Wen Zheng
  2016-11-16 18:11:28  cri

 

 

 

 

 

Wen Zheng, direttore del Dipartimento d'Italiano dell'Università di lingue straniere di Beijing

Ogni tanto si parla degli scambi culturali fra l'oriente e l'occidente, è quasi d'obbligo di fare partire il discorso dagli italiani Marco Polo e Matteo Ricci, perché storicamente la Cina e l'Italia rappresentavano le potenze culturali più importanti, che si trovano alle due estremità del continente euro-asiatico. Sono molto contento che oggi i nostri due paesi continuiamo ancora questa splendida tradizione, perché tutti noi sappiamo che senza la conoscenza reciproca della lingua e cultura, è difficile sviluppare gli altri settori. In questi cinque anni assistiamo a una grande fioritura dell'insegnamento dei cinesi. Lo studio del cinese è stato inserito tra insegnamenti obbligatori del sistema scolastico nazionale, per cui sono stati istituiti i corsi del cinese nelle scuole primarie, secondarie e università. Recentemente in Sicilia è costituito l'Istituito Confucio in Italia, quindi si prevede che nel 2020 solo a questi Istituti Confucio saranno dieci mila studenti italiani sia piccoli che grandi che studieranno il cinese. Ecco perché i media italiani dicono sempre che per gli italiani il cinese è la lingua del futuro. Di fronte a questa febbre cinese, i collegi italiani e cinesi si stanno ad operare insieme per la formazione dei docenti locali e creando nuove modelli di cooperazione, come ad esempio, il programma di nuovo sinologia. Contemporaneamente in Cina la febbre per la lingua e la cultura italiana continuano ancora, da quando sono stati avviati i programma di Marco Polo e Turandot. Si tratta di uno sviluppo ad alta velocità senza precedenti, fino a quest'anno, più di venti università cinesi hanno aperto il corso di laurea d'italiano, e ogni anno oltre cinque mila studenti cinesi vanno in Italia a fare università e seguire i corsi magistrali o dottorali. Insomma secondo me allo scopo di promuovere ulteriormente lo sviluppo dei rapporti bilaterali, dobbiamo mantenere reciprocamente questa febbre per le lingue, perché nessuno dei regami economici, politici e culturali può nascere, consolidarsi e portare frutti senza la conoscenza della lingua.

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