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"Qui la realtà presenta una quantità e intensità uniche, Pechino cambia volto, e dà addio alle antiche tradizioni, per una modernità come le metropoli Usa per intensità di vita.
Ho ottenuto un master a Los Angeles in due anni, dopo la laurea a Roma nel 1979, ho lavorato tre anni in California del sud, e sono venuto in Cina su invito di due amici cinesi con cui studiavo nell' 84, che nel '95 mi hanno invitato per un concorso pubblico, allora ho deciso di rimanere. Ho lavorato con società locali per due anni, nel '98-'99 ho aperto lo studio, che va bene. Eravano 15-20 persone fino a un anno fa, ma visto che dobbiamo redigere bene solo la parte concettuale e preliminare del progetto, il resto è fatto dagli studi locali cinesi, ora siamo solo 8, con architetti cinesi, che mi aiutano a sviluppare i progetti. Questo anche per motivi di budget.
Per operare qui, si lavora con studi cinesi, perchè nessun architetto straniero può aprire studi senza lavorare con uno studio di ingegneria cinese. Noi facciamo il master planning del progetto e l'organizzazione degli edifici, ma occorre il collegamento con uno studio ingegneristico di primo livello locale per il piano ingegneristico ed esecutivo, degli impianti, anche se il cliente cinese alla fine ci interpella.
Il mercato qui è così grande che abbiamo potuto fare tutto: dai piccoli progetti, da qualche migliaio di mq, ai grandi alberghi ed esposizioni da mezzo milione di mq edificati. Il secondo progetto che abbiamo vinto a Pechino era di 800 mila mq...
Il restauro del tempio Guandi mi ha portato fortuna. Ha anche impostato il mio progetto professionale qui, ossia l'offerta di servizi alternativi rispetto alle migliaia di società che vi operano, con standard migliori di qualità. E' stato un intervento senza compromessi, visto che il cliente di HK, ma di origini europee, mi ha lasciato intervenire liberamente, con yin e yang diversi che si uniscono in armonia, il che mi ha dato una buona reputazione che mi ha portato fortuna."
Nello studio abbiamo notato un modellino di un complesso di edifici a forma di loto, uno degli ultimi progetti dell'architetto Giocondi. Secondo la sua illustrazione, si tratta di un centro commerciale dotato di un hotel e di uffici, ideato in modo sperimentale con una metodologia occidentale, per rendere piacevoli agli orientali simboli cinesi come l'acqua e il fiore di loto.
Ideato un anno e mezzo fa, il centro era stato ben promosso in Italia, anzi era stata versata la prima equity, ossia la prima parte dei finanziamenti, ma è poi stato rifiutato dagli investitori italiani per il sito assegnato dal comune, sul 4 anello est, ora ancora incompleto. Secondo l'architetto Giocondi, è stata un'incomprensione sbagliata, anche dovuta al fatto che ci dovevano essere i grandi marchi italiani. Questo perchè l'occidente vede la realtà cinese diversa da quella che è, e solo chi ci vive ne ha una buona comprensione. Tuttavia egli ha aggiunto: "Il progetto dell'Oriental Italian Center lo stiamo rilanciando perchè il Chaoyang District lo apprezza. Altri progetti qui a Pechino non hanno caratteristiche locali, potrebbero stare in qualunque parte del mondo, quindi non sono apprezzati dai pechinesi, ma il nostro sì, perchè alternativo, visto che è pensato da occidentali, ma con un' analisi dei simboli e della cultura cinesi, come forma e contenuto, trasformati con i mezzi moderni.
Sono convinto che in Cina si può generare del nuovo, io credo che i cambiamenti socio-economici generano cose nuove, nella musica, architettura, letteratura... I paesi sono condizionati dai nuovi ingressi. Io sono appassionato di jazz, che non è stato pensato a tavolino, ma è nato magicamente con incontri con la musica afro-americana per i ritmi, con quella locale Usa per il country, e con quella classica europea, combinate sul lungo periodo. Qualcosa di simile può succedere in Cina... dopo una lunga chiusura, ora c'è l'apertura, migliaia di voli la settimana cambiano le condizioni, diventerà interessante la sperimentazione dell'architettura e cultura occidentali con la realtà, simbologia, ambiente cinesi, può nascere del nuovo nella composizione architettonica, ossia rispondere alle esigenze umane in modo positivo.
Il dovere di un architetto è pensare cose in sintonia col futuro, noi siamo nel futuro, pensiamo a qualcosa che non c'è, il che è la cosa più bella della mia professione. Pensando alle esigenze delle persone nel futuro, dobbiamo lottare perchè i contemporanei accettino il nuovo. Gli elementi cinesi nei miei progetti non sono così leggibili, ma ci sono. Nel Rinascimento c'è stato un risveglio della classicità del passato dopo il sonno del Medioevo, ma non hanno copiato i capitelli o gli elementi decorativi greci ma li hanno reinterpretati secondo le esigenze ideali e tecnologiche del tempo, con un risultato magistrale. Quindi ora non dobbiamo copiare un tetto cinese su un edificio moderno, ma capire cosa vuol dire un tetto cinese oggi e domani, una cosa difficile, cosa significa la decorazione, e trasformarla in qualcosa di nuovo. Questa è la grande sfida e opportunità per la Cina di essere l'unica zona del mondo a creare qualcosa di nuovo. Questo non però come avviene ora nel mondo, che gli architetti cercano di fare cose nuove e sorprendenti, con uno sforzo di produzione che è arrivato alla fine dei significati. In occidente c'è aridità, hanno perso di vista lo scopo principale dell'architettura, di creare l'armonia della vita, il piacere di vivere nell'architettura creata, il che dà la misura della bravura di un architetto. Certi grandi edifici stranieri qui non danno emozione, non sono simboli che danno piacere per la vista o l'utilizzo, esprimono solo le concezioni dei creatori occidentali.
Mi piace l'Opera House di Shanghai di Charpentier, un oggetto moderno ma orientale, che non copia solo le decorazioni cinesi e le attacca alla struttura occcidentale, come fanno molti. In ogni caso negli ultimi 4-5 anni c'è stato un miglioramento generale dell'approccio progettuale.
Lo Stadio nazionale è bello, diventerà il simbolo, il landmark di Pechino: però ora gli architetti occidentali qui pensano a scioccare, a sorprendere, ma è un approccio non positivo, bisogna dare emozioni positive a chi utilizza gli edifici.
L'architetto della CCTV Tower è bravo, ma non è la sua opera migliore, io amo un'archiettura più romantica, meno dura e conflittuale col contesto, che interagisce meglio con questo. Occorre dare risposte più vere e adeguate alle esigenze di vita e lavoro delle persone, lo vedo come un oggetto duro nel contesto urbano, manca di adattamento con la cultura locale. Questo è il mio punto di vista. Oggi coi computer non ci sono più problemi tecnologici e strutturali. Gli ascensori della torre vanno in obliquo, per esempio, ma la forma deve essere determinata rispetto ad una funzione vera, semplice, non complessa.
Quello che amo dell'archiettura cinese non è il fatto estetico, che non è tanto cambiato nel tempo, se non nello sviluppo tecnico costruttivo, ma il simbolo generato, che tocca l'anima delle persone. Quello che si prova nella Città Proibita è la purezza assoluta di elementi, l'avvertire un posto dalla ricca storicità, permeato dal sudore, dalla cultura dell'uomo, perchè qui sono avvenute grandi cose. Questo è ciò che mi affascina di più in ogni architettura. L'importante è quello che la decorazione fa provare, ossia un'architettura umana. Ma per i materiali in legno, gli incendi, e la deteriorabilità, gli edifici cinesi non si conservano a lungo come quelli greci o romani...
Il Feng Shui è una delle basi dei miei progetti, ed è fondamentale per i simboli che contiene, ma non mi lascio condizionare tanto dalle leggi originate. A volte è in contrasto col vivere contemporaneo, quindi lo gestisco insomma, lo reinterpreto. Anche in Italia ci sono principi del genere. Per tradizione in Cina le residenze devono essere rivolte a sud, ed ora lo sono ancora, per esigenze di riscaldamento, ma ora questo c'è, quindi i locali aprono le finestre d'inverno per il caldo... bisogna cambiare, adattarsi alle esigenze attuali. Non deve diventare una superstizione." |
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