ma la cosa è poco interessante per un pubblico di bevitori medi. Si passa dal tè in mattonelle o pani, a quella in foglie; solo con i Ming si usano le foglie in infusione, prima nelle epoche Song e Tang era tè compresso in mattonelle, come l'odierno Puer.
Qual'è il metodo migliore? Il più semplice è come si presenta la cosa che beviamo, ossia le tre fasi del tè bollito, frullato e per infusione. La prima è la più antica, si fa bollire nell'acqua la sostanza tè, non le foglie, ossia il tè trattato in un certo modo, originando una zuppa densa con foglie galleggianti che veniva bevuta, aggiungendo anche cipolle, giuggiolo, scorza di agrumi e sale, come presso alcune minoranze attuali. Questo in epoca Tang. Il tè frullato è grossomodo quello della cerimonia del tè giapponese: la bevanda di tè è una sospensione di polvere verde brillante in acqua calda, ottenuta frullando con un frullino di bambù le foglie, che si identifica con l' epoca Song. L'ultima forma è l'infusione di foglie sciolte, che le risale all'epoca Ming.
Già in epoca Tang esistevano le diverse tecniche, come dice Lu Yu, la differenza era qual'era la pratica prevalente, elitaria e popolare. La cultura del tè è rappresentata da una serie di testi, che danno l'idea di un consumo elitario, anche se era generale. Si parla di pratica popolare ed elitaria perchè certe maniere di preparazione descritte nei canoni sono complesse ed onerose, con 17 strumenti diversi necessari secondo Lu Yu, quindi inaccessibili al pubblico. I pani di tè erano costosissimi, quindi riservati al re, il popolo lo consumava diversamente. Il punto di vista esatto è la considerazione dell'uso sociale: la rappresentazione dei modi di bere il tè dagli inizi alla din. Ming riguarda il consumo elitario e delle alte classi sociali. La rivoluzione nel tè è il passaggio dal tè in pani a quello in foglie, di epoca Ming, che lo rende accessibile a tutti, più facile da fare e trasportare, facendo quindi coincidere i modi di consumo.
Perchè il tè si diffonde in epoca Tang e non prima: i fattori sono due, il Buddismo e la compilazione del Canone del tè. La diffusione col Buddismo è legata alla proprietà stimolante del tè, che aiutava i monaci a restare svegli durante la meditazione. I monaci portavano con sè il tè spostandosi nel paese, da cui la sua diffusione ovunque. L'uso del tè è canonizzato da Lu Yu, mentre era già in atto. Il tè veniva barattato dagli Han con le minoranze del nord, e scambiato con cavalli, nel 770 è fondato un ufficio per i tributi in tè, ma nessuno ne aveva messo per iscritto l' uso e la cultura; fra il 758-760 lo fa Lu Yu, che usa volutamente il termine "jing" canone, cardine di una tradizione, perchè sa che scrive un'opera importante che tratta la coltivazione, manifattura e consumo, e cataloga anche le zone di produzione.
Il testo è famoso, ma inutilizzabile per noi perchè la pratica di bere il tè è cambiata, secondo la sua ricetta sarebbe disgustoso. Ma dal libro emergono dei criteri che rimangono quelli fondamentali per la preparazione, ossia l'attenzione all'acqua, al fuoco e agli strumenti. E' il primo dei "chashu" cinesi, circa 108 titoli sulla preparazione generale o specifica. Alcuni trattano solo della scelta del tipo di acqua per la preparazione. Addirittura si pensa che la descrizione della bollitura dell'acqua in Lu Yu sia la prima al mondo che parla di trasferimento del calore, in termini precisi e poetici. Lu Yu parla di tre fasi: nella prima ci sono bolle grandi come occhi di pesce, nella seconda bolle che circondano la pentola come un filo di perle, mentre nella terza l'acqua si muove col rumore del mare in tempesta. La quarta fase non bisogna raggiungerla perchè l'acqua sa di bollito. Questi aspetti li conserviamo, ma la preparazione con 17 strumenti e l'acqua di un certo tipo erano accessibili solo a una parte ridotta della popolazione. La tradizione dei "chashu" è quindi elitaria. Si tratta di un' idealizzazione del bere il tè, data dalla scelta dell'acqua, che secondo Lu Yu è quella che gocciola dalle stalattiti nelle grotte delle montagne, legato alla medicina tradizionale, ma praticamente impossibile, oltre che troppo calcarea. Egli parla anche di acqua di pozzo e di fiume, ma lo standard di eccellenza è quella delle stalattiti. Altri tipi di testi trattano dell'acqua per la sua provenienza, di neve (da evitare), o l'acqua dell'energumeno, che sbatte sulle foglie troppo violentemente, ecc. Ma tutti continuano a bere il tè con l'acqua che hanno a disposizione.
Passiamo alle fasi successive: il tè veniva preparato con la vaporizzazione, le foglie venivano pestate, preparando poi dei pani che venivano cotti in recipienti speciali. I pani si macinavano grossolanamente e si facevano bollire. Nel tesoro del tempio Famensi ci sono in argento gli strumenti nominati da Lu Yu, tramite cui si beveva la zuppa ricavata. In epoca Song si passa al tè frullato. Più semplice della preparazione di Lu Yu, ma complicata la realizzazione dei pani, più di prima, fatti di polvere compattata ed essenziale ottenuta con la vaporizzazione e spremitura delle foglie, privandole di tutta l'umidità, molto duri, una polvere simile al talco, poi polvere macinata, con l'aggiunta dell'acqua. In epoca Tang il pregio era il deposito, la zuppa, in epoca Song è la schiuma; si tenevano addirittura dei "combattimenti del tè" in cui vinceva chi faceva più schiuma bianca. In epoca Tang il era tè rossicio- verde, servito in tazze bianche, mentre in quella Song è bianco (per la schiuma) servito in tazze nere.
Colore, sapore e tipo di recipiente: ora il tè è verde, ma non è sempre stato così; anche il gusto, ora descritto statisticamente come: amaro, dolce o gan (dolce naturale), o prima amaro e poi dolce.
La tradizione del tè in realtà non è applicabile come discorso, lo è l'idea di consumarlo, mentre la pratica e gli strumenti si sono evoluti con metodi diversi. Pratiche elitarie descritte nelle epoche Tang e Song, ma intanto si diffondevano le case da tè. Nelle "Memorie dei monasteri di Luoyang" emerge che la pratica del tè era diffusa, e non come descritta nei testi classici, con le pratiche delle stalattiti idealizzate.
La rivoluzione avviene in epoca Ming, perchè la mattonella di tè era così preziosa che quando l'imperatore la regalava, il funzionario non la consumava, ma la conservava. Poi nasce il tè in foglie, e la preparazione per infusione, che cambia i recipienti. La zuppa Tang era fatta nella pentola, o tripode, il tè frullato era preparato in tazze ampie per la frullatura, poi si passa alla tazza col coperchio per l'infusione. La teiera compare tardi. Anche se la forma è antica, simile ai contenitori di vino e acqua, risale solo all' epoca Ming.
La storia del tè non è più lunga, perchè la nascita del tè per infusione è già avvenuta. Mentre prima la letteratura tecnica presentava le regole d'oro per pochi, improvvisamente la maniera di fare il tè diventa facile e accessibile a tutti. Ma subentra il fenomeno della distinzione: come distinguere il tè fatto da me da quello fatto da te? Allora nascono libri sul tè, cataloghi, strumenti, letteratura degli oggetti superflui che caratterizza parte dell'epoca Ming, che consiglia chi vuole preparare il tè e distinguersi socialmente.
La tazza è bianca sotto i Ming e il tè è verde. In seguito non capita più nulla di rilevante, ma emergono il Fujian come zona di produzione, e la tecnica di avvizzimento, ossia si lascia che le foglie secchino naturalmente, il che origina il tè Wulong, ossia a media fermentazione. La cultura del tè Wulong ha una cultura di preparazione, il gongfucha, con teiere piccolissime e tazze minime, perchè è forte. Ora viene estesa per qualità estetiche ad altri tè, come si vede nelle case da tè, ma è una pratica non tradizionale e non molto antica.
Da quando è iniziata la pratica del tè per infusione, è diventata prevalente, quindi i cambiamenti successivi sono stati solo un raffinamento al seguito del miglioramento delle condizioni economiche delle diverse regioni, tuttavia in Cina in certi periodi non è stata possibile la degustastazione come ora. Intanto il tè era arrivato in Giappone, che ha sviluppato la sua cultura del tè, ricca dal punto di vista materiale e piacevole da quello estetico. Permettendo che in un secondo tempo la cultura del tè in Giappone sia stata riportata in Cina, originando l'ondata di apertura di case da tè, data come tradizionale, ma che è il risultato di una ibridazione di consumo del tè tipicamente cinese con la forma data dalla cultura in Giappone. Il significato di questa ibridazione è la creazione di una tradizione, per rafforzare l'identità cinese e ricucire una cesura storica del 20° secolo, con la ricreazione della vecchia Pechino e Shanghai, inventando una tradizione che, come sempre, mira a rafforzare l'identità.
Quando si deve bere il tè? Il prof. Ceresa ci ha letto un elenco famoso di momenti in cui bere il tè contenuto in un trattato sul tè del 1597 di Xu Zishu. Infatti fino alla dinastia Ming nei "chashu", o libri sul tè, non si parlava delle circostanze e della compagnia con cui bere il tè, per motivi economici e sociali, ma in seguito questo elemento compare.
Momenti in cui bere il té: nell'ozio e nella spensieratezza, quando la poesia ci annoia, quando i pensieri sono confusi, seguendo il ritmo delle canzoni, quando la musica tace, in ritiro lontano dai problemi, suonando il qin e ammirando i dipinti, conversando a notte fonda, nello studio in una giornata di sole, nell'alcova o sotto una veranda, nell'intimità con gli amici, con ospiti illustri e con giovani signore, di ritorno da una visita ad un amico, in una giornata di sole, con il cielo velato ed una pioggia sottile, osservando i battelli variopinti da un piccolo ponte, fra rigogliosi alberi e slanciati bambù, coltivando fiori e allevando uccellini, fuggendo la calura in un padiglione fra le ninfee, bruciando incenso nel cortile, quando il vino finisce e gli ospiti se ne vanno, quando i giovani sono a lezione, in templi e monasteri solitari e fra le sinuose rocce di una fonte famosa. |
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