Wenzhou e la Via della Seta marittima
  2019-03-22 15:17:59  cri


Secondo alcuni studiosi cinesi, il paese di Mulanpi indicherebbe non il sud della Spagna ma addirittura l'Argentina. La descrizione di Zhou Qufei potrebbe quindi indicare che i cinesi sapevano dell'esistenza dell'America già prima di Cristoforo Colombo. Quella di Zhou Qufei sarebbe quindi la prima descrizione al mondo del continente americano.

Molti stranieri operavano al porto di Wenzhou. Una volta arrivati, i mercanti, per lo più giapponesi, arabi, coreani, indonesiani e vietnamiti, erano ospitati in strutture apposite. La città era anche meta di monaci buddisti giapponesi, attirati sia dall'eredità spirituale del grande Maestro di Yongjia, Xuanjue (665-713), sia dalla tradizione di Buddismo Chan del vicino Tempio di Guoqingsi, sui Monti Tiantai. Secondo i testi storici, a Wenzhou, la maggior parte dei monaci del Tempio di Jiangxinsi erano stranieri. Il tempio, posto nell'isola di Jiangxinyu, a nord della città vecchia di Wenzhou, è affiancato da due antiche pagode, che fungevano anche da fari per le navi che transitavano lungo il fiume Oujiang.

Le porcellane dell'antica fornace Ou di Wenzhou raggiunsero via mare il Giappone, il sudest asiatico e i paesi arabi. Il gioello della porcellana Ou, la brocca con motivi di felci (secondo un'altra interpretazione, di foglie di palma da datteri), risalente all'XI secolo, presenta una forma simile a quella delle antiche brocche d'argento persiane, una prova degli attivi scambi in atto tra il porto di Wenzhou e i paesi dell'Asia centro-occidentale. 

Quanto alle famose porcellane Celadon di Longquan, posta lungo il corso superiore del fiume Oujiang, queste erano trasportate prima su barche al porto di Wenzhou e, di qui, trasbordate su navi oceaniche, raggiungevano il sudest asiatico, l'India, l'Africa e le coste del Mediterraneo. Il Museo Topkapi di Istanbul possiede la più ricca collezione di porcellane cinesi all'esterno della Cina, tra cui parecchi pregevoli esemplari di porcellana Celadon di Longquan, ivi giunti dal porto di Wenzhou.

Insieme ai mercanti giunsero a Wenzhou anche missionari stranieri. Il Manicheismo, che predica il dualismo luce-tenebre e l'aspirazione a "estrarre" la luce dall'uomo per elevarlo al regno della luce, si diffuse in Cina in epoca Tang (VII sec.), acquistando ben presto colori buddisti e in seguito taoisti, per poi guadagnarsi, nelle epoche Song e Yuan (X-XIV secolo), un vasto seguito nel sud del paese, nel Fujian e a Wenzhou. Predicando la liberazione dalle tenebre (e, di conseguenza, da ogni forma di oppressione), il credo fu ben preso proibito, finendo in clandestinità e alimentando parecchie rivolte contadine. Secondo le registrazioni storiche, in epoca Yuan (XIV secolo), nell'area di Pingyang (ora Cangnan), si trovavano due templi manichei, Xuanzhensi (della scelta della verità) e Qianguangyuan (della luce latente). Nel sito del Tempio Xuanzhensi, circondato da risaie, è emersa una stele in pietra, risalente all'anno 1351, che riporta l'elogio del letterato locale Kong Kebiao a Peng Renweng per la ricostruzione del tempio dedicato alla "religione del Paese di Sulinguo" (Persia), ossia il Manicheismo.  

Con l'interdizione del commercio marittimo con l'estero, imposta dalla dinastia Ming per le continue scorrerie dei pirati giapponesi lungo le coste della Cina sudorientale, il porto di Wenzhou iniziò a sfiorire. All'inizio dell'epoca Qing (XVII secolo), la presenza nella zona delle truppe di Zheng Chenggong (1624-1662), favorevoli ai Ming, indusse la corte Qing a proibire ai locali di sostenere il ribelle, ma invano, per cui questa prese la drastica decisione di spostare all'interno i villaggi lungo la costa, troncando così ogni rapporto e commercio con l'esterno. Con l'acquisizione di Taiwan, nel 1684 il divieto fu eliminato, permettendo la pesca e il commercio alle navi private di piccole dimensioni, imponendo però dei dazi. All'inizio dell'epoca Qing, le navi di Wenzhou effettuarono un attivo commercio con il Giappone e con il sudest asiatico. Secondo un testo dell'epoca, Nagasaki era il porto più frequentato dalle navi cinesi, che esportavano seta bianca, porcellane, sostanze medicinali, carta, pennelli e inchiostro, e importavano oro, mercurio e rame, e in seguito prodotti ittici, come oloturie e abalone. Nel 1757, la dinastia Qing chiuse tutti i porti cinesi, eccetto Guangzhou. Nel 1840 la Gran Bretagna scatenò la prima guerra dell'oppio, costringendo la dinastia Qing ad aprire al commercio i porti di Xiamen, Fuzhou, Ningbo e Shanghai. Fino al 1877, i britannici richiesero ben quattro volte l'apertura del porto di Wenzhou, riuscendo nell'intento con il Trattato di Yantai (1875). Nel 1877 il supervisore delle dogane del governo Qing, il britannico Robert Hart (1835-1911), fece effettuare misurazioni delle rotte di navigazione del porto di Wenzhou. La dogana fu stabilita il 1° aprile del 1877, con responsabile H. E. Hobson. Nel frattempo, le navi a vapore iniziarono a sostituire quelle a vela, e furono aperte le rotte marittime brevi Wenzhou-Shanghai, Wenzhou-Ningbo e Wenzhou-Taizhou, e rotte per Hong Kong e Taiwan.

Dal 1877 al 1919, rapporti diretti furono intrattenuti con Giappone, Taiwan (a quel tempo sotto controllo giapponese), Hong Kong, Singapore, Sumatra e Penang. Negli anni '30 del secolo scorso, il latte condensato di marca Qindiao, prodotto a Rui'an dall'imprenditore patriota Wu Baiheng (1894-1974), e il tè Wuniuzao di marca Gaohengfeng, prodotto dalla famiglia Gao di Yongjia, furono ampiamente esportati nel sudest asiatico e in Europa. Nel 1938, la salsa di soia di marca Ganlu, della casa Tongchun Jiangyuan, della famiglia Chen di Jinxiang, ottenne la medaglia d'oro all'Expo Internazionale di Panama. Al seguito all'incidente del ponte Marco Polo del 7 luglio 1937, gran parte della Cina fu occupata dai giapponesi, che imposero la chiusura di tutti i porti cinesi. Il porto di Wenzhou fu bombardato e occupato. Dopo la capitolazione del Giappone il 15 agosto 1945, furono ripristinati i collegamenti marittimi con Shanghai, Ningbo, Xiamen, Fuzhou e Shantou.

Dopo il 1978, al seguito della riforma e apertura della Cina, Wenzhou ha stupito l'intero paese con il fiorire delle sue imprese famigliari, secondo il famoso "modello di Wenzhou". Nel 1984, il porto di Wenzhou è stato incluso tra i primi 18 porti aperti al commercio estero della Cina, stimolando una consistente esportazione di elettrodomestici, occhiali, capi di abbigliamento, calzature, lampade, bottoni, valigie, accendini e ombrelli. Con il decollo nel 2013 dell'iniziativa statale "One Belt, One Road", Wenzhou sta valorizzando al massimo la rete dei suoi imprenditori all'estero: ben 688.000 conterranei attivi in 131 paesi del mondo, 380.000 dei quali nei 58 paesi interessati dall'iniziativa. La città ha così aperto all'estero tre zone di cooperazione economico-commerciale di livello statale e una di livello provinciale, che ora ospitano 228 imprese cinesi e che hanno stimolato un export pari a 880 milioni di Usd. Ha creato 18 grandi centri commerciali in Russia, UAE, ecc. Le imprese di Wenzhou dispongono di una fitta rete di vendite e investimenti all'estero, sostenuta da oltre 350 associazioni di conterranei, che permettono tempestivi scambi di informazioni. In Europa (Italia, Olanda, Grecia, Germania, ecc.) è anche nata una rete di comunicazione formata da 55 scuole in lingua cinese e 44 media cinesi, così da facilitare gli scambi culturali con i vari paesi. Nel 2018, l'export di Wenzhou verso i paesi lungo "One Belt, One Road" ha toccato quota 47.500.000.000 di yuan RMB(7.044.250.000 USD), con una crescita, rispetto all'anno precedente, del 13,1%, mentre l'import ha raggiunto i 10.300.000.000 yuan RMB (1.527.490.000 USD), con una crescita del 65,3%

L'Indonesia è il paese di provenienza di oltre la metà dell'import di Wenzhou.


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