Yi Sicheng parla di "Yunfest" – il festival di cinema multiculturale dello Yunnan (2)
  2014-12-04 11:16:30  cri

Seconda parte: Internazionalizzazione

Lo Yunnan è una regione sudoccidentale della Cina, ricca di culture e tradizioni costantemente rielaborate in chiave moderna. Alessandra Madella, una dottoressa italiana che insegna storia del cinema presso il College artistico professionale di Kunming, ha deciso di partire alla scoperta del variegato panorama dei documentari sulle minoranze etniche della regione. L'accompagna in questa avventura un'amica cinese, la giovane architetta e aspirante documentarista Zhang Nanxi. Le loro domande intendono costruire un ponte tra le varie culture europee e cinesi, presentando nel modo più ampio possibile l'attivissimo mondo di produzione e fruizione di documentari nelloYunnan. Yi Sicheng, che è il presente curatore di Yunfest e ha un dottorato tedesco, ha gentilmente accettato l'invito a inaugurare queste interviste.

  

Nella seconda parte dell'intervista si parla degli scambi internazionali del festival.

Alessandra Madella

D: Alessandra Madella e Zheng Nanxi

Zheng Nanxi

Y: Yi Sicheng

Yi Sicheng

D: Quando il festival è diventato internazionale?

Y: Sin dalla prima edizione abbiamo proiettato qualche opera internazionale, ottenendo risposte molto incoraggianti da parte del pubblico e della critica. In molti venivano a vedere i film, anche se non molti ancora dai villaggi. Questa calorosa accoglienza ci ha motivato a migliorare il festival e a renderlo ancora più internazionale. La nostra intenzione è sempre stata di mostrare non solo opere cinesi, ma anche film stranieri ai cineasti cinesi. Il successo della prima edizione ci ha permesso di trovare qualche sponsor. Abbiamo ricevuto supporto finanziario da fondazioni internazionali senza fini di lucro come la Ford Foundation, Toyota, ecc. Grazie a loro siamo riusciti a portare il festival ad un altro livello, sia in termini di dimensioni che di collaborazioni con istituzioni cinematografiche internazionali. In genere, proiettiamo i film stranieri da loro selezionati. E partecipiamo a scambi culturali, mostrando i film cinesi all'estero. Abbiamo soprattutto sviluppato una stretta collaborazione con il festival del documentario di Yamagata in Giappone, il più importate festival di cinema documentario in Asia.

D: Il festival di Yamagata è legato a OgawaShinsuke.

Y: Sì. Abbiamo mostrato i film di Ogawa nel 2005, nella seconda edizione del festival. Era la prima volta che l'opera di Ogawa veniva proiettata in Cina. Abbiamo aggiunto tutti i sottotitoli cinesi e le nostre versioni adesso circolano sul mercato. Abbiamo anche presentato molti film cinesi a Yamagata e in altri festival internazionali. Molti film premiati da Yunfest sono stati selezionati e premiati in festival stranieri, come la Berlinale.

D: Perché avete scelto di mostrare i film di Ogawa nel 2005 ?

Y: Erano stati prodotti quando il il Giappone viveva una trasformazione sociale molto simile a quella a cui noi stavamo assistendo in Cina. Quindi era molto interessante comparare le due tendenze sul piano filmico. Molti documentaristi cinesi sono stati ispirati dall'edizione cinese di un libro giapponese su Ogawa. La traduttrice è una nostra amica, che ha studiato in Giappone e poi è passata al film documentario. Il suo nome è FengYan e la sua opera più famosa è Bing'ai. Il film ha vinto il premio OgawaShinsuke a Yamagata.

D: Il metodo con cui Ogawa girava i suoi film era lavorare nelle risaie e condividere la vita dei contadini. È lo stesso per i cineasti cinesi?

Y: Non è esattamente lo stesso come metodo di realizzazione dei film, main un senso più spirituale. Il documentario giapponese era coinvolto nei generali movimenti sociali per la democrazia. In Cina è diverso, perché forti movimenti sociali di questo genere non ci sono mai stati. Il nostro film indipendente è più culturale: un movimento filmico, piuttosto che sociale. Per molti cineasti cinesi lo scopo più importante è l'espressione di sé, anche se continuiamo a chiamare le loro opere "film indipendenti".

Quando parliamo di "film indipendente" in Cina, intendiamo qualcosa di diverso e di molto cinese. Vuol dire semplicemente che i cineasti non sono professionisti. Hanno diverse identità e percorsi culturali. La maggior parte del loro film sono autofinanziati. Non c'è industria che li sostenga. E non c'è quasi nessuna distribuzione, anche se a volte si possono trovare delle copie pirata in negozi di DVD. I film indipendenti – e soprattutto i documentari – non sono mai stati commercializzati in Cina. Sono nati e cresciuti totalmente fuori dal sistema. Per fare vedere le proprie opere, si devono organizzare festival cinematografici indipendenti. Qualche film famoso viene proiettato all'università o in festival internazionali. Ma sono solo la punta dell'iceberg rispetto all'intera produzione. Questa è sempre stata la natura del film indipendente cinese.

D: Ci può parlare della struttura del festival?

Y: Abbiamo cinque categorie principali. La prima riguarda i film in concorso. Selezioniamo quindici film tra i cento o duecento che ci arrivano di solito e li proiettiamo in questa sezione. I premi a cui possono aspirare sono tre: bronzo, ceramica nera e maschera. Il bronzo è il gran premio del festival. Il secondo premio viene assegnato ai film più innovativi. Mentre il terzo premia importanti registi emergenti per la loro opera omnia.

La seconda categoria è il Forum giovani, che è aperto a giovani registi. Possono non essere giovani d'età, ma devono essere facce nuove. I loro film vengono presentati fuori concorso. È una piattaforma per scambiare idee.

La terza sezione riguarda documentari di comunità, girati soprattutto dagli abitanti dei villaggi o qualche volta da ricercatori legati a NGO (Organizzazioni non governative). Gruppi di ricercatori culturali e antropologi di Yunfest danno cineprese ai locali in molte aree dello Yunnan con forti concentrazioni di minoranze etniche, per aiutarli a rappresentare autonomamente la propria vita. Questi progetti non dipendono dagli NGO. Sono stati invece iniziati da antropologi come il professor GuoJing–uno dei fondatori del festival e un pioniere di questa pratica. I miei colleghi forniscono le attrezzature agli abitanti dei villaggi, insieme a qualche nozione basilare di montaggio col computer. I locali trovano da soli i temi e montano i propri film. E noi selezioniamo i film migliori per mostrarli durante il festival.

D: Tutte le minoranze etniche sono rappresentate nello stesso modo nel processo di selezione per questa categoria ?

Y: No, tutto dipende dalla qualità dei cineasti. In aggiunta agli abitanti dei villaggi, questo programma vede la partecipazione di molti membri di NGO. Molti lavoratori del sociale hanno adottato questo metodo nel proprio lavoro, in quanto la realizzazione di film permette di coinvolgere i locali in modo estremamente attivo e vivace.

D: Il piano del governo di trasferire parte della popolazione dalla campagna alle città influisce sulla produzione di documentari?

Y: Sì, ci sono molti film che rappresentano questa migrazione. Mostrano i lavoratori migranti e la loro vita sia in campagna che in città.

D: Quali sono le due restanti categorie del festival?

Y: La quarta categoria – Retrospettiva – ricorda un cineasta cinese o straniero. La prima retrospettiva riguardava Yang Guanghai  in quanto pioniere del cinema etnografico cinese. Negli anni Cinquanta, questo regista ha diretto otto documentari che presentano altrettante minoranze etniche. Abbiamo ricordato il gruppo di cineasti inviati dal governo per documentare la vita e le culture delle minoranze etniche attraverso la Cina, appena prima della grande riforma che le avrebbe cambiate per sempre.

La seconda retrospettiva era dedicata ai film di Ogawa. La terza riguardava il documentarista russo SergeiLoznitsa e la quarta l'israeliano RonHavilio. La sesta ripercorreva l'opera di Mao Chenyu, un documentarista cinese.

La quinta categoria si chiama Media Mélange. Si tratta di un programma misto, che presenta documentari di valore del cinema mondiale contemporaneo insieme a qualche film cinese.

D: Quindi questa idea di scambi internazionali era già insita nella struttura stessa del festival.

Y: Sì, sin dall'inizio. Abbiamo anche mostrato documentari olandesi raccomandati dall'IDFA, il Festival internazionale del cinema documentario di Amsterdam. E abbiamo proiettato documentari francesi, belgi e svizzeri. Purtroppo fin adesso non abbiamo avuto italiani. Spero in futuro!

D: Avete rapporti con l'Europa del nord?

Y: Sì, già quando studiavo all'università avevamo qualche professore dei paesi nordici. Ma erano soprattutto legati all'antropologia visuale. C'è un festival di antropologia visuale nordica e abbiamo qualche contatto.

D: Visto che lo Yunnanè una regione di confine, avete rapporti con paesi vicini, come Myanmar?

Y: Sì. Abbiamo organizzato un programma con documentari dell'Sud-est asiatico nel 2009. Era nella sezione Media Mélange e si chiamava "Impressioni del Sud-est asiatico", con film da Myanmar, Vietnam, Cambogia e Tailandia. Ma ci siamo riusciti solo quell'anno. Volevamo sviluppare legami duraturi con i nostri vicini. Ma abbiamo dovuto constatare che stavano ancora muovendo i primi passi nel cinema indipendente. I nostri rapporti sono stati quindi molto limitati e non siamo riusciti a trovare istituzioni che ci aiutassero a continuare il progetto.

D: Perché non avete molti legami con l'Italia, almeno fino adesso?

Y: Purtroppo fino adesso non è successo. Qualche anno fa degli italiani hanno visitato Kunming. Avevano organizzato degli eventi cinematografici, presentando film italiani. Ma si trattava soprattutto di film sperimentali. Quindi non erano molto in linea con i nostri interessi.

D: Sembra che i cinesi amino davvero il neorealismo italiano. È molto facile iniziare una conversazione quando si parla di quei film.

Y: Certo, i film del neorealismo italiano hanno rappresentato una grande ispirazione per i cineasti cinesi. Personalmente, amo molto Federico Fellini e non solo per il modo in cui mostra la vita italiana. Amo La strada, 8½, Le notti di Cabiria. È così commovente e la sua pazzia ha un potere di sovversioneenorme.

D: 8 ½ è un film che tratta della crisi creativa di un regista. Ci sono documentari indipendenti cinesi che parlano delle difficoltà nella creazione di un film?

Y: Sì, esistono documentari meta-filmici che riflettono sulla propria creazione. Esplorano la contraddizione tra la vita come realizzazione di film e il privato – un confronto molto intimo e emotivamente carico. Per esempio, il film Nastro adesivo ( reg. Li Ning) è molto potente. Questi film stando diventando una tendenza sempre più importante.

D: Esistono film meta-filmici girati da abitanti dei villaggi che esplorano queste difficoltà creative?

Y: Nel mondo dei cineasti cinesi ci sono in qualche modo due gruppi. Da una parte, i cineasti del mondo documentario indipendente si vedono come auteur. Dall'altra, i cineasti dei villaggi venivano sempre messi in una categoria a sé. Ma tutti si ritrovavano durante il festival e a volte assistevano alle proiezioni dei film girati dall'altro gruppo. Per lungo tempo, però, non c'è stato un vero dialogo che portasse a relazioni più strette. Finalmente, nel 2009, abbiamo organizzato un programma con lo scopo di stimolare uno scambio. E abbiamo invitato sia i cineasti dei villaggi, sia i cineasti indipendenti che parlavano della vita dei villaggi nei loro film. Nel mio ruolo di curatore considero entrambi i gruppi come "cineasti indipendenti" a pieno titolo. Ma i cineasti indipendenti parlano della vita dei villaggi o delle minoranze etniche dall'esterno, mentre i locali lo fanno dall'interno. Volevamo confrontare queste due prospettive e stimolare una discussione. Questo è il motivo per cui solo Yunfest ha una sezione dedicata ai documentari di comunità come parte del proprio programma. Negli anni questi due gruppi hanno probabilmente imparato qualcosa gli uni dagli altri. Ma è troppo presto per dire come evolveranno le cose.

D: È molto interessante, perché il problema dell'antropologia in generale è lo spazio insuperabile tra l'antropologo e i locali, o tra il soggetto e l'oggetto. Ma sembra che voi proviate a farli comunicare per colmare almeno in parte questo abisso.

Y: Sì, di fatto questa è la nostra idea.

(continua)

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