Vigilare sul "buco nero statunitense" che inghiottisce la crescita economica globale
  2018-08-09 20:06:13  cri

 

L'8 maggio scorso, Washington ha annunciato con parole altisonanti il suo ritiro dall'accordo sul nucleare iraniano raggiunto nel 2015. Questa decisione ha cominciato a generare la prima ondata di ripercussioni a partire dalle ore 00:01 del 7 agosto, ora locale orientale Usa: gli Stati Uniti hanno parzialmente ripristinato le sanzioni economiche a 360 gradi contro l'Iran, coinvolgendo l'industria automobilistica, l'industria aeronautica e le transazioni in oro e negli altri principali metalli. Chi continuerà a fare affari con l'Iran, non potrà farli con gli Usa, ha minacciato il governo statunitense. Secondo quanto riportato, i due principali gruppi automobilistici francesi, Groupe PSA e Renault, hanno subito le prime ripercussioni: l'anno scorso il Groupe PSA ha venduto in Iran 445 mila automobili, ma ora è costretto a sospendere i suoi affari con Teheran; Renault, invece, ha pianificato in anticipo la riduzione del suo volume d'affari, facendo sì che le vendite del gruppo in Iran siano diminuite di oltre al 10% nei primi sei mesi dell'anno.

Alcune delle politiche promosse e attuate dall'attuale amministrazione statunitense assomigliano molto ai "buchi neri" presenti nell'universo: inghiottiscono i punti luminosi della crescita economica globale, come accaduto con il ritiro dall'accordo sul nucleare iraniano e con il ripristino delle sanzioni economiche a 360 gradi contro l'Iran.

Questa politica del "buco nero", che produce un effetto "inghiottimento" sulla crescita economica globale, potrebbe diventare più visibile dopo il 5 novembre, quando gli Stati Uniti daranno il via a una seconda tornata di sanzioni contro l'Iran che coinvolgerà l'industria energetica, il commercio di petrolio e la finanza. Washington ha minacciato di portare a zero le esportazioni di petrolio iraniano. Essendo un comparto chiave dell'Iran, il petrolio non solo genera dal 70% all'80% degli introiti derivanti dalle esportazioni, ma promuove anche le altre industrie collegate. L'impatto negativo delle sanzioni statunitensi sull'Iran è evidente. Ma non solo, l'Iran è anche il terzo maggiore Paese produttore di petrolio dell'OPEC e il quarto maggiore Paese produttore dell'oro nero a livello globale, con una produzione di 2 milioni e 500 mila barili al giorno, che soddisfano circa il 3% della domanda globale. Se gli Stati uniti proibiranno all'Iran di esportare petrolio, ciò porterà inevitabilmente a un aumento dei prezzi dell'oro nero a livello globale.

La guerra commerciale scatenata da Washington costituisce senza dubbio un altro "buco nero" che potrebbe "inghiottire" la crescita economica globale. Sebbene il miliardario abbia twittato di recente, dichiarando che "sta vincendo la guerra commerciale", secondo diversi analisti la crescita economica globale è strettamente legata al commercio e l'aumento delle tariffe finirà per influenzare il volume degli scambi globali e la fiducia nel commercio, provocando probabilmente il fenomeno della stagnazione, dove si verificano sia stagnazione economica che inflazione, trascinando l'economia globale sull'orlo della recessione.

Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) avvertì che i "bei tempi" dell'economia globale non sarebbero durati a lungo. Si prevede che la crescita economica globale diminuirà dello 0,5% nel 2020, riducendo il volume della produzione di 430 miliardi di dollari. La Banca Mondiale ha asserito in un rapporto pubblicato all'inizio di giugno che un'escalation delle controversie commerciali genera un impatto sul commercio globale non inferiore a quello della crisi finanziaria del 2008 e che i Paesi in via di sviluppo sono quelli che ne soffrono maggiormente perché più dipendenti dallo sviluppo delle principali economie. L'economista Franziska Ohnsorge, la principale autrice del rapporto, ha sottolineato che il protezionismo commerciale costituisce un pericolo reale. "Qualsiasi comportamento che ostacola lo sviluppo del commercio globale mette in pericolo la crescita globale".

Il ritiro dall'accordo sul nucleare iraniano, la guerra commerciale, il ritiro dall'Accordo di Parigi e dall'UNESCO… tutte le politiche di Washington hanno confermato la più grande caratteristica della politica estera attuale degli Stati Uniti, vale a dire l'"imprevedibilità". Ma come maggiore economia del mondo e più grande superpotenza, il governo degli Stati Uniti deve restituire al mondo una grande "prevedibilità". Il pianeta non ha bisogno di un "buco nero statunitense", in quanto quest'ultimo potrebbe neutralizzare in un istante tutta la bellezza e la prosperità portata dalla luce.

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