L'11 dicembre, organizzati dalle forze religiose musulmane del Partito Libertà e Giustizia, dipendente dai Fratelli musulmani, e del Partito al-Nur, guidato dai Salafiti, migliaia di sostenitori di Morsi hanno tenuto una grande manifestazione davanti a due famose moschee di Nasr City, ad est del Cairo. Eccitati, innalzavano bandiere egiziane e ritratti di Morsi, gridando slogan di sostegno al presidente, al referendum costituzionale, ed all'Islamismo. Alcuni hanno anche pronunciato dei discorsi, invitando a proteggere i risultati della rivoluzione e a persistere nella Shaaria. Un manifestante ha detto: "L'opposizione afferma che il popolo respingerà la Costituzione, ma noi speriamo che sia proprio il popolo a dirlo, perché gode della libertà di parola. Non si può dire che perché uno è analfabeta o di minore importanza debba essere privato del diritto di voto. Queste persone semplici sono i nostri padri, madri, sorelle e fratelli, il popolo sono loro."
Nel frattempo, neppure l'opposizione è rimasta indietro. Organizzati da parecchie fazioni, i suoi sostenitori continuano ad occupare piazza Tahrir, al centro della città, con dei sit-in. Anche nei pressi della sede presidenziale si è radunata una massa di manifestanti, che bloccano le strade circostanti e continuano a chiedere la rielaborazione della costituzione e il rinvio del referendum in materia. Un oppositore ha detto: "Le proteste non finiranno prima che Mursi e i suoi Fratelli musulmani abbiano lasciato l'Egitto. Prima noi eravamo contrari alla modifica della Costituzione, ma adesso è la gente che ha abbandonato il regime."
Secondo quanto confermato del ministero della Sanità egiziano, lo stesso giorno un gruppo di uomini mascherati ha attaccato con bastoni i manifestanti dell'opposizione, provocando almeno una decina di feriti. In precedenza lo stesso giorno il governo egiziano ha emesso un decreto di aumento delle tasse, il che ha immediatamente indotto l'energica reazione dell'opposizione e della popolazione. Il primo ministro Hesram Qandil è stato costretto a pronunciare un discorso televisivo poche ore dopo, in cui ha annunciato la sospensione dell'applicazione della nuova legge fiscale. Egli ha affermato: "l Paese ha bisogno di stabilità e di sviluppo e della fine del caos e delle divergenze. Dobbiamo estrapolare l'economia dalle divergenze politiche, gli interessi economici appartengono a tutto il popolo egiziano, l'obiettivo della nostra rivoluzione è garantire gli interessi del popolo".
Mentre le proteste di strada si polarizzano, anche il corpo dei giudici si è frammentato. In precedenza lo stesso giorno la Commissione elettorale suprema ha annunciato che il numero dei giudici disposti alla supervisione del referendum del 15 dicembre ha già raggiunto il quorum, tuttavia, subito dopo, Ahmed el Zend, presidente dell'organizzazione semigovernativa "Club dei giudici", ha annunciato che la maggior parte dei membri continuerà a resistere al referendum. Egli ha detto: "Il 90 per cento dei membri del Club dei giudici egiziani ha già deciso, e non parteciperà assolutamente alla supervisione del referendum del 15 dicembre. Solo se il governo è in grado di eliminare la tensione della crisi politica e rendere soddisfatti i giudici, questi ritorneranno nei tribunali e prenderanno parte alla supervisione del referendum". Visto che la maggior parte dei giudici appartiene a questa organizzazione, ciò mette a nudo la frammentazione del corpo giuridico.
A 4 giorni dal referendum sulla Costituzione in Egitto, le enormi divergenze tra favorevoli e contrari non danno segno di attenuarsi. E' quindi prevedibile che la frattura nella società egiziana sia difficile da ricomporre a breve, e che le grandi dimostrazioni in piazza Tahrir continueranno.