La Via della Seta marittima--La porcellana Ou di Wenzhou
  2017-10-31 12:01:53  cri

La Via della Seta marittima è in realtà la Via della Porcellana, difficile da trasportare a dorso di cammello lungo le piste dei deserti dell'Asia. Le navi divennero così il mezzo di trasporto ideale con cui le delicate porcellane cinesi, protette da strati di foglie di tè, potevano raggiungere i paesi dell'Asia, dell'Africa e del bacino del Mediterraneo. Tra gli altri maggiori prodotti esportati dalla Cina figurano la seta, la lacca e il tè.

Attiva per più di 1.300 anni fino all'inizio del XV secolo, al tempo della dinastia Ming, la Via della Seta marittima coinvolse soprattutto i porti cinesi di Taicang, Hangzhou, Ningbo, Wenzhou, Quanzhou, Fuzhou e Guangzhou, interessando anche Nanchino (punto di partenza delle spedizioni dell'ammiraglio Zheng He) e Yangzhou (centro commerciale lungo il Grande Canale).

Il nostro viaggio per conoscere la realtà passata e presente della Via della Seta marittima inizierà da Wenzhou, la città da cui proviene la maggioranza dei cinesi residenti in Italia. Posta alla foce del fiume Oujiang e priva di terreni coltivabili, storicamente Wenzhou è sempre stata un prospero centro del commercio interno ed estero, con centinaia di mercanti attivi sulle rotte per il Giappone e la penisola coreana e una serie di intraprendenti viaggiatori e geografi autori di interessanti resoconti di viaggio. Nel XII-XIIII secolo, la città ha visto la nascita della Scuola di Yongjia, espressione della nascente classe industriale-commerciale locale, che riteneva giusto il profitto e invitava il governo centrale a sostenere il commercio, l'industria, la circolazione della moneta, la proprietà privata e i rapporti subordinati di lavoro, facendo dei mercanti la forza portante della società. Lo spirito che continua ad animare gli attuali imprenditori di Wenzhou, attivi praticamente in ogni parte del mondo.

Oltre all'industria e al commercio, Wenzhou spicca anche per la ricchezza del suo artigianato, che ora sta vivendo una vigorosa rinascita grazie all'impegno congiunto della cittadinanza e del governo locale: carta grezza di bambù, intarsio decorativo su pietra dura, scultura su pietra e legno di bosso (Buxus sinica), scultura di argilla da parete, scultura di riso, lacche, carte ritagliate a mano di dimensioni microscopiche, lanterne di bambù, barche-padiglione rituali, ecc.

La città è anche famosa per le sue porcellane, in passato ampiamente esportate insieme alle lacche, alla seta e al tè.

                              

Brocca con motivi di felci                                                                    Brocca          

 La porcellana Ou di Wenzhou

Uno dei primi collezionisti di porcellane Ou fu l'imperatore Qianglong (sul trono dal 1736 al 1796) della dinastia Qing: si tratta di una ciotola verde, dell'epoca dei Song meridionali (XIII secolo), adagiata su un cuscinetto di ostriche e mitili, estratta dal fondo del mare all'inizio del XVIII secolo e offerta in dono alla corte imperiale da un funzionario locale. La ciotola, che ora fa parte delle collezioni del Museo Nazionale del Palazzo di Taipei, presenta le stesse caratteristiche delle ciotole dell'epoca emerse dal sito delle fornaci dei Monti Xishan, a Wenzhou. Ma questo non è l'unico vanto delle fornaci della città.

Nella storia cinese, infatti, il primo riferimento scritto a una fornace specifica di porcellane, contenuto nel testo Chuanfu, la prima raccolta poetica cinese sul tema del tè, opera di Du Yu, (III secolo d.C.), interessa proprio la fornace di Dong'ou, l'attuale zona di Wenzhou, produttrice di porcellane di un delicato verde chiaro tendente al giallo, lo stesso colore della seta chiamata piao . Dalla similitudine è nata la dizione piaoci, porcellana piao, ad opera del letterato Pan Yue  , contemporaneo di Du Yu, che ne parla nel suo componimento Shengfu.  Un'ulteriore prova dell'importanza della porcellana Ou nella storia dello sviluppo della porcellana cinese. Le decorazioni in marrone , punteggiature o ampie chiazze di colore, che si vedono in molte porcellane Ou sin dall'epoca dei Jin orientali (317-420), si devono all'alto contenuto in ferro della vetrina prodotta in loco. La punteggiatura rappresenta anche la prima sperimentazione di decorazione a colori nella storia della porcellana cinese.

Nell'antichità, Wenzhou era chiamata Ou o Dong'ou, un termine intrinsecamente legato alla terracotta, visto che il carattere ou contiene il termine wa, che significa terracotta. Migliaia di anni fa, infatti, la zona era un'ampia baia, via via colmata dalla sabbia e dai detriti portati dai fiumi Oujiang, Feiyunjiang e Aojiang, che vi sfociano, la cui sedimentazione ha formato una quantità di melma, utilizzata in seguito dai locali per fabbricare oggetti di argilla e terracotta. Fino a qualche decina di anni fa, la città era ancora intersecata da centinaia di canali e il principale mezzo di trasporto era la barca. Molti canali del centro storico sono tuttavia stati ricoperti negli anni sessanta, settanta del secolo scorso per far posto a strade. Tra l'altro, nel corso dei lavori lungo la via Xinhejie, sotto cui un tempo passava un canale, sono emersi moltissimi frammenti di porcellane Ou di epoca Song (XI-XIII secolo), quando l'area di Wenzhou pullulava di fornaci la cui produzione di ciotole, giare e brocche, oltre al fabbisogno locale, era rivolta anche all'esportazione. Attive sin dall'epoca dei Zhou occidentali (1100-771 a.C.), da queste fornaci uscirono le prime porcellane vere e proprie al tempo degli Han orientali (25-220), mentre il massimo dello splendore fu raggiunto nelle epoche dei Jin orientali, Tang e Song (IV-XIII secolo); in seguito emerse la fornace di Longquan , una cittadina posta 200 km a nordovest di Wenzhou, culla delle porcellane Celadon , altamente apprezzate anche nei paesi arabi e in Europa.

Secondo lo studioso Jin Baidong, ex direttore del Museo di Wenzhou, dagli scavi condotti finora nella città e nelle vicinanze, sono emersi i siti di oltre 180 fornaci, disseminate a Yongjia, Rui'an, Cangnan, Yueqing, Taishun, Wencheng, Lucheng e Ouhai.

Tra tutti, spicca il gruppo situato sui Monti Xishan (Jingshan), una zona collinosa situata a ovest della città vecchia, a breve distanza dal fiume Tanghe, il che evidentemente facilitava il trasporto delle porcellane fino al mare. Dal sito di una di queste fornaci, nel 1983 è emersa, tra l'altro, la magnifica brocca decorata con motivi di foglie che ora è l'orgoglio del museo della città. Alta 25,1 cm., di armoniose proporzioni, simile nella forma alle antiche brocche d'argento persiane, la brocca risale all'epoca dei Song settentrionali (XI secolo) e presenta un fondo verde tendente al giallo su cui spiccano motivi di foglie di felci , una pianta piuttosto comune nell'area di Wenzhou. Secondo un'altra interpretazione, si tratterebbe invece di foglie di palma da dattero , un motivo decorativo raro nelle porcellane cinesi. Uno dei pochi esempi giunti fino a noi è un piatto, che presenta una decorazione del genere, emerso dal relitto della nave araba, poi chiamata Batu Hitam, di epoca Tang, affondata presso l'isola Billiton, in Indonesia, scoperta nel 1998 da un imprenditore tedesco. La brocca dei Monti Xishan conta inoltre un coperchio a forma di punta di pagoda, decorato con motivi ondulati marrone, forse datteri. Il manico reca invece un'incisione di festoni di foglie e fiori, tra cui compaiono i due caratteri cinesi qihe (Settimo He, il nome dell'artigiano).

In epoca Song, i Monti Jingshan (Xishan), da cui è emersa la brocca, ospitavano una comunità nestoriana, per cui la decorazione di foglie di palma (motivo legato alla risurrezione) potrebbe indicare che questa faceva parte del corredo funebre di una tomba nestoriana. La chiesa nestoriana prosperò in Cina sin dall'epoca Tang (VII secolo), diffondendosi in seguito nel sud del paese, dove, soprattutto nell'area di Quanzhou, nel Fujian, sono state rinvenute innumerevoli pietre tombali recanti le decorazioni tipiche della setta. Dal canto suo, in epoca Yuan (XIII-XIV secolo), Wenzhou contava ben quattro chiese nestoriane, situate rispettivamente accanto alle porte nord, sud, est e ovest della cinta muraria. Quanto ai templi manichei, erano addirittura una quarantina, simbolo dell'apertura della città all'influenza straniera.

Per tutelare i siti delle fornaci dei Monti Xishan, il governo locale ha in piano di istituire un parco archeologico apposito.

Chen Jingwei

Secondo Chen Jingwei, ex direttore dell'Associazione della Fornace Ou, le ceramiche arabe presentano lo stesso colore giallo paglia - giallo del deserto, delle porcellane Ou, il che spiega la predilezione dei paesi arabi per queste ultime. Nel corso di una recente visita al Museo di Abu Dhabi, egli ha notato una magnifica collezione di porcellane cinesi dall'epoca Han all'epoca Song (I-XIII secolo), molte delle quali presentano la tipologia delle porcellane Ou. Potrebbero essere originali, oppure riproduzioni opera di artigiani locali. Secondo Chen Jingwei, la brocca, vanto del Museo di Wenzhou, presenta decorazioni a foglie di palma da dattero e la linea tipica delle brocche arabe. Inoltre, una seconda brocca delle collezioni dello stesso museo, dall'originale, lunghissimo becco sinuoso, ricorda decisamente la lampada di Aladino, portandoci nell'atmosfera de 《Le mille e una notte》. Una giara dell'epoca dei Song meridionali, emersa nel corso di scavi nella città vecchia, presenta invece scritte in arabo antico, da cui si deduce l'attivo scambio commerciale in atto al tempo, quando le fornaci di Wenzhou operavano su larga scala, su ordinazione, per i paesi arabi.

La brocca con motivi di foglie dei Monti Xishan è un prodotto piuttosto tardo. Al III secolo d.C. risale invece una serie di giare funerarie, contenenti al tempo cereali vari, così da garantire la sussistenza del defunto nell'aldilà. Queste giare  recano ammassi di figurine nella parte alta, raffiguranti sia gioiose scene di vita sia cerimonie funebri. Compaiono anche figurine di stranieri, dai nasi e occhi prominenti, da cui emerge come già allora fossero attivi i contatti con l'estero. Quanto alle brocche, il becco di alcune è a forma di testa di gallo, con la cresta in evidenza, simbolo di progenie numerosa e buona fortuna, il che l'ha reso un elemento decorativo altamente apprezzato e quindi presente anche in porcellane di altre fornaci.

Notevoli le giare recanti l'indicazione della bottega di appartenenza o espressioni di augurio, come dongdian (bottega est) , zhaocai (attirare ricchezza) e taiping (pace universale).

         

              Pecora accovacciata

La porcellana Ou presenta anche magnifiche rappresentazioni di animali: le figurine di cani e porci del corredo funerario di tombe del III secolo d.C., la pecora accovacciata di forma tondeggiante, forse la base di una lanterna, del IV secolo, e i minuscoli piccioni recanti cavità, da cui si deduce che servivano da fischietti, risalenti al X secolo. Non mancano i pesci incisi sulle pareti di giare e brocche. La figura di un cervo emerge invece dal fondo di un bacino di porcellana adibito al risciacquo dei pennelli. Infatti, secondo la leggenda, all'inizio della costruzione di Wenzhou, un cervo bianco attraversò di corsa il sito, lasciando cadere i fiori che teneva in bocca: subito il terreno si ricoprì di fiori, mentre uccelli cinguettavano gioiosamente. Considerata un sito propizio, la città fu quindi soprannominata Città del Cervo. 

Pregevoli anche le scatole rotonde da cipria decorate con motivi di peonie e fiori di loto. Alcune presentano invece un'originale forma di zucca con picciolo. 

L'influenza buddista emerge nelle ciotole e brocche decorate con il motivo del fiore di loto, simbolo di purezza, o con l'immagine di Bodhidarma, il maestro indiano che nel V secolo d.C. introdusse in Cina il Buddismo Chan (Zen). A Bodhidarma è legata, tra l'altro, la leggenda della nascita della pianta del tè, che spuntò dalle ciglia che egli si era tagliato e che aveva gettato a terra, furioso per non essere riuscito a portare a compimento la sua meditazione. L'infuso di foglie di tè da allora allevia la fatica dei monaci, permettendo loro di concentrarsi a lungo nella meditazione.

In epoca Song, il tè in mattonelle veniva ridotto in polvere frullandolo in ampie ciotole di porcellana. Al tempo erano in voga i combattimenti del tè (doucha) , in cui vinceva chi produceva la schiuma più bella. Il tè era bianco per via della schiuma, mentre le ciotole erano nere, il che creava un piacevole contrasto. Per adeguarsi al costume delll'epoca, le fornaci di Wenzhou affiancarono le ciotole nere alle tradizionali ciotole verdi, da come si deduce da alcuni esemplari emersi dagli scavi.

Le porcellane Ou di Wenzhou furono ampiamente esportate nei paesi del sudest asiatico, in India, nei paesi arabi e in Africa orientale. Il porto di Wenzhou fu infatti molto attivo sin dall'epoca Tang (VIII-IX secolo), quando brulicava di mercanti cinesi e stranieri, raggiungendo un picco in epoca Song. Nell'anno 1133 la città fu dotata di dogana, con il risultato che nel 1149 le entrate doganali del porto di Wenzhou arrivarono a rappresentare il 5% delle entrate finanziarie dell'intero Impero Song.

Il commercio marittimo locale venne meno al tempo della dinastia Ming (XIV-XV secolo), i cui imperatori, a parte brevi periodi, imposero la chiusura della Cina ai contatti con l'estero, una scelta dovuta anche alla dolorosa esperienza della crudele dominazione operata dai mongoli della precedente dinastia Yuan.

Zhang Jincheng (al centro)

Per favorire la tutela e lo sviluppo della porcellana Ou, il 18 aprile 2012 i collezionisti, gli studiosi e gli appassionati della città hanno fondato l'Associazione della Fornace Ou di Wenzhou, che ora conta circa duecento membri. Grazie al loro impegno, l'8 aprile 2017 presso l'Istituto Tecnico-Professionale Orientale della città  è stata scoperta la targa dell'Accademia della Fornace Ou, e a settembre sono iniziati corsi teorici e pratici in materia, tenuti da Zhang Ren, autore dell'album Ouyao Fengdu (Timeless Appeal of Ou Porcelain), pubblicato nel 2016. L'accademia si doterà anche di un museo dell'antica porcellana Ou, di un centro di ricerche, e di studi destinati ai maestri vasai. L'attuale presidente dell'Associazione della Fornace Ou è il giovane ed entusiasta collezionista e attivista culturale Zhang Jincheng,  che ha da poco preso il posto del fondatore, l'anziano artista della porcellana e direttore del Centro di studi sulla ceramica e porcellana Ou di Yongjia,Chen Jingwei, fervente conferenziere e promotore dell'insegnamento della porcellana Ou nelle scuole di Wenzhou. Per favorirne la rinascita e lo sviluppo, Chen Jingwei partecipa anche con entusiasmo al progetto della Cittadina della Fornace Ou, posta nel villaggio di Longxia della contea di Yongja , che riunisce gli studi di alcuni maestri che vi lavorano e insegnano la loro arte agli appassionati. Oltre a Chen Jingwei, qui operano anche i giovani artisti Zhang Changcai e Lou Linfeng, del Centro Studi Hanchen della fornace Ou, che si distinguono per i prestigiosi servizi da tè dalla linea essenziale e dal colore purissimo. In futuro, il progetto della Cittadina della Fornace Ou interesserà anche altri villaggi vicini, con inclusi il sito di una fornace di porcellana Ou di epoca Tang, centri di sperimentazione e zone ricreative e paesaggistiche.

Guanyin di porcellana verde, epoca Song   

Nanbaixiang, un'area posta a sudovest di Wenzhou, attraversata dal fiume Tanghe e un tempo coltivata a orti e risaie, si distingue per la bella pagoda di epoca Song (XII secolo) che si erge su un'altura accanto al fiume. Inclinata di quasi due metri, questa fu demolita nel febbraio 1965, rivelando la presenza ai vari piani di un migliaio di preziosi reperti, ora ospitati presso i musei di Wenzhou e del Zhejiang. La pagoda è stata ricostruita nel 1999.

Nanbaixiang

Eretta inizialmente negli anni 627-649 d.C., in epoca Tang, la pagoda fu ricostruita nell'anno 1103, da come si evince dalla data impressa su un mattone, conta sette piani e, nel corso della demolizione, dal primo al quinto piano sono emerse statue policrome, monete, lacche, porcellane, testi sacri buddisti, sculture in pietra e bronzo, ecc. Purtroppo, la sala sotterranea, sede tradizionale dei reperti più preziosi, era stata violata da tempo, quindi non ha rivelato nulla.

Pagoda di Nanbaixiang

Tra tutti i reperti, spicca una statua di porcellana verde della fornace Ou raffigurante il Bodhisatttva Guanyin in posizione seduta: i capelli riuniti in un'elaborata acconciatura e una ricca collana inanellata che ricopre il petto, l'elemento che colpisce di più è il viso quadrato dalle lunghe sopracciglia, che alcuni studiosi definiscono straniero. Tuttavia c'è da dire che anche molti locali, dalla mia osservazione, presentano visi simili, quindi la questione rimane in sospeso. Inoltre, dalla piattaforma di base, una delicata colomba volge il capo verso Guanyin, imprimendo un tocco tenero e originale alla composizione.

                

(Bonino Gabriella, sinologa, autrice de "Alla scoperta della Via della Seta: dalle carovane all'alta velocità".
Attualmente insegnante presso il Dipartimento di Scienze della Comunicazione del Wenzhou Business College.)
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