Riafferiamo la volontà di rimanere uniti e di rilanciare l'Europa, intervista a Sandro Gozi, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega agli Affari Europei
  2017-03-25 21:24:12  cri

Il 25 marzo, i leader dei 27 paesi membri si sono radunati a Roma, capitale dell'Italia, per celebrare il 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma. Il 25 marzo del 1957, Francia, Repubblica Federale di Germania, Italia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo hanno firmato a Roma il Trattato con il quale fu istituita la Comunità economica europea e quello con cui fu istituita la Comunità europea dell'energia atomica – comunemente chiamati "Trattati di Roma" - gettando le basi per la nascita dell'Unione europea.

Tuttavia, dopo 60 anni, l'Ue si trova oggi ad affrontare delle sfide senza precedenti. L'Unione è stata colpita successivamente dalla crisi del debito, dal rischio di attentati terroristici, dall'afflusso di migranti e dai movimenti populisti. A questi si aggiunge l'uscita della Gran Bretagna, che rappresenta una grave battuta d'arresto per l'integrazione europea. In questo contesto, le celebrazioni dell'anniversario della firma dei "Trattati di Roma", tenutesi il 25 marzo, hanno assunto un maggiore significato politico. Di recente, durante un'intervista concessa a Radio Cina Internazionale, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri italiano con delega agli affari europei, Sandro Gozi, ha espresso le sue opinioni sul significato del vertice per celebrare la firma dei "Trattati di Roma" e su alcuni temi caldi che riguardo l'Ue.

Quest'anno ricorre il 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma. Il premier italiano Paolo Gentiloni in diverse occasioni ha sottolineato che il vertice di Roma sarà un'opportunità per rilanciare il progetto Ue. In un'Europa con così tante incertezze e difficoltà, in che senso di questo rilancio? I paesi europei cosa dovrebbero fare per realizzarlo?

Gozi: Riteniamo che queste celebrazioni per i sessant'anno siano occasione prima di tutto per riaffermare la volontà degli europei di rimanere uniti. Questo è molto importante dopo la Brexit, perché comunque è uscito un nostro membro importante, quindi per noi è fondamentale che i 27 stati membri riaffermino innanzittutto la bontà della scelta europea fatta sessant'anni fa che è ancora molto valida oggi. In secondo luogo, che riaffermino la volontà di rilanciare L'Europa che deve dare nuove protezioni, nuove sicurezze e nuove opportunità agli europei. Perché il problema principale da combattere oggi in Europa è l'Europa della paura. Gli europei hanno paura del terrorismo, hanno paura per l'immigrazione, hanno paura per le incertezza del loro presente e futuro economico, hanno paura per la disoccupazione, e su tutti questi aspetti c'è molto da fare anche al livello di Unione europea. Quindi vorremo che il 25 marzo sia anche l'occasione per identificare i nuovi obiettivi politici da perseguire, l'Europa della difesa, cioè costruire una politica di difesa e sicurezza europea; l'unione sociale europea, cioè costruire anche delle politiche di lotta contro le disuguaglianze sociali, di lotta contro la disoccupazione, di lotta contro le discriminazioni di vario tipo, e anche uno sforzo per elevare gli standard sociali all'interno dell'Ue. L'Europa dà nuove opportunità ai giovani, ai giovani che sono nel sistema e che vogliono più opportunità, il tema dell'Erasmus, delle mobilità, dell'opportunità che l'Europa dà ai giovani, e dobbiamo moltiplicare queste opportunità, ma anche le opportunità che bisogna dare ai giovani che oggi sono esclusi da tutto, quelli che non studiano, non lavorano, non hanno formazione professionale, anche su quello ci sono degli strumenti europei che dobbiamo utilizzare.

Dall'uscita del Libro bianco di Junker, si discute spesso su un'Europa a diverse velocità, ma non tutti i paesi sono d'accordo su questa prospettiva, soprattutto i Paesi del gruppo di Visegrad. Ci sarebbe rischio di una scissione tra l'Europa occidentale e l'Europa orientale?

Gozi: L'Europa è sempre andata avanti grazie alla forte volontà politica di un gruppo dei paesi che ha aperto la strada per tutti gli altri. Se nel 1957, l'Italia, la Francia, la Germania e il Benelux avessero dovuto aspettare le altre democrazie europee per fare i Trattati di Roma, non avremmo avuto i trattati di Roma. Se nel 1985, i cinque Paesi che hanno firmato la convenzione di Schengen avessero dovuto aspettare gli altri Paesi europei, non avremmo oggi la libertà di circolazione. Se i dodici Paesi che hanno dato la vita all'euro avessero dovuto aspettare che tutti gli altri Paesi europei fossero pronti, ancora oggi probabilmente saremmo in attesa dell'euro. L'Europa è sempre andata così. Qual'è importanza di riaffermare questa nostra volontà adesso? Noi non vogliamo fare nulla di nuovo. Vogliamo fare qualcosa che l'Europa ha sempre fatto nei momenti in cui si è rilanciata e qualcosa che è previsto nei trattati. I trattati di oggi prevedono la possibilità di rafforzare la cooperazione tra i gruppi dei Paesi che la vogliono. Noi vogliamo creare un nucleo dinamico di paesi che sia basato unicamente sulla volontà politica, cioè non vogliamo escludere nessuno. Non vogliamo creare nessun divisione, non vogliamo creare un'Europa di serie A e un'Europa di serie B. Vogliamo rilanciare nuovi progetti, promossi auspicalmente e idealmente da tutti i 27, ma se c'è questo o quell'altro paese che per ragioni legittime interne, non ritiene di dovere procedere rapidamente verso quell'obiettivo. Dobbiamo andare avanti con chi si sta. Quindi è un gruppo sempre aperto a tutti coloro che vogliono aderirvi. Non c'è nessuna volontà di creare divisione, deve essere sempre inclusivo delle istituzioni europee che devono essere sempre coinvolte in queste iniziative dei gruppi di paesi perché le istituzioni europee servono a governare questi fenomeni, a gestire con efficacia. Però non saremmo credibili se non affermassimo chiaramente che non potremo essere bloccati dal veto di un singolo paese. Non possiamo adesso, nel momento in cui dobbiamo rilanciare l'europa, accettare i veti di questo o di quell'altro paese. Noi vogliamo semplicemente riaffermare questo. Certo è un lavoro complesso, i negoziati sono in corso. Noi auspichiamo e confidiamo che questo punto sarà parte della dichiarazione di Roma.

Oggi c'è una tendenza di populismo e eurosceticismo. Come convincere il pubblico di rimanere in Ue. Quando molti sono convinti che l'austerity voluta dall'Ue danneggia la crescita, l'occupazione e il benessere. Quale dovrebbe essere la risposta al populismo e la ricetta per scogliere l'eurosceticismo?

Gozi: Parte della ricetta è quella che ho detto adesso. Dobbiamo costruire un'Europa migliore e più efficace per affrontare i problemi che oggi preoccupano di più i cittadini europei. E tra queste c'è certamente un'Europa della crescita degli investimenti e dei diritti sociali. Quello che è mancato durante la crisi finanziaria è stata la forte volontà di stimolare la crescita e di promuovere gli investimenti pubblici e privati al livello nazionale e al livello europeo. Si è basati unicamente durante il periodo di austerità sul controllo dei conti pubblici, sul controllo dei debito pubblico, sul controllo del deficit. Questo non basta più. Siamo entrati in una nuova fase politica e in una nuova fase economica in cui certmente dobbiamo mantenere sotto controllo il debito e il deficit, ma dobbiamo fare molto di più e molto meglio per promuovere la domanda di investimenti. Io credo che questo e la creazione dei posti di lavoro sia la migliore risposta a dei movimenti populisti e euroscettici che sono nati proprio a causa degli errori che l'Europa ha compiuto durante la crisi finanziaria.

Secondo Lei, come mai l'Ue si è cacciata in questa situazione di crisi?

Gozi: Si è cacciata in questa situazione perché è stata miope, perché non c'è stata l'assunzione della vera volontà di condividere i rischi e le perdite durante la crisi. Durante la crisi, ogni paese e ogni popolo ha più pensato se stesso che affrontare insieme nella maniera solidaria le conseguenze della crisi, e questo ha creato molta diffidenza reciproca. Adesso noi dobbiamo costruire delle nuove politiche di solidarietà, perché nessun paese europeo da solo può affrontare le grandi crisi che abbiamo davanti, neppure la Germania può affrontare da sola la crisi dell'immigrazione. Certamente noi possiamo governare l'immigrazione, stimolare la crescita, valorizzare e promuovere il nostro modello, stato di diritto fondamentale nell'Europa e nel mondo solo se siamo uniti. Solo se è unita, l'Europa può comportarsi per quello che è. L'Europa è una superpotenza commerciale, siamo il primo mercato al mondo, abbiamo una politica commerciale che è unificata, ma non ci comportiamo come una superpotenza commerciale. Io credo che questo debba essere uno dei obiettivi attuali dal quale rilanciare l'Europa e uscire da questo vicolo cieco a cui siamo cacciati.

Se i negoziati Brexit hanno arrecato un'enorme crepa nella pietra angolare dell'integrazione europea. Secondo Lei, la rottura dell'integrazione politica dell'Ue avrà un impatto, porterà incertezza anche nell'integrazione economica.

Gozi: Certamente sì. Questo dipende da noi. Perché per noi questo passaggio al 25 marzo, la dichiarazione, il lavoro che dobbiamo fare è molto importante, perché l'Europa deve dare in maniera molto credibile un segnale di reazione politica. Se l'Europa dà una volontà politica di unirsi, e di costruire la politiche migliori, avrà subito impatto, anche di fiducia in campo economico e finanziario. Se l'Europa invece continua a rimanere in certezza politica, continua a esitare su proprio futuro, è chiaro che questa incertezza inevitabilmente ricadute anche al livello economico- finanziario. Quindi certamente la necessità di costruire una nuova leadership politica europea collettiva è fondamentale anche per gli effetti positivi o negativi che potrebbe avere in campo economico-finanziario. Quindi assolutamente la possibilità di rilanciare economicamente l'Europa e di sfruttare pienamente il potenziale commerciale che l'Europa ha dipende dalla volontà e dalla capacità politica di rilanciare il processo di integrare.

Di fronte a questo anniversario, ci saranno tre elezioni della nuova trioka dell'Europa, cioè Italia, Germania e Francia, ma i partiti euroscetici e populisti hanno ottenuto una grande popolarità, dunque dopo questo anniversario, se succede l'evento come gli Usa hanno scelto Trump come presidente, come si può procedere questa integrazione europea.

Gozi: Innanzittutto in questa serie di elezioni c'è un messaggio molto positivo che viene dall'Olanda. Perché lì abbiamo visto che le forze democratiche pro europee, di destra, di centro e sinistra, sono andate avanti. Si è fermata l'ascesa dei movimenti xenofobi e populisti di Wilders. Quindi credo che il messaggio che viene dall'Olanda è che Il populismo e l'euroscetticismo non sono destinati a vinvere, che possono essere fermati e che ci sono forze pro-europee che possono vincere. Questo è anche quello che noi auspichiamo che accadrà in Francia. Se vincesse Marie Le Pen, io credo che sarebbe la fine dell'Unione Europea. Ma se vincesse un candidato pro-europeo come Emmanuel Macron, avremo finalmente una Francia molto pro-europea. Se in Germania, lo dico da membro del Partito Democratico, vincesse, o facesse un buon risultato a Martin Schulz, avremo una Germania molto più pro-eurpoea, è molto più sensibile alla politica degli investimenti europea e alla politica sociale europea. Quindi credo che c'è certamente ci sono dei pericoli in queste elezioni, ma ci possono esseser anche grandissime opportunità. L'Italia andrà al voto il prossimo anno Credo che se nel 2018 , ci fossero come protagonisti in Europa, Martin Shulz, Emmanuel Macron e Matteo Renzi, certamente potremo essere molto fiduciosi su presente e sul futuro dell'Europa.

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