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Cina: le politiche etniche non verranno cambiate a causa degli incidenti del 5 luglio
2009-07-17 16:47:42 cri     Author: cri

Il 15 luglio a Beijing, il vice presidente del Comitato permanente dell'Assemblea Popolare Nazionale cinese, Ismail Tiliwaldi, ha concesso un'intervista congiunta ai media cinesi e stranieri sugli incidenti del 5 luglio ad Urumqi. Tiliwaldi, dell'etnia Uygur, che ha lavorato per quarant'anni nella regione, ritiene che gli incidenti non siano un avvenimento etnico o religioso, ma gravi violenze terroristiche contro lo stato ed il genere umano, premeditate, organizzate e controllate da persone all'estero, e che la soluzione degli incidenti sia del tutto un affare interno della Cina. Ribadendo che il governo risolverà gli incidenti in base alla legge e riconfermando la severa punizione per i criminali, Tiliwaldi ha anche sottolineato che il governo centrale cinese non cambierà le politiche etniche già fissate a causa degli scontri. Ecco di seguito un nostro servizio in merito.

All'intervista hanno partecipato i media provenienti da Turchia, Pakistan, Marocco, Malaysia ed altri paesi. Nel corso degli scambi di opinione, durati circa 2 ore, Tiliwaldi ha ribadito più volte la natura vile degli avvenimenti e che la loro soluzione è un affare interno della Cina.

"I fatti dimostrano pienamente che questi incidenti non hanno relazioni con l'etnia o la religione, ma sono violenze terroristiche premeditate, organizzate e controllate da persone all'estero."

Secondo le ultime statistiche, gli incidenti di Urumqi hanno ormai provocato centonovantasette morti, più di millesettecento feriti e notevoli perdite materiali, con oltre trecento negozi e seicento automobili assaltati ed incendiati. A riguardo, Tiliwaldi ha ribadito che la Cina punirà severamente i criminali in base alla legge e non permetterà assolutamente che gli interessi delle popolazioni delle varie etnie del Xinjiang vengano danneggiati.

"Questi incidenti saranno trattati in conformità alla nostra costituzione, secondo la quale ogni cittadino è responsabile della salvaguardia della sicurezza nazionale e ha l'obbligo di opporsi ai crimini violenti di percosse, assalti, rapine e incendi. Poiché le violenze hanno gravemente minacciato la sicurezza della vita e dei beni della popolazione e provocato enormi danni, agiremo in base alla legge e puniremo severamente i terroristi, soprattutto i capi: la Cina è uno stato di Diritto."

Tiliwaldi ha affermato che gli incidenti del 5 luglio sono stati provocati e organizzati all'estero dalle "tre forze" e portati avanti all'interno, con l'obiettivo di danneggiare l'unità e la solidarietà etnica del paese. Ha riaffermato la posizione coerente della Cina sul problema della lotta al terrorismo.

"La lotta severa al terrorismo è la posizione coerente di tutti i paesi sovrani nel mondo, ivi compresa la Cina. Il trattamento appropriato e a nroma di legge da parte del governo degli incidenti del 5 luglio ha ottenuto l'ampio sostegno e comprensione della comunità internazionale."

Nato nel Xinjiang, laureato presso l'Università del Xinjiang ed ex presidente della regione, Tiliwaldi sente profondamente la superiorità delle politiche preferenziali mai cambiate nei decenni passati e del sistema dell'autonomia regionale etnica applicati dal governo centrale nelle regioni etniche. Di fronte a varie speculazioni, il vice presidente del Comitato permanente dell'APN ha sottolineato che il governo centrale non cambierà le politiche etniche già stabilite.

"L'inclinazione e la preferenza politica del governo cinese per le minoranze etniche sono coerenti; si incarnano non solamente in una serie di politiche che arricchiscono la popolazione, come la strategia di valorizzazione dell'Ovest del paese, ma anche nel rispetto verso le loro credenze religiose e beni culturali. La politica del governo centrale verso le regioni etniche è buonissima. Non c'è bisogno di preoccuparsi che possa cambiarle dopo gli incidenti del 5 luglio: è impossibile. Il governo ha l'ottima idea di lottare solidalmente per lo sviluppo e la prosperità comuni, poiché senza una società benestante nelle regioni etniche, non se ne realizzerà una benestante nell'intero paese. "

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