La città di Pompei, che sorge ai piedi del Vesuvio, fu costruita nel VI a.C. e fu la seconda maggiore città dell'Impero romano, dopo Roma. Pompei era nota per il vino e le donne, affermandosi come una delle principali destinazioni per le vacanze di nobili e ricchi mercanti. Pompei ospitava, tra gli altri edifici, il palazzo d'estate di Poppea Sabina, la seconda moglie dell'imperatore Nerone. Quasi nessun'altra città romana del tempo poteva competere per ricchezza e magnificenza con Pompei. Nel 79 d.C. il Vesuvio tornò attivo e una sua eruzione creò ceneri vulcaniche dello spessore di 5,6 metri che hanno violentemente cancellato, in pochi giorni, la città di Pompei dalla memoria della gente, lasciando dietro di sé solo macerie e un'infinità di supposizioni e suggestioni.
Va detto che, oggigiorno, è un'impresa titanica decifrare il passato di Pompei. I non addetti ai lavori di solito si accontentano di quel che vedono in superficie, solo gli esperti di norma vanno in profondità. Per la maggiore parte dei cinesi, la città di Pompei è solo una tipica meta turistica, famosa tra chi vuole vedere le rovine dell'Impero romano. La sua eleganza e raffinatezza sono uniche e la sua leggenda è principalmente dovuta alle descrizioni fatte da opere cinematografiche e letterarie.
Verso la fine di gennaio, il famoso divulgatore scientifico e giornalista italiano Alberto Angela è venuto in Cina – visitando le città di Chengdu e Chongqing, prima, e quelle di Pechino e Shanghai, poi – per presentare il suo libro best-seller, "I tre giorni di Pompei, 23-25 Ottobre 79 D.C.: la più grande tragedia dell'antichità", che sarà prossimamente pubblicato anche in lingua cinese. Il libro, che vanta ben cinque edizioni e circa 130.000 copie vendute solo in Italia, è stato tradotto in molte lingue e ha numerosi lettori in tutto il mondo. La versione cinese del libro uscirà in autunno e sarà pubblicata dalla casa editrice China Social Science Press. Quest'opera potrà sicuramente fornire informazioni supplementari sull'argomento ai numerosi cinesi appassionati di storia, che vorranno approfondire le loro conoscenze su Pompei, presentando loro, in maniera accessibile, anche alcune deduzioni e supposizioni fatte dall'autore.
I tre giorni di Pompei è strutturato come un romanzo, costruito sulla base di materiale storico preciso e ricerche archeologiche che rivelano vari aspetti della Pompei di due mila anni fa. In questo viaggio attraverso la storia, sarà possibile non solo farsi un'idea più chiara della vita lussuosa e stravagante dell'aristocrazia dell'Impero romano e della sua intricata rete di relazioni d'amore e odio, ma anche rivivere il disastro naturale che fece tremare i cittadini di Pompei. Alberto Angela non ha esitato a scrivere sull'enigma storico riguardante i resti umani di Pompei, facendo chiarezza su alcune errate interpretazioni dei fatti storici verificatisi nelle ultime ore di Pompei.
Ad esempio, molti ritengono che Pompei prima dell'eruzione del vulcano fosse una città ricca e lussuosa; in realtà, fu devastata ancor prima dell'eruzione da un forte terremoto, che causò molte vittime. Inoltre, il Vesuvio, rappresentato oggi nei film come un gigantesco vulcano, a quei tempi era composto solo da una serie di basse colline: i pompeiani non sapevano che sotto ci fosse un vulcano, né sapevano cosa fosse un vulcano. Si pensa, inoltre, che gran parte delle vittime sia morta per le strade istantaneamente a causa dell'eruzione: in realtà, nelle prime ore di eruzione, la gente spaventata si precipitò nelle proprie case a cercare i parenti dispersi, perdendo così attimi preziosi per potersi mettere in fuga. Subito dopo il terremoto, la lava cominciò ad accumularsi nelle strade e le case cominciarono gradualmente a crollare sotto il suo peso. La gente morì lentamente di asfissia, nelle proprie case: le cause furono le ceneri e i fumi prodotti dall'eruzione, nelle ultimissime ore del disastro. Il 38% delle persone è morto dentro le proprie case.
La città crollò completamente in sole 12 ore. In questo arco di tempo, a Pompei si è verificata l'eruzione del vulcano, quattro colate di lava e tre esplosioni di lapilli e ceneri vulcaniche. Secondo Alberto Angela, l'eruzione vulcanica ha raggiunto 24 kilometri di altezza, coprendo una distanza pari a ben 70 kilometri. All'inizio, quando il vulcano ha cominciato a tremare, pietre pomici sono cadute dal cielo; pian piano la pioggia di pietre pomici si è fatta più fitta e la loro dimensione è aumentata gradualmente. Alla fine, lo strato di pietre pomici si è accumulato tanto da formare una barriera rocciosa, alta diversi metri, che ha riempito le strade di Pompei. La città fu così rapidamente distrutta dalle ripetute colate di lava e bombardamenti di rocce vulcaniche.
Inoltre, non è vero che a Pompei siano morti tutti: ci furono dei sopravvissuti. Dopo aver consultato una grande quantità di documenti, Alberto Angela è riuscito a trovarne sette. Il libro, basandosi sulla storia di questi sette superstiti, racconta i tre giorni a cavallo dell'eruzione, presentando quella che presumibilmente era la vita quotidiana, prima che il disastro naturale accadesse: le abitudini alimentari, gli abiti che erano indossati, le attività svolte nel tempo libero. In altre parole, un racconto di come i membri dei diversi ceti sociali di Pompei - nobili, plebei e schiavi - vivevano e di quali fossero le gioie e i dolori vissuti dalla gente comune. I sette protagonisti del libro fecero anche una terrificante scoperta, ritrovandosi per pura coincidenza, alle prese con un caso di omicidio per decapitazione.
Nel museo di Pompei, i turisti possono vedere i fossili di persone pietrificate: ad esempio, quella di un adulto accovacciato con le mani in testa, una coppia che si stringe la mano, un bambino sdraiato a terra su un fianco che non riesce a muoversi, uno schiavo incatenato dal padrone. Le ceneri vulcaniche li hanno ricoperti, preservandoli nell'esatta posizione assunta durante le loro ultime ore di vita. Alberto Angela ha spiegato che quelli che possiamo vedere oggi non sono propriamente dei fossili, ma dei gusci duri formati dalle ceneri vulcaniche che avvolsero i corpi. Quando i corpi contenuti all'interno si sono decomposti, sono rimasti i gusci esterni con le fattezze delle persone. L'eminente archeologo italiano Giuseppe Fiorelli ha così inventato un metodo per ottenere dei calchi delle vittime dell'eruzione, colando gesso liquido nello spazio lasciato nella cenere solidificata dai loro corpi. "Suggerisco sempre ai turisti di mantenere il silenzio quando si gira per Pompei, perché loro sono uomini come noi, con le loro emozioni e sogni; dobbiamo rispettare questi individui che hanno sofferto tanto in questo disastro".
La Pompei che vediamo oggi è solo un terzo dell'intera città, il resto rimane ancora sottoterra. Sebbene il suo splendore di due mila anni fa sia ormai svanito, ai posteri rimane un patrimonio materiale e culturale d'inestimabile valore, che permette di rievocare il passato e da cui trarre insegnamenti per il futuro. Una parte degli incassi de I Tre Giorni di Pompei sarà destinata al restauro dell'affresco "L'Adone ferito". Per l'autore questo è, da parte sua, il migliore contributo per preservare la memoria della storia umana.
Le parole di Alberto Angela (Q&A)
Da dove deriva l'ispirazione per scrivere I tre giorni di Pompei? E come mai ha scelto questa forma per narrare le più recenti scoperte su Pompei?
Per quello che riguarda Pompei, credo che sia una città che ha dato tanto dal punto di vista artistico, architettonico, urbanistico, ma non dal punto di vista della gente. È come paragonare Pompei al Titanic e continuare a parlare del Titanic come nave, dell'ingegneria navale, senza menzionare i passeggeri. Il libro che ho scritto parla dei passeggeri. A mio parere, la parte più bella di Pompei è che si riesce a capire, attraverso i ruderi, come vivevano i romani di quel periodo.
Potrebbe descriverci in poche e semplici parole questa città? Quali aggettivi la descriverebbero meglio?
Pompei è una città affascinante, intrigante, ma soprattutto è una città che ti permette di fare un viaggio nel tempo; si cammina per le strade e non si è più nell'epoca attuale, ma nell'epoca romana di duemila anni fa. Ho avuto la fortuna di filmare quando hanno chiuso i cancelli e non c'era nessuno, e si aveva la sensazione di essere un pompeiano. Si ha come l'impressione che tutti si siano nascosti e che, voltando l'angolo, li si possa ritrovare. È emozionante trovarsi a proprio agio in un posto che, in realtà, è di duemila anni fa. Questa è la magia di Pompei.
Per quale motivo ha deciso di fare un'edizione cinese di questo libro?
È un'ottima strategia per far conoscere al pubblico cinese un periodo della storia che è molto distante nei secoli, ma che è molto vicino nel modo di vivere, perché anche in Cina c'è stato un impero. Anche la Cina era un impero organizzato come l'Impero romano, sono due gemelli lontani. Qualunque cinese che inizia a studiare l'Impero romano lo sente molto vicino. Italia e Cina si dividono il 60% dei siti considerati patrimonio dell'umanità, quindi sono due paesi leader nell'ambito della cultura. È importante che ci sia un collegamento, una lunga Via della Seta che colleghi nuovamente queste due realtà del passato.
Se dovesse scrivere un libro sulla Cina, a quale meraviglia si ispirerebbe?
Se dovessi scrivere un libro sull'Esercito di Terracotta, probabilmente cercherei di descrivere la storia di uno di questi soldati, vissuto veramente, perché evidentemente questi soldati di terracotta si ispirano a veri soldati. Probabilmente descriverei il modo in cui questo soldato sia stato preso ad esempio dagli artigiani per realizzare il suo viso, perché, se si va a vedere, si ritrovano gli stessi visi: c'è un certo numero di visi poi usati su corpi diversi. Non mi dispiacerebbe usare lo stesso stratagemma che ho usato per l'Impero romano: cioè prendere una moneta cinese che comincia a viaggiare, passando di mano in mano, da un mercante a un soldato, a una famiglia e ti fa fare tutto il giro dell'impero… Credo che in questo modo si possano riuscire a scoprire delle realtà che da sole sono già importanti, ma se unite in un percorso permettono di capire il respiro di una civiltà.
Per lavoro si è occupato molto di ricerche su epoche molto remote. Se potesse scegliere un luogo e un tempo dove rinascere, quali sceglierebbe e perché?
Se potessi scegliere, sceglierei Roma, l'età romana. Io sono un paleo-antropologo e ho capito una cosa: il mondo romano è così simile al nostro e immagino anche a quello cinese. Guardando allo stile di vita di duemila anni fa e al modo in cui hanno risolto gli stessi problemi che abbiamo noi oggi, si riesce a trovare delle soluzioni. Quindi, il passato serve a capire il presente, per indirizzare il futuro.
Per lavoro ha viaggiato in tutto il mondo, dal Congo alla Tanzania, dall'Etiopia alla Mongolia e molti altri paesi. Cosa le hanno lasciato queste esperienze? Ha qualche aneddoto divertente da raccontarci o delle esperienze particolarmente difficili che vuole condividere?
Ce ne sono tante. Ogni viaggio ti dà un'emozione. A me piace raccontare un'esperienza che ho avuto, facendo un filmato in Africa, presso una tribù di cacciatori e raccoglitori – il popolo degli Hadza che vive in Tanzania. Avevo preso in disparte uno di loro e cercavo di provare a capire come usasse le frecce, come vivesse. Lui noi parlava la mia lingua ed io non parlavo la sua: si comunicava a gesti, però riuscivamo a capirci. Mi ha spiegato le varie frecce, quali animali riusciva ad abbattere. Era bello perché riuscivamo comunque a comprenderci. Poi ho visto che lui cominciava a guardarmi, e mi sono accorto a un certo punto che non ero io che studiavo lui, ma lui che studiava me, perché ero io l'elemento strano… ed è stata un'emozione abbastanza curiosa. Bisogna sempre essere molto umili: io credo che i viaggi insegnino l'umiltà e il rispetto degli altri, nelle cose buone e nelle cose cattive.
Alberto Angela
Alberto Angela è un personaggio televisivo italiano, nato a Parigi nel 1962, molto noto, soprattutto per i suoi programmi di archeologia e divulgazione scientifica. È impegnato da anni nella divulgazione scientifica e i documentari da lui curati, che sono acquistati e trasmessi dalle stazioni televisive di oltre 40 paesi. Ha una discreta influenza sulle piattaforme di social-media, con oltre 40mila fan che lo seguono. Grazie al suo lavoro, ha viaggiato in tutto il mondo ed è andato più volte in Africa per effettuare ricerche e scavi archeologici scientifici, rischiando una volta perfino di perdere la vita in Etiopia. I programmi di divulgazione scientifica che conduce - Passaggio a Nord Ovest, Superquark, Ulisse - hanno accompagnato un'intera generazione di italiani nel corso della loro adolescenza.