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Visioni del celeste impero
2007-12-04 15:04:58 cri     
La mostra intende illustrare l'evoluzione dell'immagine della Cina nella cartografia occidentale dall'Antichità ai giorni nostri, centrando l'attenzione sulle tre scuole cartografiche italiana, portoghese e fiamminga che svolsero un ruolo pionieristico nella definizione delle caratteristiche geografiche delle regioni extraeuropee, mantenendo un'assoluta supremazia a livello continentale sia per la quantità che per la qualità delle opere prodotte fin quasi alla fine del Seicento.

La cartografia italiana fu la prima a crescere e a svilupparsi in maniera autonoma. Prendendo le mosse dalla riscoperta rinascimentale del testo originale della Geografia di Tolomeo e dalla straordinaria testimonianza personale di Marco Polo, pubblicata nel Milione, ebbe il merito di riportare in auge il metodo scientifico per la costruzione delle carte, mettendo in secondo piano le realizzazioni puramente empiriche di epoca medievale;

La cartografia portoghese ebbe invece il merito di raccogliere e ordinare i dati provenienti da navigatori e esploratori che per primi stabilirono un collegamento diretto via mare con la Cina;

Alla cartografia fiamminga, incarnata dalle due straordinarie figure di Ortelio e Mercatore, va riconosciuta la capacità di sintetizzare le due tradizioni precedenti ed elaborare un sistema moderno di costruzione delle carte.

Queste nuove metodologie di lavoro, applicate alla cartografia della Cina, portarono alla graduale trasformazione dell'immagine del Celeste Impero diffusa nelle classi colte europee determinando un' accresciuta curiosità e interesse verso una civiltà che inaspettatamente sembrava superare quella europea in quasi ogni campo dello scibile umano.

In Cina la tradizione della cartografia scientifica, basata su precise regole matematiche e geometriche, era assai più antica e radicata che in Europa. I cartografi cinesi sapevano fondere in modo mirabile geografia fisica e geografia politica, geografia sociale e geografia economica, corografia e cosmografia, esigenze teoriche e necessità pratiche e arricchire la sintesi con dettagliate descrizioni dei territori e delle popolazioni che li abitavano.

Quando gli studiosi occidentali, in particolare i gesuiti italiani (da Matteo Ricci a Michele Ruggieri, da Giulio Aleni a Martino Martini) ebbero modo di constatare di persona l'alto livello qualitativo e informativo raggiunto dai cinesi in campo geografico e cartografico, ne ricavarono notevoli benefici e, grazie ai nuovi strumenti astronomici europei, furono in grado di redigere mappe della Cina in generale e delle singole province, che in precisione e dettagli superavano ogni esemplare precedente?

L'esposizione spazia sui secoli XV-XVIII, in cui progressivamente si affermò il metodo scientifico nella costruzione delle carte, la nascita dell'Atlante come raccolta ragionata di mappe facile da consultare e trasportare, parallelamente all'invenzione di sistemi di rilevamento e proiezione sempre più accurati, l'uso di strumenti astronomici e geodetici gradualmente più precisi e aggiornati, oltre che il rivoluzionario ausilio offerto dall'invenzione della stampa.

Quale ultimo tratto dell'ideale percorso cartografico attraverso i secoli troviamo una serie di Tavole tratte da Atlanti francesi, tedeschi, inglesi e italiani, datati fra la fine del Settecento e metà Ottocento. Il modo europeo di rapportarsi con gli altri popoli, specie quelli orientali, era radicalmente mutato: era iniziata una esplorazione sistematica del territorio cinese, con spedizioni patrocinate dalle principali società geografiche europee, che mise in luce l'antichità, la ricchezza e il livello raggiunto dalla civiltà cinese e avviò la ricerca delle influenze reciproche nelle modalità di vita e di pensiero.

Fulcro della mostra è la figura di Martino Martini S.J. autore del primo Atlante moderno della Cina (il Novus Atlas Sinensis pubblicato ad Amsterdam da Joan Blaeu in prima edizione nel 1655), trait-d'union fra la tradizione cartografica occidentale e quella orientale, nonché fra due mondi e due culture, quella europea e quella cinese. Di lui sono esposte 2 edizioni originali dell'Atlante, (Amsterdam 1655 e 1658), la riproduzione del ritratto conservato presso il Castello del Buonconsiglio di Trento e le carte delle singole province rientranti nell'Atlante (inclusi Corea e Giappone). Attorno all'opera di Martini sono esposte in facsimile le opere dei suoi predecessori, contemporanei e successori: da Tolomeo alle sintesi settecentesche di Du Halde e d'Anville, senza scordare l'opera, per certi versi fantasiosa, del suo professore di matematica al Collegio Romano, Athanasius Kircher, uno fra gli uomini più colti ed eclettici del suo tempo.

Le opere coeve, di proprietà della Biblioteca nazionale di Cina, completano questo periodo. L'esposizione delle carte manoscritte di Ricci, del suo Mappamondo, del rotolo con la carta della Cina, accanto a quelle di Martini creano una linea ideale di eredità: entrambi campioni del dialogo interculturale, della condivisione di conoscenze, di studi scientifici e morali, tratti dalle rispettive culture.

Questa mostra respira dunque il tema dell'incontro di civiltà, delle comunanze e delle affinità sviluppate nel corso dei secoli, ottenute in modo pacifico attraverso lo scambio scientifico, artistico e culturale. Noi europei ricordiamo che il 2008 è stato dichiarato "anno del dialogo interculturale", ed è proprio ricordando e proponendo quel fecondo scambio tra le civiltà cinese ed europea avvenuto ormai circa quattro secoli, fa che ci accingiamo a guardare al futuro con spirito di amicizia e di collaborazione. Auguro che questa mostra contribuisca a rafforzare questo sentimento.

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