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Autoanalisi degli americani sei anni dopo lo scoppio della guerra in Iraq
2009-03-20 19:31:39 cri     Author: qiancan

La guerra in Iraq iniziata nel 2003 ha lasciato un'enorme ombra sulla politica, l'economia e la vita della società degli Stati Uniti. Alla fine del febbraio di quest'anno, il nuovo presidente americano Barack Obama ha annunciato il suo piano di ritiro delle truppe dall'Iraq, che ha permesso agli americani di trovare la speranza di porre fine a questa guerra. Quale sarà la strada che l'Iraq dovrà seguire? Molti americani discutono ancora dei "risultati" e delle "perdite" della guerra. Eccovi di seguito il reportage dettagliato in merito:

Penny Preszler è una comune cittadina americana, il cui figlio di 24 anni sta prestando servizio in Iraq. Lei ha detto che suo figlio ha progressivamente subito molti cambiamenti psicologici dalla sua partenza per l'Iraq, che le hanno portato grande preoccupazione. Il piano di ritiro delle truppe annunciato da Obama le ha dato la speranza di riunirsi al figlio, ma allo stesso tempo teme di non ritrovare più il figlio vivace e aperto di una volta.

In sei anni dallo scoppio della guerra in Iraq, in quanto iniziatore di tale conflitto, gli Stati Uniti hanno pagato tanto in ambito politico, economico, militare, della società e della propria immagine internazionale. Secondo gli ultimi dati resi noti il 19 marzo dall'Associated Press (AP), in sei anni di guerra in Iraq sono già morti almeno 4.259 soldati americani. Visto l'enorme consumo di risorse umane, materiali e finanze, questa guerra si è scontrata con l'opposizione della maggior parte della popolazione americana e della comunità internazionale. La "fine della guerra" è diventata uno degli appelli più forti nel periodo delle elezioni presidenziali americane del 2008, ed è stata anche la promessa più esplicita fatta da Obama durante la campagna elettorale. Alla fine di febbraio, il presidente degli Stati Uniti Obama ha annunciato che il Paese ritirerà le truppe di combattimento dall'Iraq entro la fine di agosto dell'anno prossimo e che il ritiro di tutte le truppe americane avverrà alla fine del 2011.

Tuttavia, in molti americani coesistono ancora accettazione e dubbio in merito alla notizia del ritiro dell'esercito dall'Iraq. Bob Arbasetti, soldato in congedo, ha detto:

"Spero che si tratti della decisione giusta al momento giusto. So che i soldati non vedono l'ora di riunirsi alle famiglie."

Il funzionario in pensione Bob Heintz ha detto:

"Sarò certamente molto lieto se i soldati potranno ritornare a casa. Spero solo che il governo abbia preso questa decisione al momento giusto e che tale scelta porti dei risultati giusti. Non voglio vedere l'Iraq diventare nuovamente un paese terrorista a causa del ritiro degli Stati Uniti. Nonostante ciò, auguro che il governo possa trovare una via adatta, permettendo ai soldati di ritornare a casa."

Thomas Ricks è stato giornalista di grande esperienza per i quotidiani "Wall Street Journal" e "Washington Post" al Pentagono, realizzando ricche interviste per la guerra in Iraq. Egli ritiene che, come ha detto Obama, il quadro iracheno ha visto un miglioramento e sono stati ridotti gli incidenti di violenza, ma la vittoria è ancora lontana.

"L'esercito degli Stati Uniti ha ottenuto dei risultati dal punto di vista tattico, migliorando notevolmente la situazione della sicurezza in Iraq, ma dal punto di vista strategico e politico non ha ottenuto la vittoria, e solo questo è il maggiore obiettivo."

L'opinione di Thomas Ricks è molto rappresentativa negli Stati Uniti, ed ha risonanza anche all'interno del governo Obama. Il ministro della Difesa americano Robert Gates ha affermato che se l'Iraq avanzerà una richiesta in merito, l'esercito degli Stati Uniti lascerà una parte delle forze armate in Iraq dopo il 2011.

Secondo quanto annalizzato da Tomas Ricks, le situazioni sfavorevoli affrontate dal presidente Obama hanno reso la sua scelta del ritiro delle truppe molto difficile. Egli ha detto che Obama non ha compreso appieno i possibili cambiamenti portati dalla guerra in Iraq a lui e al suo nuovo governo.

"Ritengo che questa guerra sia stato l'errore più grande nella storia della politica diplomatica americana e che questa guerra sia una tragedia."

Negli ultimi sei anni dallo scoppio della guerra in Iraq, negli Stati Uniti non mancano le riflessioni sul conflitto. Tuttavia, alcuni studiosi hanno notato che tali riflessioni consistevano solo nell'attenzione ai "risultati" e alle "perdite" degli Stati Uniti, invece che al disastro e alle sofferenze causate dalla guerra al popolo iracheno.

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