Assieme alla recente retrospettiva che ARCIPELAGO ha dedicato ai cortometraggi di diploma della maggiore scuola di cinema di tutta l'Asia con "Omaggio alla Beijing Film Academy. Due generazione di cineasti cinesi a confronto (1980/2010)", che l'estate scorsa ha avuto proiezioni a Roma, Napoli, Milano e Bologna in collaborazione con i rispettivi Istituti Confucio e - ancora una volta - con l'Istituto italiano di Cultura di Beijing, questa seconda avventura cinese del festival romano anticipa e prelude alla fatidica edizione del ventennale, che si celebrerà nel 2012.
Il 25 novembre presso l'Istituto italiano di cultura abbiamo avuto l'onore di incontrare il direttore artistico del Festival, Stefano Martina, che ha il compito di introdurre e accompagnare 12 cortometraggi che vengono presentati quest'anno a Beijing.
Stefano Martina, nasce a Roma nel 1960, dove risiede tutt'ora. Inizia ad occuparsi di cinema nei primi anni '80 e di innovazione tecnologica nell'audiovisivo dal 1995. Dal 1999 al 2001 è stato consulente della Mostra del Cinema di Venezia per la sezione Corto Cortissimo. Dal 1992 direttore di Arcipelago - Festival Internazionale di Cortometraggi e Nuove Immagini.
Stefano ci parla di quanto la forma breve del cortometraggio si presti all'esplorazione, data la sua doppia identità che lo vuole tanto un territorio libero dai vincoli produttivi e di linguaggio quanto il biglietto da visita di un giovane talento per entrare nel cinema ufficiale. Un terreno da coltivare che proprio per la sua libertà consente di mettere a punto nuovi modi di raccontare le storie che spesso il cinema ufficiale non ha ancora adottato.
Secondo lui, il Festival Internazionale di Cortometraggi e Nuove Immagini si dedica costantemente alle libertà date dalla possibilità di esplorare la produzione sotterranea e meno omologata del cinema, i nuovi linguaggi espressivi dell'audiovisivo.
Partecipante all'attività presso l'Istituto italiano di Cultura, Stefano Martina ha osservato:
"Novembre 2010, novembre 2011: la Cina è ancora più vicina. Ad appena un anno dalla prima, fortunata edizione di ARCIPELAGO in Cina, le distanze si sono ulteriormente accorciate. La "locomotiva cinese" – è sotto gli occhi del mondo – continua la sua veloce corsa lungo i binari di una economia globalizzata che altrove, e in particolare in Europa, sta invece vivendo la crisi più drammatica di tutti i tempi. L'economia della Terra di Mezzo ha nel frattempo già superato quella giapponese. E non le ci vorrà molto prima che raggiunga anche quella del Vecchio Continente: la recentissima acquisizione di uno storico marchio automobilistico svedese come la Saab ne è un chiaro segno premonitore. E non è certo il solo.
I dodici cortometraggi che presentiamo quest'anno a Pechino, sono tutti nel programma della 19a edizione del festival, svoltasi a giugno, un buon numero è stato infatti realizzato da giovani registi che più o meno stabilmente vivono, lavorano o studiano fuori dai confini del nostro paese. E che quindi hanno assorbito un immaginario visivo decisamente più cosmopolita, ma rielaborato con una sensibilità tipicamente italiana."
Nel suo intervento, Stefano Martina ha aggiunto:
"Naturalmente, il lavoro di selezione è ancora più difficoltoso, perché obbliga ad esplorare più a fondo e con maggiore impegno un territorio molto più limitato, alla ricerca dell'originalità e dell'eccellenza. È anche per questo che a noi di ARCIPELAGO, che da sempre ignoriamo la rigidità di concetti come nazionalità e confini, non solo geografici, ci è capitato di intercettare una vera e propria tendenza su cui puntare i riflettori. O, se vogliamo, un ulteriore giacimento di talenti da scandagliare.
Non male per una manifestazione che nel 2012 compirà vent'anni. In fondo, la capacità di continuare ad essere propositivi, rinnovandosi costantemente, è per un festival la qualità più difficile da mantenere nel tempo. Inevitabile, quindi, che la prossima edizione di ARCIPELAGO sia destinata a chiudere definitivamente una fase. E che il fatidico numero 20 possa magari trasformarsi – chissà – in un più aggiornato 2.0. Perché è forse proprio in quel punto tra il 2 e lo 0 che si cela il futuro del nostro festival."