Zhang Huide, il missionario della Serie A
  2016-01-05 16:07:46  cri

Rinascimento e catenaccio

Spinto dall'amore per la cultura italiana, durante le telecronache Zhang Huide non si limitava al semplice racconto della partita ma di continuo spaziava sulla cronaca e la cultura: il contesto storico, i costumi, i caratteri delle varie città e le idee che puntellavano gli schemi di gioco. Una volta, durante una trasmissione, spiegò così l'essenza del calcio italiano: «Perché agli azzurri piace la difesa a catenaccio e il contrattacco rapido? Storicamente parlando, l'Italia è un paese piuttosto piccolo che per secoli ha dovuto resistere alle invasioni esterne. In mancanza di una grande forza militare, la difesa e il contrattacco sono la strategia più efficace: mi sembra che lo spirito del calcio italiano corrisponda alla storia nazionale. E c'è l'eredità del Rinascimento: il popolo italiano è inscindibilmente legato alla sua cultura, attinge dalla storia il proprio carattere. Così anche il calcio italiano può essere definito un calcio "culturale"».

Secondo Ha Guoying, responsabile della trasmissione sulla Serie A della CCTV, «Zhang non si limitava alle semplici telecronache, il panorama culturale che pennellava sapeva stimolare nei tifosi cinesi una passione profonda per lo sport e per l'Italia. Mischiò ingegnosamente il calcio e la storia, fondendo all'analisi della tattica calcistica il racconto della cultura della Penisola. Ai suoi occhi, ogni squadra e ogni campione della Serie A possedevano un carattere e uno stile propri. Le telecronache riflettevano non solo il suo amore verso il calcio, ma anche la sua passione per la cultura».

L'amico cinese

La sua capacità di raccontare il calcio italiano non dipendeva solo dalla padronanza della lingua: come corrispondente Zhang Huide intervistò il presidente della Lega Calcio Antonio Matarrese, il presidente della Juventus Giovanni Agnelli, i celebri allenatori Enzo Bearzot, Fabio Capello e leggende del calcio come Michel Platini, Diego Maradona, Paolo Rossi, Roberto Baggio e Roberto Mancini.

Zhang Lu ci racconta: «Tra i molti amici di mio padre nel mondo del calcio, Sven-Göran Eriksson e Mancini mi colpirono più di tutti. Nel 1994, quando la Sampdoria atterrò per la prima volta in Cina, Eriksson era l'allenatore e Mancini il capitano. Mio papà fece da interprete, il lavoro andò a gonfie vele e i dirigenti doriani ne furono molto soddisfatti. Come fosse un vecchio amico, Mancini accettò con gioia di farsi intervistare da mio padre: conservo ancora oggi il ricordo del suo temperamento umile e spontaneo. Ericsson invece mise in mostra la sua ironia, scherzando dopo la sconfitta della Sampdoria contro la Nazionale cinese: "Signor Zhang, devi assumerti la responsabilità della sconfitta di stasera. Conosci troppi segreti della nostra squadra!".

«Mio padre era un uomo aperto e tranquillo, approcciava gli italiani, che fossero politici o gente di strada, con buona volontà ed entusiasmo. Forse è per questo che molti tra loro lo hanno sempre considerato l'"amico cinese"». L'intervista si conclude e Zhang Lu ci mostra qualche manoscritto originale dei lavori del padre. Ricorda che era un uomo felice, perché riusciva a unire il suo lavoro a ciò che amava di più.

Zhang Huide se n'è andato e insieme a lui quell'irripetibile epoca d'oro della Serie A. All'inizio degli anni Novanta, attraverso la piccola finestra della tv, la voce vivace del signor Zhang entrò nelle case di milioni di famiglie, fissando per sempre nel cuore dei tifosi cinesi il ricordo dell'AC Milan, della Juventus, della Sampdoria e delle altre squadre. Nella memoria dei giovani che sono cresciuti ascoltando i suoi racconti e per chi è invecchiato guardando la sua trasmissione, la voce del signor Zhang è qualcosa di insostituibile. «La sua scomparsa mi riempie di tristezza – ha ammesso il noto commentatore He Wei – ma la memoria condivisa di quegli anni, incisa per sempre nel mio cuore, mi fa sentire che il maestro non ci lascerà mai». Un dono per i tifosi e un esempio di virtù e talento, Zhang ci ha lasciati ma il suo spirito rimane tra noi. E in ciò sta il vero splendore.


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