Proprio stamattina, in una conferenza stampa organizzata a margine della seconda sessione della XIII Assemblea Nazionale del Popolo, il consigliere di Stato e ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha ribadito l'importanza che questa iniziativa riveste nell'ambito della politica estera cinese, ricordando che "storicamente, l'Italia rappresenta un importante snodo della Via della Seta".
Quali benefici può portare all'Italia l'iniziativa One Belt One Road?
Il Mediterraneo è il crocevia di numerose importanti direttrici di traffico: sebbene rappresenti circa l'1% della superfice marittima mondiale, vi transita circa il 20% del traffico marittimo mondiale, il 25% dei servizi di linea su container, il 30% dei flussi di petrolio mondiali, il 65% del flusso energetico per i Paesi dell'Ue. La rinnovata attenzione mondiale per questo piccolo specchio d'acqua è ben rappresentata dalla crescita degli investimenti cinesi, passati in poco più di un decennio dai 16,2 miliardi del 2001 ai 185 attuali. Proprio la crescita economica cinese ha determinato un notevole impatto sui flussi commerciali che attraversano il Mediterraneo con un incremento dal 27% al 47%, rispetto al 1995, dei traffici Europa – Estremo Oriente. Emblematici, in tal senso, gli investimenti cinesi nel porto del Pireo, privatizzato nel 2016 in favore di China Cosco Shipping Group e diventato il maggiore hub logistico per il Mediterraneo, passato nell'ultimo anno dal 93esimo al 39esimo posto nella graduatoria mondiale per capacità di movimentazione merci. Numeri importanti che tuttavia si scontrano ancora con le statistiche riportate nel Rapporto 2016 della Corte dei Conti europea, secondo la quale nel 2012 i tre maggiori porti dell'Ue, Rotterdam, Amburgo e Anversa hanno movimentato circa il 20% delle merci europee a fronte del 15% registrato dai nove porti europei del Mediterraneo. La mancanza di spazi nei porti città è infatti un limite effettivo, soprattutto quando si accompagna a infrastrutture di collegamento inadeguate. Credo quindi che questi numeri, possano spiegare molto bene i motivi che dovrebbero indirizzare l'Italia alla partecipazione a questa iniziativa.
Che ruolo giocano i porti italiani?
Seppure in ritardo rispetto ad altri Paesi, l'Italia si sta ritagliando un ruolo di primo piano nella BRI, come confermato dalla partecipazione del premier Paolo Gentiloni, unico leader del G7 presente all'evento, al Belt and Road Forum del 14 – 15 maggio 2017 a Pechino. L'interesse verso la BRI è stato confermato dall'attuale Governo italiano, dall'azione del Sottosegretario allo Sviluppo Michele Geraci, attraverso la costituzione della Task Force China e dal Parlamento, che sta discutendo una mozione, promossa dal presidente della Commissione Esteri del Senato, Vito Petrocelli, con la quale si chiede di inserire, nella BRI, oltre ai porti di Trieste e Genova, anche infrastrutture portuali del sud Italia. A conferma del dinamismo delle autorità portuali italiane, proprio a metà febbraio del 2019, le autorità portuali di Venezia e Chioggia insieme a quella del Pireo hanno siglato un memorandum d'intesa che si pone l'obiettivo di rafforzare i traffici e i rapporti tra i due scali marittimi. La dimensione portuale tuttavia non è l'unico parametro di valutazione per integrarsi nella BRI, bensì la natura profonda dei territori urbani e la loro capacità di creare innovazione.
L'ammodernamento dei porti italiani non ha però un impatto soltanto negli equilibri mediterranei ma implica una possibile competizione con i porti del Nord Europa, preoccupati della possibilità che il Mediterraneo possa diventare l'hub d'ingresso della Cina nella Ue. Il Mediterraneo e l'Italia sono quindi nelle condizioni di avere un ruolo decisivo nella BRI, a patto che vi siano risposte politiche e infrastrutturali in tempi adeguati.
Come si posiziona l'Italia sotto il profilo ferroviario?
La piccola cittadina di Mortara, in provincia di Pavia, ha visto partire il 28 novembre del 2017 il primo convoglio ferroviario di merci diretto a Chengdu, impiegando circa 18 giorni a fronte dei 60 che se ne impiegano via mare. Mortara, grazie agli investimenti, 87 milioni, della Fondazione Banca del monte di Pavia e della partnership con il colosso Changjiu Logistic, ha sviluppato dal nulla un polo logistico, esteso ben 700.000 metri quadrati, divenuto nel giro di pochi anni uno dei top ten per l'intermodalità ferro – gomma con oltre 50 mila container transitati ogni anno. La cittadina, situata in una zona strategica tra i corridoi europei di Lisbona Kiev e Genova Rotterdam, nonché vicina alle autostrade per Milano, Bologna e Torino si prepara ad accogliere i treni che partiranno direttamente da Chengdu, il capoluogo della provincia di Sichuan, situata 11 mila chilometri di distanza. La merce, una volta giunta nel cuore della Pianura Padana, verrà passata sui Tir e in poche ore arriverà nel centro Italia. La banchina di carico e scarico di Mortara è infatti in grado di ospitare treni merci lunghi fino a 750 metri e 60 container. Nonostante le potenzialità dell'infrastruttura, ad oggi il servizio ferroviario Mortara Chengdu non ha ancora raggiunto quella necessaria frequenza che gli operatori si erano prefissati e l'obiettivo di venti maxi convogli alla settimana, preventivato per il 2020, non sembra ancora essere raggiungibile.