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Negli oltre duemila anni di storia feudale della Cina, due sono state le correnti di pensiero dalla valenza di emancipazione ideologica: la prima risale al terzo secolo d.C., durante le dinastie Wei e Jin, e la seconda al 16°-17° secolo, verso la metà della dinastia Ming. Oggi vi presenteremo il pensatore e teorico dell' arte e della letteratura Li Zhi, pioniere della seconda corrente di rinnovamento.
Li Zhi nacque nel 1527 a Quanzhou, una città costiera della provincia del Fujian. I suoi antenati erano grandi mercanti locali che avevano intrattenuto relazioni commerciali col Golfo Persico e preso in moglie donne indiane. La connotazione internazionale della famiglia scomparve solo all'epoca dei nonni, quindi Li Zhi crebbe sotto l'influenza della cultura tradizionale cinese.
Ai tempi di Li Zhi, la famiglia era già in declino. Raggiunta l'età adulta, egli superò gli esami imperiali, ottenendo una posizione di funzionario di basso rango, cosa che tuttavia lo rese infelice. La promozione arrivò solo a 50 anni, quando divenne governatore di una regione. Tuttavia, diversamente da molti altri intellettuali, egli ambiva a formare un pensiero ed una personalità indipendenti. Senza l'indipendenza, non si sentiva intimamente soddisfatto. Proprio per questa mentalità, mentre occupava un'alta posizione, decise di dimettersi all'età di 53 anni. Qualche anno dopo, si rasò i capelli, facendosi monaco e dedicandosi alla riflessione e alla scrittura.
I contenuti delle sue opere sono molto ampi, senza tuttavia formare un sistema. La sua personalità anti-feudale e il suo spirito ostinato gli valsero più volte la persecuzione dei governanti, finendo per morire in prigione.
Il pensiero di Li Zhi comprende due aspetti, il primo dei quali è la critica alla dottrina confuciana tradizionale. Benchè nei millenni, per le restrizioni imposte dagli esami imperiali, l'educazione degli intellettuali cinesi, ivi compreso Li Zhi, sia sempre stata inquadrata nel Confucianesimo, alcuni mantennero sempre una mentalità indipendente, riconsiderando in età adulta o anziana la dottrina confuciana, e proponendo principi opposti. In tarda età, Li Zhi fu uno di questi oppositori alla dottrina corrente. Nei suoi scritti, egli nega chiaramente l'esistenza dei "saggi", ritenendo che i cosiddetti "saggi" non siano diversi dalle persone comuni, e si oppone al sistema degli esami imperiali della dinastia Ming e ai principi confuciani secondo cui "la mediocrità delle donne è una virtù" e "l'uomo è più importante della donna", criticando chi non permetteva alle donne di risposarsi. Per esprimere la sua ferma ostilità al Confucianesimo, commentò nei particolari i classici della dottrina, difendendo i personaggi storici disprezzati. Ad esempio, nel suo importante scritto "Commenti storici", egli elogia il capo della rivolta contadina dell'antichità Chen Sheng e lo affianca agli imperatori e re, un atto sicuramente intollerabile per i governanti.
Il pensiero contrario alla tradizione di Li Zhi si esprime anche nella sua teoria dell' arte. Nella creazione letteraria del tempo, per corrispondere agli esami imperiali e soddisfare le esigenze delle classi dirigenti, gli scritti riflettevano molto poco la realtà sociale. I letterati riproducevano infatti il passato, imitando i detti e le posizioni dei maggiori esponenti del Confucianesimo. Al contrario Li Zhi avanzò apertamente la famosa dottrina del "cuore infantile", ossia il cuore originario del bambino. Egli ritiene che un' opera letteraria debba essere un' espressione naturale del vero sentimento dell' autore, mentre imitando pedestremente i classici e manipolando i sentimenti, è impossibile creare opere davvero emozionanti. Nel frattempo egli ritiene che tutti abbiano un loro mondo interiore, cosa che occorre riconoscere apertamente senza ipocrisie, per cui mette alla berlina la classica dottrina confuciana.
Nella primavera del 1601 il monastero in cui risiedeva Li Zhi venne distrutto da un incendio doloso, ordinato a quanto pare da un funzionario locale. Infatti Li Zhi, allora prossimo ai 70 anni, aveva preso come discepola una vedova appartenente ad una ricca famiglia locale, e discuteva temi accademici con molte donne intellettuali dalla mentalità aperta. Nella società feudale che proibiva stretti contatti tra uomini e donne, Li Zhi non solo ignorava i commenti esterni, ma addirittura lodava queste donne nei suoi scritti, il che equivaleva ad un'aperta sfida alle convenzioni sociali, il che gli valse l'arresto per "istigazione alla prostituzione". Secondo vari documenti scritti, Li Zhi non fu mai maltrattato in prigione, continuando a scrivere e a leggere liberamente e persistendo durante gli interrogatori nella sua posizione contraria alla dottrina confuciana.
Li Zhi compose una decina di testi per oltre un milione di caratteri, prevedendo anche l'impossibilità che le sue opere fossero pubblicate apertamente nella società. Di conseguenza arrivò ad intitolarne una "Libro arso", che significa che questo prima o poi sarebbe stato dato alle fiamme. Un altro venne chiamato "Libro nascosto", nel senso che si sarebbe diffuso solo secoli dopo al momento opportuno. Ed in effetti, dopo il suicidio di Li Zhi in carcere all'età di 76 anni, l'imperatore ordinò di dare alle fiamme tutte le sue opere. Tuttavia ciò non ha impedito che la fama di Li Zhi passasse alla storia. Il suo pensiero anti-tradizionale ha svolto un ruolo illuminante nel mondo ideologico e letterario estremamente silente del 16° secolo, in epoca Ming.
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